Le pagine dei giornali europei sono occupate costantemente dall’arrivo di presunti rifugiati africani, che molto spesso si rivelano essere solamente migranti economici, ma nemmeno una riga viene dedicata al caso dei contadini bianchi del Sudafrica.
Gli afrikaner bianchi boeri sono i diretti discendenti degli olandesi che colonizzarono il paese nel 1600 e per anni sono stati i padroni indiscussi del paese.
Fino al 1991, poco prima dell’avvento al potere di Mandela, nel paese era in vigore l’apartheid e a trovarsi discriminati per la loro razza erano i sudafricani neri.
Ora la situazione si è capovolta e coloro che sono quotidianamente discriminati per il colore della loro pelle sono appunto i contadini boeri.
Secondo i dati del gruppo Afriforum, dal 2016 al 2017 ci sono stati 74 omicidi di contadini bianchi e 638 aggressioni ai loro danni.
Nel paese è montato un clima di odio verso questa categoria vista da una parte della popolazione nera come responsabile delle sue condizioni di indigenza.
Il rischio che questi contadini perdano il diritto alla proprietà dello loro terre, solamente in quanto bianchi, è piuttosto concreto.
L’attuale presidente del Sudafrica, Cyril Ramaphosa, inizialmente aveva allontanato la possibilità che si potessero confiscare le terre ai bianchi per ridistribuirle ai contadini neri, proprio per evitare di incorrere nello stesso destino dello Zimbabwe, dove il presidente Mugabe alla fine degli anni’90 prese una decisione analoga che ebbe effetti disastrosi sul paese.
Da paese esportatore netto di derrate agricole, lo Zimbabwe di Mugabe si trasformò in importatore e fu persino costretto a ricorrere all’aiuto del