Tensioni frequenti, da Milano a Roma. Nei centri di accoglienza gestiti da associazioni e cooperative i migranti sempre più spesso protestano per i ritardi nel pagamento dei pocket money, la loro diaria giornaliera, e per le condizioni delle strutture.
Episodi che rischiano talvolta di degenerare, richiedendo l'intervento di forze dell'ordine e mediatori per riportare la calma. Ma non sono che il segno visibile di un arretrato sommerso su cui ora vacilla l'intero sistema di accoglienza. Si tratta dei fondi che il ministero dell'Interno non ha ancora erogato alle cooperative, che a loro volta sono in rosso ma devono comunque garantire i servizi previsti per i richiedenti l'asilo. Cibo, vestiario, pulizia. Numerose quelle che non vedono l'assegno da mesi, molte ne contano fino a undici di ritardo, e che vantano ancora crediti sul 2017. Ma a quanto ammonta l'arretrato che il Viminale deve saldare? Scorrendo le voci del disegno di legge dell'assestamento di bilancio del 2018, si scopre che il debito supera il mezzo miliardo di euro: nel dettaglio sono 510 milioni e 483mila euro messi a bilancio come «somme destinate all'estinzione dei debiti contratti per l'attivazione e la gestione dei centri di accoglienza per stranieri irregolari». La cifra è stata confermata al Giornale dal Viminale. Ed è un buco per le casse dello Stato che si allarga ogni anno di più.
Del resto era stato il predecessore di Matteo Salvini - che ora promette di tagliare nettamente i costi sostenuti per ciascun migrante, 35 euro al giorno - a mettere in guardia sul progressivo aumento delle spese da sostenere per un comparto che richiede risorse sempre maggiori rispetto a quelle preventivate di anno in anno: «Nonostante la virtuosa pianificazione di