VERONA (Italia) – Federica Pellegrini è al nono mese di gravidanza e a ‘Vanity Fair’ ha parlato dell’attesa per la sua bambina, un’attesa fatta di pensieri sulla violenza di genere che l’ha portata a scriverle una lettera: “Nascerai in un mondo difficile, ma spero con tutto il cuore di darti gli strumenti per poter scegliere. Tutti ci siamo trovati in momenti bui o in compagnie sbagliate, ed è in quel momento che devi decidere che strada prendere”. Per la Pellegrini è fondamentale riconoscere il vero amore, quello che lei ha trovato col marito, Matteo Giunta: "Adesso si confonde tantissimo la gelosia con l'amore. scambi il fatto che lui ti dica 'Ok però questo vestito lo metti solo quando ci sono io’, con delle attenzioni”.
La campionessa ha raccontato anche il sessismo subito negli ultimi mesi da parte di chi le chiedeva, dopo il ritiro, quando avrebbe fatto un figlio. “Si tende a incasellare la donna sempre e solo nel ruolo di madre. Non ho mai sentito di fare le stesse domande sessiste a un atleta maschio in conferenza stampa”. Inoltre Federica ha raccontato alcune difficoltà vissute: “Ci abbiamo messo alcuni mesi a rimanere incinti, e quindi forse quell’attesa, che noi è sembrata eterna perché da sportivi si è abituati al tutto e subito, ci aveva messo in tensione. Abbiamo iniziato a farci delle domande”.
“Quando mi arriva il ciclo regolare mi assaliva la tristezza. Però a un certo punto mi sono detta che se non doveva arrivare andava bene, abbiamo quattro cani, siamo felici così e non c’è nessun problema. Al mio primo giorno di ritardo volevo fare il test, mentre Matteo mi ha fatto desistere e abbiamo aspettato una settimana. Ho fatto il test e l’ho lasciato in bagno: lo ha guardato lui. Poi è uscito con la faccia da imbecille: eravamo incinti”.
Alla domanda come si immagina da mamma, la Pellegrini ha risposto: “Non lo so, aspetto di partorire e di cambiare, così mi dicono. Non ho la pazienta di mia mamma, che aveva smesso di lavorare perché sentiva l’esigenza di seguire i figli. Non esistevano le tate. Io ci proverò, ci sarò, poi a un certo punto sclererò anch’io: la mia voglia di continuare a lavorare e a realizzarmi come persona dovrà conciliarsi con la mia nuova condizione. Non mi illudo che sia semplice”.