Manca ancora un anno ai Mondiali del Qatar che, come noto, si disputeranno da novembre a dicembre 2022 per questioni climatiche. Mai successo, anche se il vil denaro a volte sposta anche le montagne. La FIFA ha perso la vergogna da tanto tempo e quindi non dobbiamo meravigliarci se un paese calcisticamente insignificante organizza un evento così importante. E chi se ne frega, poi, se per allestire stadi, strade e strutture collaterali (come gli alberghi) oltre 4 mila operai provenienti da paesi del terzo mondo perdono la vita per le condizioni di lavoro estreme. Il business moderno ha già mietuto molte vittime. E altre ne farà, stiamone certi. A dispetto delle promesse che i padroni del vapore proferiscono ad ogni piè sospinto. Ma dopo il Qatar si tornerà al calcio vero: l’edizione del 2026 è stata assegnata a Messico e Stati Uniti; poi, a quanto pare, nel 2030 si prospetta una doppia sede: Argentina e Uruguay, ovvero le finaliste del Mondiale giocato a Montevideo esattamente cento anni prima. Storico! Intanto però le qualificazioni a Qatar 2022 imperversano: dal Sudamerica all’Asia, dall’Europa all’Africa in questi giorni sono in palio punti pesantissimi per strappare il biglietto mundial. Alcune nazionali sembrano vicinissime al traguardo. Una su tutte è il Brasile, che ha ottenuto 8 vittorie in altrettante partite ed ha salutato la compagnia. Nota bene: la nazionale gialloverde è l’unica a non aver mai mancato ad una fase finale!
Sono messe bene Portogallo, Spagna, Francia, Belgio e Italia (anche se la Svizzera non molla) e pure l’Inghilterra. Olanda e Germania non possono dormire sonni tranquilli, così come i vice-campioni del mondo della Croazia, contro la quale si staglia minacciosa la Russia. E a proposito di grandi nazionali: ad un anno dal Mondiale qatariota oggi il Mattino della Domenica prova a tastarne il polso. Stato di forma, certezze e problemi. Con tanto di voto in pagella.
Francia 4
La grande rimonta attuata contro il Belgio nella seconda semifinale della inutile Nations League non nasconde le magagne all’ interno dello spogliatoio dei campioni del mondo del 2018. L’ambiente non è propriamente idilliaco e i recenti Europei (galletti eliminati dalla Svizzera agli ottavi) hanno ampliato i problemi a cui deve far fronte il CT Didier Deschamps, in primis quello dei clan. Certo, avere in squadra elementi quali Mbappé, Pogba, Benzema, Kanté e Griezmann è sinonimo di successo, anche se confermarsi campioni del mondo é quasi un’ impresa: solo il Brasile vi era riuscito (nel 1958 e nel 1962) durante la leggendaria era Pelé-Garrincha.
Brasile 4
Sul suolo sudamericano, la squadra di Tite non ha rivali. Sinora ha vinto ovunque e contro tutti. La qualificazione è in tasca. E sin qui tutto bene. Se però si allarga il discorso, allora ci si accorge che il Brasile sta attraversando una delle sue peggiori crisi di talenti. Dopo Neymar, tanti nomi, tante promesse, tanto battage mediatico ma nessun vero giocatore in grado di conferire alla seleçao nuova e importante linfa. Prendiamo, per esempio, il ruolo di centravanti: se il commissario tecnico ha dovuto rivolgersi al calcio svizzero per provare nuove soluzioni offensive, significa che non ha molti argomenti validi. Il basilese Cabral ha potenziale ma non ha esperienza internazionale. Se poi aggiungiamo che nel campionato brasiliano, il bomber è ancora il vituperato Fred, beh, allora il quadro è completo.
Germania 4
Abbiamo ancora tutti negli occhi le prestazioni della solida e concreta Germania ai Mondiali brasiliani del 2014. Una macchina da guerra, pur senza grandissimi nomi. Poi dal 2016 è iniziato il declino: fuori subito ai Mondiali del 2018, eliminata agli ottavi della recente rassegna continentale, la squadra ora allenata da Flick, subentrato al bollito Löwe (che andava
Sono messe bene Portogallo, Spagna, Francia, Belgio e Italia (anche se la Svizzera non molla) e pure l’Inghilterra. Olanda e Germania non possono dormire sonni tranquilli, così come i vice-campioni del mondo della Croazia, contro la quale si staglia minacciosa la Russia. E a proposito di grandi nazionali: ad un anno dal Mondiale qatariota oggi il Mattino della Domenica prova a tastarne il polso. Stato di forma, certezze e problemi. Con tanto di voto in pagella.
Francia 4
La grande rimonta attuata contro il Belgio nella seconda semifinale della inutile Nations League non nasconde le magagne all’ interno dello spogliatoio dei campioni del mondo del 2018. L’ambiente non è propriamente idilliaco e i recenti Europei (galletti eliminati dalla Svizzera agli ottavi) hanno ampliato i problemi a cui deve far fronte il CT Didier Deschamps, in primis quello dei clan. Certo, avere in squadra elementi quali Mbappé, Pogba, Benzema, Kanté e Griezmann è sinonimo di successo, anche se confermarsi campioni del mondo é quasi un’ impresa: solo il Brasile vi era riuscito (nel 1958 e nel 1962) durante la leggendaria era Pelé-Garrincha.
Brasile 4
Sul suolo sudamericano, la squadra di Tite non ha rivali. Sinora ha vinto ovunque e contro tutti. La qualificazione è in tasca. E sin qui tutto bene. Se però si allarga il discorso, allora ci si accorge che il Brasile sta attraversando una delle sue peggiori crisi di talenti. Dopo Neymar, tanti nomi, tante promesse, tanto battage mediatico ma nessun vero giocatore in grado di conferire alla seleçao nuova e importante linfa. Prendiamo, per esempio, il ruolo di centravanti: se il commissario tecnico ha dovuto rivolgersi al calcio svizzero per provare nuove soluzioni offensive, significa che non ha molti argomenti validi. Il basilese Cabral ha potenziale ma non ha esperienza internazionale. Se poi aggiungiamo che nel campionato brasiliano, il bomber è ancora il vituperato Fred, beh, allora il quadro è completo.
Germania 4
Abbiamo ancora tutti negli occhi le prestazioni della solida e concreta Germania ai Mondiali brasiliani del 2014. Una macchina da guerra, pur senza grandissimi nomi. Poi dal 2016 è iniziato il declino: fuori subito ai Mondiali del 2018, eliminata agli ottavi della recente rassegna continentale, la squadra ora allenata da Flick, subentrato al bollito Löwe (che andava
cambiato prima), prova a riemergere. Non sarà facile, anche se i segnali sono piuttosto positivi: i numerosi giovani lanciati dal nuovo commissario tecnico sembrano in grado di crescere e maturare presto. Teniamo conto, oltretutto, che la nazionale Under 21 é molto competitiva e potrebbe fornire nuovi interessanti elementi alla prima squadra.
Spagna 5
La Roja non vince più un titolo dal 2012 (Europei di Polonia e Ucraina). Durante questi nove lunghi anni ha smarrito per strada i suoi migliori interpreti (alcuni per raggiunti limiti di età, altri perché calati di tono) e il suo osannatissimo gioco, il tiki taka, ha perso ormai tutti i suoi segreti e le avversarie hanno adottato le necessarie contromisure. I numeri del resto parlano da soli: fuori ai gironi dei Mondiali del 2014, eliminata agli ottavi degli Europei del 2016, fuori agli ottavi ai Mondiali del 2018. Solo alla recente rassegna continentale ha saputo riprendersi, giungendo in semifinale per poi essere eliminata ai rigori dai futuri campioni dell’ Italia. Ma in terra iberica i tempi sembrano cambiati: con l’ avvento di Luis Enrique il tiki taka è diventato meno stucchevole e prevedibile e le scelte del giovane CT sono state chiare: gioca chi merita. Succede così che il quasi sconosciuto Gavi, diciassettenne che milita nel Barcellona, diventi titolare della Roja (dando spettacolo).
Argentina 4.5
Il ruolo di questa nazionale capace di vincere due titoli mondiali (1978 e 1986) è legato intimamente al suo leader assoluto Leo Messi. Se il giocatore del PSG saprà finalmente scrollarsi di dosso la fama di perdente a livello mondiale, allora l’ Albiceleste potrà arrivare sino in fondo. Messi sa benissimo che questa é anche la sua ultima chance di alzare al cielo il massimo trofeo del pianeta. Nel 2026 difficilmente ci sarà. Ecco che allora, ci scommetteremmo, darà il massimo per arrivare lassù, dove soltanto il suo grande predecessore Diego Armando Maradona ha saputo piantare la bandiera argentina. La vittoria della recente Coppa America a Rio de Janeiro, in casa del nemico storico Brasile, è un buon segno.
Italia 5
L’indomani dell’imbarazzante e scioccante mancata qualificazione degli azzurri dai Mondiali di Russia, Roberto Mancini aveva di fronte un compito immane. Si trattava di rinnovare la squadra, di darle un gioco e soprattutto di cambiare filosofia a tutto l’ambiente introducendo concetti come rispetto, educazione e appartenenza. Sistemato questo, avrebbe puntato al risultato. Missione compiuta: l’ex sampdoriano ha vinto l’Europeo itinerante, ha lanciato in prima squadra diversi giovani ed ha cancellato quell’immagine di squadra catenacciara e sparagnina che l’ Italia si portava appresso da troppo tempo. Mancini ha saputo convincere anche i più scettici, anche se non ha ancora risolto il problema della prima punta: attualmente Immobile e Belotti non gli danno le necessarie garanzie. Risolto anche questo dilemma, l’ Italia potrà puntare al titolo mondiale.
Le altre
Il Belgio, primo nel ranking FIFA, sembra un’eterna incompiuta. Non riesce ad arrivare sino in fondo e quando ci è vicino, si scioglie come neve al sole (voto 4). Olanda e Portogallo (4) sono mine vaganti, in particolari i lusitani, che schierano Cristiano Ronaldo (al suo ultimo mondiale). La Croazia ha perso talento (3.5) mentre Uruguay (4),Colombia e Messico (4) proveranno a dire la loro. Occhio infine all’Inghilterra: semifinalista ai Mondiali di Russia e finalista ai recenti Europei (5). Ha tutto per mirare in alto.
JACK PRAN