Sport, 27 gennaio 2023

“John Fultz, il più forte di tutti e fuori dal campo un amico”

Dan Stockalper ricorda il compagno di squadra (al Viganello) morto di recente

LUGANO - Dan Stockalper ha 67 anni. Vive con la moglie nelle Filippine, paese in cui sta mettendo le radici e potrebbe anche fermarsi definitivamente. Gli piace quest’ angolo di terra scoperto dagli spagnoli: mentalità, gentilezza e cultura del lavoro. Negli ultimi anni, dice lo svizzero nato a San Diego, la violenza è sensibilmente diminuita, grazie alla politica dell’ ex presidente Duterte, che ha usato il manganello (modo di dire) per arginare criminali e banditi di ogni specie. I suoi metodi non sono piaciuti a tutti ma, stando al capo-stipite della dinastia cestistica Stockalper, i filippini ora vivono meglio. Sarà. Dan vanta anche una lunga esperienza in Bahrein, dove per 30 anni ha gestito una società di investimenti di Ginevra subito dopo aver messo fine alla sua carriera, iniziata nel 1976 con un provino (fu bocciato) alla Federale e poi proseguita con cinque anni di vera gloria nel Viganello e in seguito nel Vevey e nel Pully. Con un bilancio difficilmente ripetibile ai nostri giorni: 4 campionati e ben 8 Coppe Svizzere vinte, due delle quali con la società dell’ ex quartiere di Lugano. “Ho un ricordo bellissimo di quel periodo. Sembra banale dirlo ma probabilmente è stato uno dei più spettacolari della mia vita. Ero giovane, avevo aspettative e il contorno mi piaceva tantissimo” ci ha detto Stockalper, che abbiamo raggiunto telefonicamente subito dopo la morte del suo ex compagno di squadra John Fultz, deceduto in circostanze non ancora del tutto chiare. “Per me è stato un brutto colpo. Prima Ken Brady e ora John. Se ne va una parte di me stesso e di ciò che mi ha reso felice negli anni di gioventù”.


Dan: che ricordo ha di John Fultz?
Quando muore qualcuno che hai conosciuto e frequentato, è sempre difficile trovare qualche difetto. Comunque: John per me è stato una sorta di maestro, come poteva esserlo anche Brady. Approdai a Viganello dopo un provino andato male alla Federale e nel nuovo club mi trovai subito bene. E con Fultz fu facilissimo legare: venivamo dagli Stati Uniti, parlavamo la stessa lingua e la nostra cultura sportiva era diversa rispetto a quella svizzera. Non fu difficile creare un bel feeling con lui.


Possiamo definirlo un maestro?
Diciamo che mi diede tanti consigli. Visto i suoi trascorsi cestistici, per me fu una vera e propria benedizione. Ogni giorno si poteva imparare qualcosa. In partita spesso e volentieri toccava a John dare la scossa: spesso mi diceva di dargli la palla, ci avrebbe pensato lui. E così era.


Un feeling facilitato dal fatto che abitavate vicino.
Esatto. Le nostre residenze si toccavano quasi. E spesso si ci ritrovava per quattro chiacchiere. Ricordo che abitavamo in una zona incantenvole, sopra la Chiesa di Pregassona (Pazzalino, ndr). E lui lo ripeteva spesso: posto bellissimo, città stupenda. Eppure… 



Eppure…
Lui adorava Bologna, città nella quale aveva giocatoper anni nella sua esperienza italiana con la Virtus. Finite le partite del sabato, quelle che disputavamo in casa, prendeva la macchina e partiva per il capoluogo emiliano. Mi diceva che Bologna era unica, la migliore città del mondo. E spesso si presentava a Lugano soltanto al mercoledì o al giovedì seguente.


Saltava gli allenamenti?
Credo che con il Viganello avesse un accordo. Nei primi due giorni della settimana poteva restare a Bologna, a patto che si allenasse in palestra. Nessuno comunque reclamò di questo suo particolare...statuto. Del resto, ad un fuoriclasse così non si poteva dire nulla.


Qualcuno ha scritto di un Fultz umano e socievole.
Miglior definizione non poteva esserci. John era effettivamente così. Come del resto Brady. Oggi posso dire di aver giocato al fianco di due fenomeni e di due grandi persone, in un periodo in cui in Svizzera era permesso tesserare soltanto due stranieri: per noi giovani elvetici furono due esempi da seguire e da imitare.


Come tanti campioni, Fultz fu vittima dei propri eccessi. Come la droga.
Un capitolo oscuro del quale conosco pochi dettagli. Storie lette e raccontate. Di concreto non posso dire nulla. Quando era a Viganello si comportò sempre da professionista. E di lui non ho mai sentito qualcuno lamentarsi o parlare male.


Per chiudere: quella stagione, quella dei Fultz, dei Brady, dei Sanford e dei Raga, ancora oggi è considerata una delle più belle dello sport ticinese. Tanti campioni in un contesto diremmo modesto come quello del basket ticinese.
Le favole e le cose belle sono quasi sempre destinate a durare poco. Successe anche a quel movimento cestistico. Ma vi assicuro che furono anni intensissimi e bellissimi. E Fultz con la sua classe e la sua gioia di vivere contribuì a renderli tali.

M.A.

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