Sport, 07 luglio 2025

“Un’invasione pacifica in un paese da sogno ”

Maxibasket: al seguito del Perù, una delle selezioni partecipanti al Mondiale ticinese

LUGANO - Una settimana di festa e di allegria contagiante, un’esplosione virulenta di colori, musica e sport. È il Mondiale Maxi-Basket in salsa ticinese, che ha portato nelle nostre terre oltre 6 mila atleti di ogni nazione e di ogni continente. Una bellezza coinvolgente, un’occasione per far entrare qualche franco in cassa ma anche per conoscere nuove realtà e nuove culture. Mai sentito parlare di aggregazione? Per una settimana nel nostro Cantone si è parlato soprattutto spagnolo, inglese, tedesco, francese e altre lingue improbabili per noi poveri indigeni. E abbiamo visto sfilare uomini e donne di ogni razza, belli e brutti, con le loro divise d’ordinanza e ammirato balli improvvisati ad ogni ora nelle vie e nei quartieri delle nostre città. E pazienza poi se qualcuno si è arrabbiato per qualche rumore molesto.


Una volta nella vita ci può anche stare. Per farla breve: è stata una grande avventura, questo Mondiale, al quale ha partecipato anche la selezione peruviana Over 30, che abbiamo accompagnato negli ultimi giorni della manifestazione; il tutto è stato reso possibile da un incontro casuale su un treno ( sulla tratta Lugano-Bellinzona, ndr) con alcuni esponenti della squadra sudamericana. E in particolare con José Huertas,un ingegnere di Lima, alla sua prima esperienza Mundial. Con lui abbiamo allestito il bilancio di una settimana all’insegna dell’iride.


Ognuno fa per sé
“In primo luogo debbo dire che l’organizzazione dell’evento è stata buona. Trattandosi di una manifestazione che si auto-finanzia, direi che non ci sono stati problemi. Ricordo che ogni selezione deve arrangiarsi, non ci sono sussidi statali o da parte della federazione di basket. Ognuno fa per sè. Magari c’è l’aiuto di qualche piccolo sponsor ma non è scontato e trovarli è sempre più difficile. Molta gente deve perciò fare sacrifici per poter parteciparead un Mondiale” ci ha spiegato José, che durante il Mondiale era alloggiato in un Bed-and-Breakfast di Gorduno. In preventivo va poi messo anche l’assenza dal lavoro.
“Nella maggior parte dei casi, i giocatori e i loro accompagnatori rinunciano alle vacanze pur di partecipare a questa rassegna. Ma ne vale la pena, davvero. E l’avventura inizia già in patria, quando siorganizza la trasferta. Le aspettative sono molte, non si vede l’ora di partire”. Il gruppo peruviano si è dovuto sobbarcare un viaggio di 13 ore: Lima-Madrid- Milano Malpensa. “E alla fine, stanchi morti, la trasferta in treno sino a Lugano. Altre due ore…”, afferma José, che in Ticino è arrivato con Angela, la sua compagna.


Obiettivo raggiunto
Dice José: “Il nostro obiettivo, e credo anche quello della stragrande
maggioranza degli atleti venuti in Svizzera, non era vincere una o più partite. A noi interessava conoscere questo paese, la sua cultura e incrociare i giocatori di altri selezioni con i quali interagire. In fondo l’aspetto sportivo è secondario: certo, siamo venuti per far bella figura e non per arrivare ultimi, ci mancherebbe, ma per noi contava soprattutto il contatto umano, lo scambio di idee, fare festa…”.


Un obiettivo che è stato raggiunto in pieno. “Quando arrivavamo ai campi o scendevamo dai treni per recarci alle partite, ci si imbatteva con altre selezioni. E allora si scatenava la festa ! Per noi latino-americani è un’abitudine. Alla fine però abbiamo coinvolto anche la gente locale. All’inizio ci guardava un pò stupita, poi si è aggregata noi, in modo naturale”.


Nella nazionale peruviana spicca senza dubbio Marcelo Rubio, uno dei giocatori di basket andini più famosi. “È il nostro capitano, il nostro leader. Ha già partecipato ad altri mondiali. È grazie a lui se siamo qui”.


Rivali in gamba
Dal punto di vista sportivo, José sottolinea come il livello della competizione è stato molto alto. “In diverse squadre militavano elementi dal passato illustre, con trascorsi nei massimi campionati di nazioni di prima fascia. Il nostro bilancio è stato tutto sommato positivo, sapevamo di non essere fra i favoriti ma ci siamo battuti con grande carattere e grande cuore. In fondo rappresentiamo il Perù e non possiamo certo fare brutte figure…( ride, ndr)". Il nostro interlocutore, che abbiamo accompagnato nelle sfide di Lugano, si è detto “encantado” (incantato) per le esibizioni di alcuni “vecchietti“ cestisti. “Ho visto all’opera un signore di oltre 80 anni, credo americano, che giocava come un ragazzino. Con proprietà assoluta di palleggio, visione di gioco, un tiro quasi perfetto ed un ritmo controllato. Non credevo ai miei occhi. Eppure non era l’unico anziano presente a questa rassegna” ci dice José.


Terra promessa
José Huertas ci saluta. Ma prima ci raccomanda di scrivere che “la Svizzera è un paese magnifico. Ordinato, pulito, ben strutturato e la gente è molto educata e ospitale. Questo era il mio primo Mondiale ma alcuni compagni, che in passato hanno già vissuto un’esperienza simile, hanno avuto modo di paragonare la vostra nazione con altre e non hanno avuto dubbi : la Svizzera è una sorta di terra promessa, un posto in cui tutti sognano di vivere per la sue eccellenze e la sua qualità”.


Muchas gracias, José.


M.A.

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