Si consolida, non che sussistessero dubbi al proposito, il telelavoro dei frontalieri. Nei giorni scorsi è infatti stato sottoscritto, tra Confederella e Belpaese, il protocollo di modifica relativo al nuovo accordo sulla tassazione dei permessi G: esso consente ai pendolari italici di lavorare da casa fino ad una percentuale del 25%, senza che ciò comporti delle ripercussioni di tipo fiscale. Il processo di modifica legislativa dovrebbe concludersi a fine 2025. Nel frattempo, rimane in vigore l’accordo amichevole sottoscritto nel novembre 2023, relativo agli anni 2024 e 2025, che prevede la stessa cosa.
Il tema, lo ricordiamo, è unicamente di natura fiscale. In effetti, i frontalieri potrebbero telelavorare anche senza accordi amichevoli, protocolli, o altre fetecchiate. Sarebbero però imponibili in Italia per il reddito conseguito in smartworking, trattandosi di attività svolta nella Penisola. Ne conseguirebbe un pesante aggravio fiscale, oltre che il caos amministrativo.
Da notare che i frontalieri francesi, a seguito dell’intesa raggiunta con Parigi, possono telelavorare fino al 40%. E già arrivano pressioni affinché anche con Roma si raggiunga questa percentuale. Ma col fischio!
Un boomerang
Da parte nostra, abbiamo sempre ritenuto che l’home office per i frontalieri fosse un boomerang per il mercato del lavoro ticinese; non abbiamo cambiato idea. Esso infatti costituisce un’ulteriore agevolazione per i frontalieri del Terziario amministrativo: ovvero, quelli che nemmeno ci dovrebbero essere. Infatti, il personale sanitario non può telelavorare, e nemmeno gli operai dell’industria o dell’edilizia.
L’ultima cosa che dobbiamo fare è rendere il Ticino ancora più attrattivo per i permessi G del settore terziario. Due terzi dei disoccupati ticinesi provengono da lì: pertanto, in questi ambiti professionali non esiste alcuna “carenza di manodopera residente; semmai il contrario. Eppure proprio nel Terziario i frontalieri continuano ad aumentare: la libera circolazione delle persone li ha quintuplicati.
Ovviamente vogliamo proprio vedere chi e come controllerà il rispetto della percentuale massima del 25% di telelavoro.
Fare cassetta
Unica nota positiva: lo smart working si sta dimostrando per quello che è, ossia una ciofeca, che può funzionare solo per percentuali marginali. Sempre più aziende fanno rientrare i collaboratori in ufficio. E per fortuna. Perché in un futuro fatto in prevalenza di home office, chi assumerebbe ancora ticinesi a paghe svizzere, quando può tranquillamente impiegare italiani a paghe italiche, tanto lavorano tutti da casa?
Quanto alla favoletta che il telelavoro dei frontalieri farebbe diminuire il traffico, si è dimostrata una palla inconsistente. Il traffico generato dalle targhe azzurre non cala, e allora tanto vale introdurre, come proposto della Lega, una tassa d’entrata per i frontalieri.
Così almeno incassiamo un po’ di milioni, da dedicare alla manutenzione della rete viaria cantonale ed alla promozione dell’occupazione dei ticinesi. Sempre meglio che un calcio nelle gengive.
Clausola di salvaguardia
Intanto è sempre pendente in Consiglio nazionale la mozione di chi scrive, presentata nel dicembre 2023, che chiede di adottare una clausola di salvaguardia per fronteggiare il continuo aumento dei frontalieri, insostenibile per il Ticino ma vieppiù problematico anche per le province italiche di confine, confrontate con un’emorragia di forza lavoro.
Inutile dire che il governicchio federale non ne vuol sapere, come scrive nel suo parere pubblicato a febbraio.
Eppure, le clausole di salvaguardia non devono fare poi così schifo, dal momento che lo stesso CF, nelle trattative con gli eurobalivi sullo sconcio accordo quadro istituzionale “2.0”, ne ha chiesto l’inserimento per mitigare gli effetti deleteri della libera circolazione delle persone. Ohibò, ma allora è vero che l’immigrazione incontrollata dall’UE è una sciagura! Ma come, da oltre vent’anni la partitocrazia ed i media di regime ci raccontano l’esatto contrario… Come sappiamo, Bruxelles ha risposto njet alla richiesta bernese. Chiaro: gli svizzerotti devono sorbirsi la libera circolazione senza limiti, da cui ci guadagna solo l’UE, mentre i cittadini elvetici ne subiscono tutti i contraccolpi.
Gli svizzerotti dovrebbero inoltre, secondo l’improponibile trattato coloniale, versare a Bruxelles contributi di coesione miliardari ricorrenti per avere accesso al mercato europeo. Ma, anche in questo caso, quella che ci guadagna di più è la DisUnione europea, poiché le importazioni in Svizzera dall’UE sono assai superiori rispetto alle esportazioni.
La Confederella dovrebbe inoltre riprendere automaticamente il diritto dell’UE ed accettare di sottomettersi ai suoi giudici (quindi, in caso di controversia tra Berna e Bruxelles, a decidere sarebbero i giudici di Bruxelles: si può immaginare con quale imparzialità).
La domanda a questo punto nasce spontanea: chi sarebbe così fesso da firmare un accordo del genere? Purtroppo temiamo di conoscere la risposta.
LORENZO QUADRI
*Dal MDD
Il tema, lo ricordiamo, è unicamente di natura fiscale. In effetti, i frontalieri potrebbero telelavorare anche senza accordi amichevoli, protocolli, o altre fetecchiate. Sarebbero però imponibili in Italia per il reddito conseguito in smartworking, trattandosi di attività svolta nella Penisola. Ne conseguirebbe un pesante aggravio fiscale, oltre che il caos amministrativo.
Da notare che i frontalieri francesi, a seguito dell’intesa raggiunta con Parigi, possono telelavorare fino al 40%. E già arrivano pressioni affinché anche con Roma si raggiunga questa percentuale. Ma col fischio!
Un boomerang
Da parte nostra, abbiamo sempre ritenuto che l’home office per i frontalieri fosse un boomerang per il mercato del lavoro ticinese; non abbiamo cambiato idea. Esso infatti costituisce un’ulteriore agevolazione per i frontalieri del Terziario amministrativo: ovvero, quelli che nemmeno ci dovrebbero essere. Infatti, il personale sanitario non può telelavorare, e nemmeno gli operai dell’industria o dell’edilizia.
L’ultima cosa che dobbiamo fare è rendere il Ticino ancora più attrattivo per i permessi G del settore terziario. Due terzi dei disoccupati ticinesi provengono da lì: pertanto, in questi ambiti professionali non esiste alcuna “carenza di manodopera residente; semmai il contrario. Eppure proprio nel Terziario i frontalieri continuano ad aumentare: la libera circolazione delle persone li ha quintuplicati.
Ovviamente vogliamo proprio vedere chi e come controllerà il rispetto della percentuale massima del 25% di telelavoro.
Fare cassetta
Unica nota positiva: lo smart working si sta dimostrando per quello che è, ossia una ciofeca, che può funzionare solo per percentuali marginali. Sempre più aziende fanno rientrare i collaboratori in ufficio. E per fortuna. Perché in un futuro fatto in prevalenza di home office, chi assumerebbe ancora ticinesi a paghe svizzere, quando può tranquillamente impiegare italiani a paghe italiche, tanto lavorano tutti da casa?
Quanto alla favoletta che il telelavoro dei frontalieri farebbe diminuire il traffico, si è dimostrata una palla inconsistente. Il traffico generato dalle targhe azzurre non cala, e allora tanto vale introdurre, come proposto della Lega, una tassa d’entrata per i frontalieri.
Così almeno incassiamo un po’ di milioni, da dedicare alla manutenzione della rete viaria cantonale ed alla promozione dell’occupazione dei ticinesi. Sempre meglio che un calcio nelle gengive.
Clausola di salvaguardia
Intanto è sempre pendente in Consiglio nazionale la mozione di chi scrive, presentata nel dicembre 2023, che chiede di adottare una clausola di salvaguardia per fronteggiare il continuo aumento dei frontalieri, insostenibile per il Ticino ma vieppiù problematico anche per le province italiche di confine, confrontate con un’emorragia di forza lavoro.
Inutile dire che il governicchio federale non ne vuol sapere, come scrive nel suo parere pubblicato a febbraio.
Eppure, le clausole di salvaguardia non devono fare poi così schifo, dal momento che lo stesso CF, nelle trattative con gli eurobalivi sullo sconcio accordo quadro istituzionale “2.0”, ne ha chiesto l’inserimento per mitigare gli effetti deleteri della libera circolazione delle persone. Ohibò, ma allora è vero che l’immigrazione incontrollata dall’UE è una sciagura! Ma come, da oltre vent’anni la partitocrazia ed i media di regime ci raccontano l’esatto contrario… Come sappiamo, Bruxelles ha risposto njet alla richiesta bernese. Chiaro: gli svizzerotti devono sorbirsi la libera circolazione senza limiti, da cui ci guadagna solo l’UE, mentre i cittadini elvetici ne subiscono tutti i contraccolpi.
Gli svizzerotti dovrebbero inoltre, secondo l’improponibile trattato coloniale, versare a Bruxelles contributi di coesione miliardari ricorrenti per avere accesso al mercato europeo. Ma, anche in questo caso, quella che ci guadagna di più è la DisUnione europea, poiché le importazioni in Svizzera dall’UE sono assai superiori rispetto alle esportazioni.
La Confederella dovrebbe inoltre riprendere automaticamente il diritto dell’UE ed accettare di sottomettersi ai suoi giudici (quindi, in caso di controversia tra Berna e Bruxelles, a decidere sarebbero i giudici di Bruxelles: si può immaginare con quale imparzialità).
La domanda a questo punto nasce spontanea: chi sarebbe così fesso da firmare un accordo del genere? Purtroppo temiamo di conoscere la risposta.
LORENZO QUADRI
*Dal MDD