Sport, 21 novembre 2024

“Bevevo anche 70 birre a notte, sono arrivato a buttarmi dal 17° piano”

L’ex centrocampista colombiano, Fredy Guarin, ha parlato dei suoi gravi problemi con l’alcol: “Mi vennero a dire che non potevo più stare a Milano”

BOGOTÀ (Colombia) – Nella sua esperienza con la maglia dell’Inter, Fredy Guarin, non ha fatto affatto male, è stato uno dei migliori giocatori di quella squadra che stava attraversando un momento complicato, un momento di transizione dopo il Triplete conquistato nel 2010, e il colombiano nel 2014 era anche finito in una vicenda di calciomercato alquanto intricata, col suo passaggio alla Juventus bloccato dalla tifoseria nerazzurra. Ora Guarin ha vuotato il sacco e ha parlato della sua dipendenza dall’alcol e di un tentativo di suicidio. 

 
 
“Ho iniziato a guadagnarmi un nome in Italia e già lì iniziò una questione diversa fuori dal campo. Poi lo stadio ha iniziato a tacere e inizialmente gestivo la cosa molto bene: mi ubriacavo due giorni prima della partita e poi scendevo in campo, segnavo uno o due gol, la squadra vinceva. Credo che sia nato tutto da una mancanza di coscienza: bevevo a casa, in discoteca, al ristorante. Avevo la mia famiglia e quella era una merda perché sapevo che stavo sbagliando, sia nel lavoro che nelle responsabilità familiari. Ho fallito tutti gli obiettivi, calcistici e personali, sentivo di non aver limiti. Ero completamente preso dall’alcol, mi vennero a dire tramite il mio agente che non potevo stare più a Milano: “Dovete portarlo via da qui, adesso””, ha raccontato Guarin a ‘Caracol Television’.
 
 
La sua situazione non è migliorata neanche con il trasferimento in Cina: “Sapevo cosa fosse il vero alcol, dal primo giorno in cui sono arrivato sono diventato alcolizzato. Mi alzavo per andare ad allenarmi e dopo l’allenamento bevevo alcol. Mi riposavo un po’, mi allenavo e bevevo alcolici: così ogni giorno”. La situazione poi è precipitata in Brasile, a causa del covid e della separazione dalla moglie: “Bevevo 50, 60 o 70 birre in una notte. È arrivata la pandemia, non c’erano allenamenti, gruppo, calcio, paura. Andavo nelle favelas, andavo con qualunque ragazza senza protezione, mi abbandonavo completamente. Andavo a cercare il pericolo, l’adrenalina: volevo vedere le armi, il movimento, non mi preoccupavo di nulla”.
 
 
Poi Guarin ha raccontato il suo tentato suicidio: “Abitavo al 17° piano, la mia reazione è stata quella di gettarmi dal balcone. Però c’era una rete, ho saltato e mi ha rimandato indietro, ovviamente non me ne sono accorto. Non capivo quello che stavo facendo, non so cosa sia successo. Sapevo che se fossi stato ubriaco sarei morto, sono arrivato al punto in cui non mi importava più di nulla pur di potermi fare del male”.

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