In questi giorni l'ex attaccante del Corinthians, del Bellinzona e del Grasshopper, è in apprensione per il suo Botafogo SP, la squadra in cui ha mosso i suoi primi passi; la squadra di Ribeirao Preto, la città in cui vive (come un altro ex del calcio ticinese, il bianconero Paulo Henrique Andriolli). Il Botafogo infatti va male in campionato e rischia di finire nella Serie C brasiliana. “Lunedì scorso sono andato in televisione a parlare di questa crisi. TV Bandeirantes mi ha chiamato per sentire la mia opinione. In realtà non ho aggiunto molto a quello che miei illustri colleghi hanno già detto e ridetto: senza soldi e senza programmazione non si va lontano. È un problema comune a molte società brasiliane”, ci ha detto Paulo al telefono.
Da Giulini a Bentancur
Paulo Cesar, detto O Capeta (il diavoletto in portoghese) ricorda ancora i momenti drammatici del fallimento targato Giulini: “L'ACB mi è sempre rimasto nel cuore e perciò chiamo spesso gli amici per sapere come vanno le cose. E nel 2013 quando ho saputo che la società era fallita e doveva ripartire dal calcio amatoriale ci sono rimasto malissimo. Un momento triste; proprio in quel periodo iniziavo ad allenare il Taquaritinga, compagine della Seconda divisione paulista e per le strade iniziava la protesta della gente contro gli sprechi del governo e la organizzazione dei campionati del mondo. Quando si venne a sapere che il Brasile avrebbe allestito la rassegna iridata, nacque spontaneamente un movimento contro l'impiego di soldi pubblici nella costruzione degli stadi a discapito di esigenze più importanti come la lotta alla fame. Il popolo ebbe il coraggio di ribellarsi”.
Tornando al presente. Cosa conosce dell'attuale club granata?
“Seguo meno di un tempo e so che la squadra ora è in Lega Nazionale B. Mi dicono che vorrebbe risalire nella massima serie ma che il campionato è molto difficile e che purtroppo il pubblico ha un po' perso la via dello stadio. Peccato, l'ACB ha bisogno della sua gente, la presenza dei tifosi è imprescindibile. Se ripenso alle serate memorabili di quasi 40 anni fa non riesco ad immaginare il Comunale con pochi spettatori”.
Sei mesi di fuoco
Quasi sei mesi, pochi ma intensi e meravigliosi: sì, perché il Samba ACB non durò a lungo (nel girone di ritorno perse smalto e vivacità) ma lasciò il segno, eccome. “Quandi giunsi in Svizzera accompagnato dal mio manager Juan Figger non sapevo esattamente cosa mi aspettasse. Mi avevano tuttavia spiegato che a Bellinzona si viveva per il calcio. Me ne accorsi già al primo allenamento, che avvenne fuori città.
Poi capii, quasi subito, quanto amore avessero i ticinesi per la squadra ma anche per il Brasile e per il calcio brasiliano. Questo fu certamente un elemento importante nella mia fase di ambientamento”.
In poco tempo Paulo diventò una specie di eroe locale. “Segnai tanti gol ma fu quando arrivò Mario Sergio, un paio di mesi dopo, che a Bellinzona scoppiò il vero entusiasmo. Una coppia brasiliana non si era mai vista: e con l’ ex nazionale ci capimmo subito al volo. Mario (purtropposcomparso in un incidente aereo che coinvolse nel 2016 la Chapecoense durante una trasferta in Colombia; lui era inviato come opinionista per FOX TV, ndr) lo ricordo con affetto e tristezza. Secondo molti a quei tempi era superiore addirittura a Zico. Ma era un tipo strano e particolare e forse per quel motivo non venne considerato molto da chi dirigeva la Seleçao”.
Furono sei mesi di fuoco, si diceva prima: “Avevamo sempre 10-12 mila spettatori allo stadio. Addirittura 17 mila nella sfida contro il Losanna (12 ottobre 1986, ndr). Vincemmo 42 e segnai ben quattro gol. Alla sera vi lascio immaginare che aria tirasse nella Capitale. Del resto la simbiosi fra la squadra e la sua gente era qualcosa di semplicemente straordinario”.
Tifoso in lacrime
Al termine del campionato Paulo Cesar contabilizzò ben 20 reti in 30 partite. Le sue prestazioni gli valsero, di riflesso, l’interesse del Grasshopper che a fine giugno 1987 offri al club granata un milione di franchi per il cartellino del giocatore. “ Ricordo che in quei giorni non si parlava altro del mio futuro sui giornali, alla TV e sulle radio locali. Una vera e propria telenovela in stile…brasiliana. Alla fine accettai le lusinghe degli zurighesi e cambiai casacca. Professionalmente fu un affare ma il mio cuore rimase in Ticino”. Narrano i bene informati che un giorno un signore si recò a casa Camassuti per implorare il giocatore: che non firmasse per le cavallette! “Con le lacrime agli occhi mi chiese di restare. Un attaccamento del genere non l’ho mai incontrato nella mia carriera”, dice Paulo.
Il rapporto con i media
“Fu bellissimo. I giornalisti erano molto sinceri e disponibili nei miei confronti. Non scontato. Nella mia avventura ticinese – conclude il brasiliano, che ieri pomeriggio è sfilato per il centro di Bellinzona – ne ho conosciuto alcuni veramente in gamba”. Che tempi! E chissà che prendendo spunto da queste parole anche l’attuale dirigenza non si metta finalmente di buzzo buono e istauri con i giornalisti ticinesi un rapporto finalmente schietto ed aperto. Il Bellinzona ne ha veramente bisogno. Nella speranza che l’arrivo nella Capitale di Paulo Cesar (che su facebook ha postato un video per congratularsi con l’ACB per il suo anniversario) possa cancellare l’apatia che da un po' di mesi aleggia sulla società. “Mi auguro che la squadra possa risalire la china e dare ai suoi tifosi le soddisfazioni che merita” conclude il brasiliano.
M.A.
In poco tempo Paulo diventò una specie di eroe locale. “Segnai tanti gol ma fu quando arrivò Mario Sergio, un paio di mesi dopo, che a Bellinzona scoppiò il vero entusiasmo. Una coppia brasiliana non si era mai vista: e con l’ ex nazionale ci capimmo subito al volo. Mario (purtropposcomparso in un incidente aereo che coinvolse nel 2016 la Chapecoense durante una trasferta in Colombia; lui era inviato come opinionista per FOX TV, ndr) lo ricordo con affetto e tristezza. Secondo molti a quei tempi era superiore addirittura a Zico. Ma era un tipo strano e particolare e forse per quel motivo non venne considerato molto da chi dirigeva la Seleçao”.
Furono sei mesi di fuoco, si diceva prima: “Avevamo sempre 10-12 mila spettatori allo stadio. Addirittura 17 mila nella sfida contro il Losanna (12 ottobre 1986, ndr). Vincemmo 42 e segnai ben quattro gol. Alla sera vi lascio immaginare che aria tirasse nella Capitale. Del resto la simbiosi fra la squadra e la sua gente era qualcosa di semplicemente straordinario”.
Tifoso in lacrime
Al termine del campionato Paulo Cesar contabilizzò ben 20 reti in 30 partite. Le sue prestazioni gli valsero, di riflesso, l’interesse del Grasshopper che a fine giugno 1987 offri al club granata un milione di franchi per il cartellino del giocatore. “ Ricordo che in quei giorni non si parlava altro del mio futuro sui giornali, alla TV e sulle radio locali. Una vera e propria telenovela in stile…brasiliana. Alla fine accettai le lusinghe degli zurighesi e cambiai casacca. Professionalmente fu un affare ma il mio cuore rimase in Ticino”. Narrano i bene informati che un giorno un signore si recò a casa Camassuti per implorare il giocatore: che non firmasse per le cavallette! “Con le lacrime agli occhi mi chiese di restare. Un attaccamento del genere non l’ho mai incontrato nella mia carriera”, dice Paulo.
Il rapporto con i media
“Fu bellissimo. I giornalisti erano molto sinceri e disponibili nei miei confronti. Non scontato. Nella mia avventura ticinese – conclude il brasiliano, che ieri pomeriggio è sfilato per il centro di Bellinzona – ne ho conosciuto alcuni veramente in gamba”. Che tempi! E chissà che prendendo spunto da queste parole anche l’attuale dirigenza non si metta finalmente di buzzo buono e istauri con i giornalisti ticinesi un rapporto finalmente schietto ed aperto. Il Bellinzona ne ha veramente bisogno. Nella speranza che l’arrivo nella Capitale di Paulo Cesar (che su facebook ha postato un video per congratularsi con l’ACB per il suo anniversario) possa cancellare l’apatia che da un po' di mesi aleggia sulla società. “Mi auguro che la squadra possa risalire la china e dare ai suoi tifosi le soddisfazioni che merita” conclude il brasiliano.
M.A.