Sport, 14 dicembre 2025

“A Locarno film dell’orrore. Ma ai miei tempi era diverso”

Omar Ferro ci racconta la sua carriera e le recenti vicende del club verbanese

LOCARNO - Omar Ferro, ex giocatore eclettico del Locarno e del Winterthur degli Anni Novanta, non ha dimenticato il suo primo amore e si rammarica per le recenti vicende che hanno gettato discredito sulla società verbanese dopo il goffo tentativo di due presunti imprenditori (Klein e Grigo) di voler cancellare l'attuale comitato, presieduto da Tiziano Ronchetti, e prendere in mano il club. Un golpe fallito miseramente, anche se l'avvocato Brenno Martignoni, dirigente ACB, ha promesso battaglia. Una vicenda squallida, secondo noi, che Omar Ferro, fiduciario commercialista e immobiliare locarnese, ha commentato con parole amare in questa intervista, in cui ci ha raccontato anche la sua carriera. Coniugato con Vanessa e padre di due figli, Ferro è appassionato di tennis e golf, anche se il calcio resta sempre in cima ai suoi pensieri. 



Omar: lei è sempre presente alle assemblee del FC Locarno e ad un certo punto si pensava che potesse entrare nel nuovo comitato. Insomma: il club verbanese è sempre nel suo cuore... 
Mi sono riavvicinato al sodalizio cinque anni fa, quando mi è stato chiesto se fossi interessato a dare una mano nella gestione di allora o entrare a far parte del settore giovanile. In seguito il presidente Mauro Cavalli mi chiese di aiutarlo a seguire la famosa trattativa con il gruppo americano della N6G. In quel periodo diversi amici ed ex calciatori mi chiesero di formare un gruppo di lavoro onde poter succedere a Cavalli, il quale aveva già da tempo manifestato l' idea di mollare. Purtroppo però non ci sono state le condizioni per un passaggio normale di consegne.


Lei è cresciuto nel Locarno. Altri tempi, altri giocatori, altri mister. Che ricordi ha? 
Nelle giovanili ho fatto la spola tra a Minusio e Locarno. Da bambino, al mercoledì pomeriggio andavo allo stadio Lido ad allenarmi sotto la guida di Mele Sangalli (tifosissimo dell’Inter). Ebbene, un giorno venne a casa mia e chiese ai miei genitori se poteva portarmi a fare un provino ad Appiano Gentile! Incredibile! Risposero che dovevo pensare prima alla scuola. Sì, decisamente altri tempi: la nostra scuola calcio erano le ricreazioni, i campetti d’erba o cemento con le giacche a fare da porte, palla al centro e… qualche vetro rotto! 


E il Lido diventava una sorta di teatro per ragazzi curiosi. 
Quando militavo negli allievi del Locarno, dal campo B ammiravo mentre si allenavano giocatori del calibro di Rolf Blättler, Mileta Rnic ed in seguito altri grandi come Kurt Niedermayer, Paul Schönetter e Joachim Siwek. Con questa generazione ho avuto poi avuto il privilegio di giocare sotto la quida dell’allora allenatore Vaclav Halama, colui che mi fece esordire nel 1987 alla Schützenwiese di Winterthur.


Ma cosa l'ha spinta al calcio?
Mi padre giocava nelle leghe minori e il calcio era uno sport economicamente accessibile a tutti. Tra l’altro da tifoso juventino, mi diede il nome di Omar in memoria del campione argentino Sivori.


Il miglior calciatore con cui hai giocato?
Ho avuto la fortuna di giostrare con campioni veri e non vorrei fare del torto a nessuno, ma mi sento di poter citare Nidermayer e Barbas un gradino su tutti.


E il miglior allenatore?
Roberto Morinini, il più preparato ed innovativo per quei tempi.


Ci dica qualcosa sul Mister di Sementina...
Come è risaputo, ai giocatori dava del lei, e i giovani se non avevano gli attributi per resistere alle sue esternazioni, avevano già finito la carriera! Un giorno mi disse se volevo diventare un calciatore professionista e gli risposi affermativamente. Allora mi obbligò ad allenarmi il mercoledì mattina assieme ai professionisti . Al primo approccio, dopo il secondo cross di sinistro sbagliato, mi mandò a fare la doccia dopo appena dieci minuti… 


E il dirigente con il quale ha legato di più? 
Non dimentico la riservatezza e la gentilezza di Franco Fiori (presidente) come l’allora membro di comitato “Pacio” Pasinelli, il quale era anche il mio datore di lavoro. Infine la dirigenza del Winterthur: mi fece sentire un giocatore importante. Ricordo comunque, per tornare alla dirigenza verbanese, che dopo 13 anni di carriera a Locarno avrei desiderato finire salutando i tifosi durante un’ultima partita, ma lo staff di allora (allenatore, DS e presidente) non ebbero gli attribuiti nell’affrontarmi e comunicarmi nei tempi e nei modi che non avrei più fatto parte del progetto tecnico. Questione di stile!


Non ha mai pensato di andare a giocare nella massima serie? Non hai mai ricevuto proposte?
Ai miei tempi non c’erano i procuratori, ma c’era Claudio Vassalli che mi prese sotto la sua ala protettrice e mi convinse a scegliere il Locarno invece del Bellinzona. Anche le Speranze del Wettingen (lavoravo a Zurigo e mi allenavo con loro) mi volevano tesserare. In seguito ho avuto qualche colloquio con Varese, Como, e soprattutto contatti con il Lugano ma poi mi ruppi il perone ed il treno passò. A 24 anni, tramite Pauli Schönwetter stavo per vestire la maglia dell' Aarau ma all’ultimo minuto il giocatore che avrei dovuto rimpiazzare perché in odore di partenza, decise di restare... 


Ma da Locarno lei ad un certo punto se ne andò…
L’arrivo di Gabet Chapuisat sulle rive del Verbano, divenne per me l’opportunità a 30 anni di andare a giocare in un'altra squadra, il Winterthur: fu l’anno calcistico più emozionante della mia carriera. In effetti a Locarno ero l’Omar, mentre alla Schützenwiese ero il “Ferro”. A Winterthur costruirono una squadra per centrare la promozione in serie A: obiettivo fallito per pochissimo. Di fatto il destino ha voluto che la mia carriera da calciatore di Lega Nazionale iniziasse e finisse proprio a Winterthur.


Veniamo al Locarno di oggi: è ancora una piazza attrattiva o deve pensare soltanto ai giovani da far crescere? 
Entrambe le cose, Locarno è una società storica che deve assolutamente investire partendo dal settore giovanile, poi l’appetito vien mangiando… 


Come giudica questo momento?
La recente assemblea sembrava un circo! Non direi circo, perché al circo ti diverti; direi piuttosto un film, un film dell'orrore. Mi sono ancora più convinto di essere un “alieno” e di non far parte di questa terra… Scherzi a parte: sono cresciuto con tre valori che mi appartengono in modo assoluto: educazione, rispetto e onestà. Ebbene quando vedo certi “personaggi” di dubbia moralità che cercano visibilità mediatica e vogliono mettere il bastone fra le ruote mi assale la rabbia. Il Locarno non ha bisogno di gente così... 


Cosa ne pensa del neo presidente Tiziano Ronchetti? 
Da sempre è tifoso del Locarno e assieme alla sua consorte, e per amore del sodalizio, ha risposto presene all’appello di sostegno finanziario lanciato da Mauro Cavalli durante una delle ultime assemblee. Chapeau! 


Il calcio ticinese, Lugano a parte, sembra davvero messo male. 
Riallacciandomi a quanto sopra, in modo più generale, sin tanto che non vige la regola della “meritocrazia”, come Ticino saremo sempre agli ultimi posti del calcio svizzero e godremo di scarsa credibilità. E non solo nel calcio. A Lugano hanno dimostrato che i soldi li hanno investiti persone che nelle loro carriera qualcosa di buono hanno fatto e non hanno improvvisato.


A.M.

MDD del 7 dicembre 2025

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