Il Parlamento europeo ha approvato ieri il piano di riarmo dell'Unione europea annunciato da Ursula von der Leyen. Se la risoluzione ha ottenuto una larga maggioranza di 419 voti favorevoli, 204 contrari e 46 astenuti, il piano di von der Leyen non ha invece convinto il Partito Democratico italiano, che sul voto si è diviso. Già nei giorni scorsi erano emerse posizioni differenti all'interno della delegazione, e il voto mostra un partito spaccato sul tema del riarmo: undici astenuti e 10 a favore.
Un voto che però non riflette la linea ufficiale del Partito italiano con la presidente Elly Schlein che sin dall'inizio ha criticato il piano di riarmo dell'UE. “All’Europa – affermava Schlein alla vigilia - serve la difesa comune, non la corsa al riarmo dei singoli Stati. È e resta questa la posizione del Pd. Oggi all’Europarlamento si votava una risoluzione sulla difesa comune, con molti punti che condividiamo, ma la risoluzione dava anche appoggio al piano ReArm EU proposto da Ursula Von der Leyen cui abbiamo avanzato e confermiamo molte critiche proprio perché agevola il riarmo dei singoli Stati facendo debito nazionale, ma non contribuisce alla difesa comune e anzi rischia di ritardarla. Quel piano va cambiato”.
Alla fine gli eurodeputati democratici si sono mostrati divisi in occasione del voto, con metà dei deputati Pd che a Strasburgo vota a favore della risoluzione della maggioranza Ppe-Pse-Liberali e l’altra metà che segue le indicazioni del partito e si astiene. Nonostante i molti favorevoli, Schlein rimane convinta: il ReArm Eu presentato dalla presidente della Commissione Ue e approvato dal Consiglio Ue con il voto anche dell’Italia va nella direzione sbagliata.
La presidente del PD avrebbe voluto votare direttamente no, come tra gli italiani hanno fatto il M5s di Giuseppe Conte, Alleanza Verdi/Sinistra di Nicola Fratoianni e Angelo Bonelli e la Lega di Matteo Salvini. “La linea dell’astensione è stata un compromesso per non evidenziare ancora di più una divisione in due che non è mai stata così netta e drammatica da quando Schlein è stata eletta segretaria due anni fa” scrive il giornalista Francesco Fei de “La Repubblica”.
La divisione scaturita a Strasburgo si fa subito sentire anche a Roma, dove si torna a chiedere un congresso per definire la linea su questo tema. “Un partito non può astenersi — afferma la deputata Lia Quartapelle — deve dire dove sta. È nei grandi cambiamenti che si misura lo spessore della proposta politica che tu hai o che non hai”. Un altro esponente del PD, Luigi Zanda, nella trasmissione televisiva critica apertamente la segretaria del suo partito: “Non metto in discussione la segretaria Schlein, ma piuttosto non mi sembra che sia ancora giunto il momento che si possa presentare come candidata presidente del Consiglio”.