Mondo, 14 agosto 2018

"Loro hanno i dollari, noi abbiamo Allah", la Turchia verso una crisi economica senza precedenti

Il valore della lira turca si è dimezzato quest'anno rispetto al dollaro americano. La caduta libera è stata esacerbata dal recente annuncio statunitense di raddoppiare le tariffe sull'acciaio e l'alluminio turchi. Ma ci sono altri fattori che appesantiscono la lira.

 

Lunedì, la valuta è scesa a un minimo storico di 7,2 lire contro il dollaro prima di riprendersi leggermente a 6,8 contro il biglietto verde. Il mercato azionario turco di Istanbul 100 ha raggiunto il livello più basso in termini di dollari da marzo 2009.

 

Le relazioni tra Stati Uniti e Turchia sono peggiorate dal fallito colpo di stato militare contro il presidente turco Recep Tayyip Erdogan nel 2016. Erdogan accusa Washington di proteggere i golpisti. Gli Stati Uniti hanno iniziato ad applicare pressioni economiche dopo la detenzione del pastore americano Andrew Brunson in Turchia, accusata da Ankara di aver contribuito al fallito colpo di stato militare.

 

Brunson, cittadino statunitense e residente turco per oltre due decenni, è stato arrestato in Turchia con l'accusa di terrorismo e spionaggio. Rischia fino a 35 anni di carcere se giudicato colpevole.

 

Gli investitori in lire sono anche preoccupati per la politica monetaria interna della Turchia. Il presidente Erdogan è stato criticato per aver interferito nella politica monetaria della banca centrale, non avendo consentito al regolatore di alzare il tasso di interesse per evitare il collasso della lira.

 

Inoltre, la Turchia ha una grande quantità di debito denominata in dollari USA. Quindi, quando la lira perde valore, il debito diventa più costoso. Il paese ha un debito in dollari e altre valute estere che rappresentano la metà del suo prodotto interno lordo.

 

"Il declino della lira è sfaccettato, causato non solo da una posizione esterna debole in termini di deficit delle partite correnti e riserve valutarie inadeguate, ma anche dal difficile contesto politico che esaspera le vulnerabilità della lira", ha dichiarato Kerry Craig, stratega di mercato a livello mondiale. JP Morgan Asset Management, ha scritto, citato dal canale americano CNBC.

 

"Un rialzo dei tassi a metà riunione e un inasprimento della politica monetaria potrebbero aiutare a evitare il declino della lira, in una certa misura", ha aggiunto.

 

Il ministro delle Finanze, Berat Albayrak, ha dichiarato in un'intervista rilasciata domenica alla stampa

locale Hurriyet che Ankara ha un piano per salvare la lira senza specificare i dettagli.

 

Sul fronte politico, un Erdogan sotto pressione ha accusato gli Stati Uniti di " pugnalare  alle spalle" il suo alleato turco e accusa l'America di doppio gioco, presentandosi come alleato strategico da una parte e dall'altra di volere spingere la Turchia verso la crisi economica. Ha poi cercato di tranquillizzare i cittadini turchi invitandoli a vendere i propri risparmi in dollari e acquistare lire turche. "Loro hanno i dollari, noi abbiamo allah" ha dichiarato fra le altre cose, frase ad effetto che però concretamente non hanno arrestato la caduta della valuta turca.

 

"Prima che sia troppo tardi, Washington deve rinunciare alla falsa idea che la nostra relazione possa essere asimmetrica e fare i conti con il fatto che la Turchia ha delle alternative", questo è quanto scritto due giorni fa dal presidente turco Recep Tayyp Erdogan, in un editoriale apparso sul ‘New york Times’.  L’alternativa a cui allude il "sultano" di Ankara è il BRICS, blocco composto da Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica, a cui Ankara ha recentemente chiesto di far parte.   

 

Le tensioni crescenti con Washington, con gli USA sempre più intenzionati a mettere un freno all’alleato divenuto ormai scomodo e decisamente fuori controllo, hanno poi portato Donald Trump ad annunciare nuovi dazi su acciaio e alluminio, oltre a sanzioni contro alti dirigenti di Ankara. 

 

Adesso, secondo Fabrizio Verde del'Antidiplomatico, Erdogan ha due carte da giocarsi in questa partita divenuta cruciale anche per le sorti dell’intero Medio Oriente: l’uscita dalla NATO e i 3 milioni di migranti attualmente fermi su territorio turco in virtù dell’accordo stipulato tra Unione Europea e Turchia. 

 

Un’eventuale uscita dalla NATO decisa da Erdogan lascerebbe decisamente scoperta l’area a cavallo tra Occidente e Oriente. Con l’Italia che a questo punto andrebbe ad essere l’avamposto NATO in Medio Oriente. Un bel grattacapo per il governo che si auto-definisce del cambiamento. 

 

Lasciando invece passare i migranti, che andrebbero a riversarsi sui paesi nordeuropei, Erdogan, andrebbe a mettere in seria difficoltà quei governi che già sono fortemente incalzati dalle cosiddette forze populiste. 

 

In tal caso, le elezioni europee del 2019 potrebbero riservare davvero grosse sorprese. 

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