RSI - Discriminazione salariale all’interno della RSI. È quanto ha accertato il Tribunale d’appello, che ha confermato la decisione della Pretura del distretto di Lugano condannando l’ente radiotelevisivo a versare 192'085 franchi lordi, oltre agli interessi al 5% e alle spese di giustizia, a una sua dipendente. La giornalista, classe 1961, per anni ha percepito uno stipendio sensibilmente inferiore a quello di un collega uomo con stesse mansioni e titolo di studio analogo.
Nel 2019, ad esempio, la donna guadagnava 101'265 franchi l’anno, mentre il collega maschio percepiva ben 133'864 franchi. Una differenza del 32,19%. La RSI ha provato a difendersi sostenendo che i due ruoli non fossero realmente comparabili, ma tanto la Pretura quanto il Tribunale d’appello hanno respinto questa tesi, riconoscendo la discriminazione in base al sesso.
La vicenda è stata resa pubblica solo grazie alla sentenza del Tribunale. Non si ricorca per il momento nessun servizio o approfondimento nei telegiornali. Evidentemente, quando la violazione dei diritti riguarda casa propria, la trasparenza e l’indignazione si fanno più timide. Eppure, il caso è emblematico, anche perché l’indennizzo verrà coperto con i soldi del canone, il più caro al mondo, versato da tutti i cittadini.
Se un episodio simile fosse avvenuto in un’azienda privata, magari vicina a partiti non allineati, Comano avrebbe gridato allo scandalo. Ma quando a calpestare la parità è la stessa RSI, cala il silenzio. La doppia morale dei media di Stato non sorprende più nessuno.
Fonte: MDD, 6.7.25