Sta facendo parecchio discutere negli Stati Uniti la campagna appena lanciata dalla celebre marca sportiva Nike qualche giorno fa. Il motivo è che Nike ha scelto quale testimonial il (ex?) giocatore di Football Colin Kaepernick, salito agli onori della cronaca gli anni scorsi perchè aveva deciso, seguito poi da altri giocatori, di inginocchiarsi appena prima delle partite quando pubblico e squadre dovrebbero invece stare in piedi e cantare l'inno. La pratica, conosciuta negli States come "to take a knee" (letteralmente "prendere un ginocchio"), aveva lo scopo di sensibilizzare il pubblico circa una presunta oppressione che le minoranze subiscono negli USA. La cosa, come si può immaginare, non era piaciuta a molti americani che vedevano il gesto come una mancanza di rispetto verso l'inno e più in generale verso gli Stati Uniti. La controversia si era trascinata fino a quando il presidente Donald Trump si era pubblicamente espresso contro i giocatori che facevano il gesto. Diventata una diatriba politica, con in sostanza la sinistra che accusava Trump e i repubblicani di essere contro la libertà d'espressione mentre questi ritenevano essere un gesto irrispestoso verso gli americani e gli Stati Uniti, la NFL, l'associazione del football americano, inizialmente indifferente alla questione di fronte a un calo continuo di pubblico all'inizio di questa stagione ha dovuto obbligare i giocatori a non più inginocchiarsi nel momento in cui si canta l'inno prima delle partite.
La controversia sembrava sul punto di morire e Kaepernick, nel frattempo senza squadra dal 2016, di finire nel dimenticatoio se non fosse che Nike ha deciso di farne il testimonial della sua