Oggi la Svezia va al voto e dalle urne potrebbero uscire risultati in controtendenza con la tradizione politica del Paese. Per intenderci, la coalizione di centro sinistra guidata dal partito socialdemocratico, primo partito del Paese da circa un secolo, dovrebbe avere la maggioranza e potrebbe formare il futuro governo. Ma gli equilibri del post voto disegnerebbero una Svezia profondamente diversa rispetto ai decenni passati: quel modello sociale, da sempre visto in molte parti d’Europa come un riferimento da cui attingere, non avrebbe più l’approvazione generale da parte di popolazione ed elettorato. Il partito socialdemocratico non è per caso che è al primo posto da diversi decenni: non ha soltanto inaugurato un particolare sistema di amministrazione sociale ed economica, ma ha forse incarnato lo spirito svedese lungo tutto il ‘900 ed oltre. In poche parole, quanto proposto dal partito guida della democrazia svedese è un qualcosa di accettato da tutti, anche da altri partiti e da altri movimenti, quasi mai messo in discussione. Almeno fino ad oggi, per l’appunto.
Gli svedesi pronti a mettere in dubbio il “loro” modello
Ma in cosa consiste il modello svedese? E soprattutto, perché adesso proprio gli stessi svedesi iniziano a metterlo in discussione? La Svezia punta molto sul particolare sistema di welfare: lo Stato assiste “dalla culla alla tomba” ogni cittadino svedese, garantendo servizi ed un livello di assistenza molto elevati. Vi è un’assistenza sanitaria universale, l’istruzione è in gran parte gratuita, il sistema previdenziale viene giudicato solido: dai pensionati ai disoccupati, dagli inoccupati a chi ha perso da poco il posto di lavoro, ogni cittadino in potenziale situazione di difficoltà viene di fatto assistito. Ovviamente questo impone un’elevata spesa pubblica, i cui limiti però sono in parte colmati da un’alta tassazione in cui l’imposizione fiscale è progressiva (dunque i cittadini riversano molto denaro nelle casse dello Stato, il quale però si impegna a fornire servizi gratuiti e dalla qualità elevata), così come dal controllo della stessa spesa pubblica e del debito, fermo a poco più del 40% del Pil. A questo, bisogna aggiungere che la Svezia nel 2003 ha rifiutato l’ingresso nell’Euro e dunque Stoccolma non deve obbedire ai rigidi dettami fiscali della Bce.
Fin qui dunque i risvolti positivi che da anni contribuiscono a propagandare la Svezia come un vero e proprio paradiso. Ma, per l’appunto, oggi gli stessi svedesi non sono più convinti di questo modello. Al fianco di un incisivo intervento dello Stato nell’economia e di un welfare molto elevato, il sistema svedese prevede anche una concezione liberale molto accentuata in campo sociale ed economico. E proprio da un punto di vista sociale la presunta “felicità” degli svedesi, liberi di fare e disfare tutto, oggi vacilla pericolosamente. Nel 2015 un documentario di Erik Gandini dal titolo “La teoria svedese dell’amore” mostra una Svezia alle prese con uno sfrenato individualismo, con una società dove chi si ammala ha le cure dello Stato ma nessuno in grado di confortarlo. Indipendenza dell’individuo ed isolamento dello stesso, dona alle future generazioni un paese profondamente inquieto e lontano dalla felicità del propagandato sogno svedese.
Il problema dell’immigrazione
Ed all’interno delle politiche iper liberali su famiglia, società ed economia, si inserisce anche la concezione di accoglienza portata avanti dai governi svedesi negli ultimi anni. Si accoglie tutti indiscriminatamente, dall’Asia come dall’Africa, dal medio oriente come dalla Somalia o dall’Eritrea, la Svezia non ha posto particolari problemi nel far entrare migliaia di persone da ogni parte più povera del pianeta. Anche qui la modernità, tanto decantata e tanto propagandata