a cura di Lorenzo Quadri
Il prossimo 19 maggio, i cittadini elvetici dovranno decidere se accettare di recepire la direttiva UE sulle armi, o se invece dire di no. L’importanza del tema travalica la questione specifica.
Non si tratta di prendere posizione su tecnicismi quali il numero di colpi che può contenere un caricatore. Si tratta di stabilire se permettere all’UE di comandare in casa nostra; contro le nostre tradizioni, contro le nostre leggi, contro la nostra volontà popolare.
C’è chi ritiene che accettare la direttiva di Bruxelles sia una scelta “pragmatica” e chi invece non ne vuole sapere (la Lega ed il Mattino, come noto, appartengono a questa seconda categoria).
Abbiamo interpellato alcuni interlocutori, ai quali abbiamo chiesto: - E’ favorevole o contrario/a alla trasposizione nel diritto svizzero della direttiva UE sulle armi? Per quali motivi?
Sem Genini Deputato in Gran Consiglio (Lega)
Sono estremamente contrario a questo ennesimo e prepotente diktat da parte dell’Unione Europea. Nella vita di tutti i giorni ritengo importante cambiare o perlomeno cercare di modificare in parte le situazioni che non funzionano. Ce ne sono tante da mettere a posto, anche nel nostro Paese.
In questo caso però non vedo nessun motivo per portare delle modifiche inutili al nostro diritto nazionale. In Svizzera i controlli per l’acquisto e l’utilizzo delle armi da fuoco sono seri e severi. Altresì il servizio militare fornisce già una formazione adeguata in tal senso, e responsabilizza i cittadini sul significato di possedere un’arma da fuoco. In altre nazioni tutto questo non succede; né all’interno dell’Europa, né in altri continenti. È ovvio che questo inasprimento della legge, che entra in conflitto con la nostra Costituzione e la nostra volontà popolare, mira a disarmare e criminalizzare i cittadini onesti, che da secoli hanno un rapporto maturo, serio e responsabile con le armi da fuoco. Inoltre questa modifica di legge non servirà nemmeno a prevenire eventuali atti terroristici, come si vuol far credere: questi, chiaramente, vengono perpetrati con altri mezzi o con armi illegali.
Da cittadino svizzero e ticinese, da cacciatore, da amante del tiro e da persona che vuole mantenere una Svizzera libera, sovrana e fiera delle sue tradizioni, spero di cuore che questa nuova direttiva venga bocciata.
Tullio Righinetti Già Presidente del Gran Consiglio (PLR)
Sono decisamente contrario. Anzitutto perché, se approvata, questa direttiva costituirebbe un ulteriore cedimento di fronte alla prepotenza di Bruxelles: la rinuncia alla nostra autonomia di Stato libero e indipendente. In sostanza una strisciante adesione all’UE. Potrebbe essere un punto di non ritorno, pensando anche all’accordo quadro istituzionale in discussione ed al cui proposito l’Europa, arrogantemente, ha già fatto sapere che non c’è più alcunché da negoziare. I fautori sostengono che accettando l’imposizione di Bruxelles non cambierà nulla, cosa del tutto falsa. Le minacce di una nostra esclusione dallo spazio Schengen in caso di rifiuto, rappresentano un facile argomento ricattatorio. Ma nessuno ha interesse ad escludere la Svizzera da Schengen, anzi. Ma veniamo alle armi. Da noi sono severamente registrate da anni, e non risulta siano mai state usate armi svizzere iscritte per perpetrare atti di terrorismo. Il commercio in nero di pistole e fucili non verrà minimamente influenzato da questa direttiva. Chi la racconta in modo diverso mente sapendo di mentire. Saranno invece penalizzati quei cittadini onesti che per le loro armi nutrono un amore e una passione, spesso di origine familiare, ma più in generale figlia di una tradizione nazionale. Con la Direttiva UE il possesso sarà condizionato alla regolare frequenza del poligono di tiro. Purtroppo quando una persona, per età o salute, non sarà più in grado di rispettare questa condizione, le sue armi verranno confiscate, senza alcun compenso finanziario. Questo in contrasto con il costituzionale e sacrosanto diritto alla proprietà. Le eccezioni ci sono,
ma fatte proprio per dire di no.
Questi gioielli di famiglia, spesso preziosi cimeli, dovrebbero potere essere conservati dai legittimi proprietari e poi lasciati ai figli, nel rispetto delle condizioni in vigore.
Per concludere, ma di argomenti ce ne sarebbero tanti altri, è previsto che la normativa venga aggiornata ogni 5 anni, dichiaratamente in maniera restrittiva. Non facciamoci illusioni, la prossima tappa sancirà nuovi divieti e in particolare la soppressione della atavica e svizzera tradizione per il milite, di ricevere a fine servizio la sua arma in regalo. I vertici dei partiti a partire dal PS, ma pure PLR e PPD, e questi in contrasto con la loro base, si sono schierati in favore, per motivi economici dicono, ma anche di evidente servilismo politicamente corretto. Fanno eccezione UDC e LEGA. C’è da sperare che, come già successo in altre occasioni ed in barba ai sondaggi, il saggio popolo svizzero dica di NO a questa assurda e antidemocratica imposizione.
Edoardo Cappelletti Consigliere comunale di Lugano (PC)
Sono favorevole, poiché la direttiva UE rappresenta una riforma doverosa, seppure non ancora risolutiva. In modo particolare, essa consentirà di limitare l’accesso alle armi semiautomatiche, che per l’ordine