Mondo, 09 settembre 2019
Il grande bluff del populismo di sinistra
C’era una volta il populismo di sinistra, quello anti-sistema. E c’era una volta la guerra alle élite. Poi qualcosa è cambiato. E quell’Europa che si era creduta trafitta da movimento di protesta sorti in tutto il continente si è risvegliata invece tirando un sospiro di sollievo. Nessun tornado. Semmai un vento che avrebbe cambiato qualcosa nella percezione popolare, che avrebbe fatto riscoprire l’interesse verso la politica, ma che poi non avrebbe rivoluzionato – per davvero – i sistemi politici europei. E chi ha criticato e condannato per anni tutti questi movimenti, accusandoli di rappresentare la “pancia” dei popoli, si è riscoperta in realtà non solo incline ad accettarli, ma anche a renderli parte del loro stesso sistema. Così, da una parte i populisti si sono fatti élite.
Dall’altra parte le élite si sono avvicinate ai populisti, facendo leva sulle cose che uniscono protesta e establishment. E da post-ideologici, tutti i movimenti di protesta sono tornati in fin dei conti nella loro culla.
L’esempio del Movimento Cinque Stelle è solo l’ultimo. Il voto di ieri di Rousseau ha sancito il “sì” della stragrande maggioranza degli iscritti alla piattaforma a un governo composto da pentastellati e Partito democratico. Chiusa l’esperienza del governo giallo-verde, quello considerato “populista” con disprezzo, ora si avvicina una nuova stagione: quella dei gialli e di rossi. Che uniti dovranno dimostrare che populisti e progressisti possono ricomporre la frattura ideologica dell’ultimo decennio e tornare a costruire un unico grande blocco politico.
Un blocco che piace a molti e in tutto il continente. L’idea che Pd e Cinque Stelle dialoghino è quella che in Spagna caratterizza da tempo le dinamiche politiche nazionali e locali, con Podemos e Partito socialista che da anni studiano il modo per trovare un’alchimia che possa far convivere i due movimenti. Difficile, perché è chiaro che uno nasce da una protesta mentre l’altro da una tradizione. Ma è interessante notare che le esperienze di governo esistono e che quella che doveva essere la grande divisione culturale del nostro tempo si è in realtà modificata in un semplice cambio di passo. Da entrambe le parti. I populisti si scoprono più progressisti che anti-sistema. I progressisti si
scoprono inclini anche ad accogliere il vento del cambiamento quando questo permette di rimanere (o tornare) saldamente sulle poltrone che contano.
Una realtà che in Italia si è manifestata con il passaggio del Movimento Cinque Stelle dall’alleanza post-ideologica pura, quella con la Lega, all’asse con il Pd, che di anti-sistema non ha nulla. Ma è un cambiamento che sta lentamente coinvolgendo tutta l’Europa. Non solo nelle alleanze di governo, ma anche nelle convergenze politiche. I partiti di rottura, a sinistra, sono in fondo partiti che reclamano voce ma che non sono adatti, ancora, a soppiantare gli establishment. E per forza di cose scendono a compromessi. Perché da soli non ce la fanno o perché semplicemente non ne hanno la voglia o le capacità.
La Syriza di Alexis Tsipras si è trasformata da incendiaria di Europa a pompiere della Grecia, con l’ex premier greco che prima si presentava con il suo “no” di fronte all’Europa e poi è diventato uno dei principali “risultati” delle lusinghe di Bruxelles. Jean-Claude Juncker continua a ritenerlo un esempio perfetto della vittoria dell’Unione europea sulle forze “distruttrici”. E chissà che Ursula von der Leyen non possa dire lo stesso del Movimento 5 Stelle, autore del voto a favore della presidente della Commissione Ue e garante del prossimo esecutivo italiano. E magari potrà dire lo stesso di Podemos, che in Spagna guida la rivolta ma nello stesso rappresenta una forza radicale di sinistra con cui Sanchez vuole trovare un compromesso. soprattutto per trasformare Madrid nella capitale di scorta dell’asse franco-tedesco.
La ricomposizione, ovviamente, sta avvenendo anche a destra. Se i populisti di sinistra si rivelano progressisti, i sovranisti a destra sanno di poter contare sulla forza dei popolari e i popolari spostano il loro baricentro a destra per ricomporre la frattura. Da tempo in Europa si sono creati ponti fra centrodestra e destra per costruire un fronte comune. E questo vale dall’Europa orientale a quella centrale. Con un’unica grande differenza: i sovranisti rilanciano fortemente la loro appartenenza a destra; i populisti, a sinistra, hanno rinnegato per anni l’alleanza con i progressisti. Finché alla fine hanno dovuto scoprire il bluff della post-ideologia. Che è sinistra.
Lorenzo Vita / insideover.it