Tracollo laburista
Se i conservatori cantano vittoria, e ne hanno ben donde, i laburisti subiscono uno storico tracollo, che li ha portati ai minimi dal lontano 1935. Gran parte di questa débâcle è essenzialmente ascrivibile al suo leader, Jeremy Corbyn, che ha trascinato il partito su posizioni di una vetusta sinistra, dogmatica e massimalista - con prospettate nazionalizzazioni, confische e via discorrendo -, distante anni luce dai programmi di quel Tony Blair che una ventina di anni fa seppe, con abilità e astuzia, rivoltare come un calzino il vecchio “Labour”, conquistando la poltrona di primo ministro.
L’attuale numero uno laburista, invece, è riuscito anche a scontentare e ad allontanare una larga fetta del proprio elettorato, manifestando spesso posizioni confuse e contraddittorie sulla Brexit – infatti, la dirigenza del partito non era affatto unita né sul “leave”, né sul “remain” -, oltre ad aver assunto inquietanti atteggiamenti antisemiti che hanno spinto alcuni esponenti di spicco ad abbandonare il partito. Nella lista stilata dal Centro Simon Wiesenthal sui peggiori atti di antisemitismo e di chi li ha sostenuti o promossi nel 2018, Jeremy Corbyn si situa persino nelle poco invidiabili prime posizioni.
Malgrado i media…
Alla luce dei risultati elettorali ottenuti, una cosa è certa: Boris Johnson porterà avanti la Brexit con un rafforzato peso contrattuale nei confronti di Bruxelles e entro la fine di gennaio 2020 il distacco dovrebbe pertanto essere concretizzato.
Sono quindi definitivamente svaniti i sogni di gloria (si fa per dire) e l’arroganza di quanti ipotizzavano persino di indire un nuovo referendum sull’uscita o meno del Regno Unito dall’UE, che avrebbe rappresentato un insopportabile schiaffo all’antica democrazia britannica ed ai suoi cittadini.
È altresì evidente come l’esito delle elezioni legislative degli scorsi giorni rappresenti un chiaro segnale, anzi un’imposizione democratica, su quanto si debba fare per realizzare in tempi brevi una Brexit votata dalla maggioranza dei cittadini del Regno Unito. Tutto questo in un contesto all’interno del quale la stragrande maggioranza dei mass media ha promosso una campagna spesso denigratoria verso un premier uscente ora brillantemente riconfermato. Che Johnson sia un personaggio inusuale e a tratti guascone (assurto al ruolo di cattivo di turno per i giornalisti “mainstream”) è fuor di dubbio, ma il politico ha confermato carattere, forte determinazione e anche capacità di sintonizzarsi con i cittadini del suo paese. Altro che storie!
Certi commenti a tratti insulsi e unilaterali contro il leader conservatore, che ho letto e sentito anche alle nostre latitudini fanno allora capire con che tipo di mass media abbiamo purtroppo a che fare. I problemi sul dopo Brexit comunque non mancano, anche perché Londra dovrà patteggiare, a partire dal prossimo mese di febbraio, con Bruxelles tutta una serie di difficili accordi economici, commerciali e sociali. Su questi temi, abbiamo in Svizzera una certa esperienza, visto che di trattati bilaterali con l’UE ne abbiamo siglati parecchi e non sempre nel migliore dei modi.
Libera circolazione
Una cosa è comunque chiara: con la Brexit, cadrà la libera circolazione delle persone con l’UE e il Regno Unito metterà in atto delle misure e dei filtri selettivi per i lavoratori stranieri che intendono operare sul suo territorio. Anche per questa ragione, quanto sta avvenendo oltre Manica ci interessa particolarmente, dal momento che la Svizzera, fortunatamente non membro dell’UE, voterà proprio il prossimo anno sulla libera circolazione delle persone.
Frattanto, ancora una volta, in ambito finanziario le previsioni dell’establishment e della maggioranza della stampa sono state smentite, dato che, subito dopo le prime proiezioni (exit poll) indicanti la vittoria di Johnson, la sterlina e la borsa si sono ulteriormente rafforzate. Alla faccia di certe cassandre del pensiero unico.
Iris Canonica / MDD