Svizzera, 20 marzo 2020
Il Tribunale federale annulla l'espulsione di una donna vittima di abusi dal suocero
Il Tribunale federale (TF) ha intimato al canton Lucerna di concedere un permesso di soggiorno a una donna montenegrina vittima di maltrattamenti nella famiglia del marito con cui viveva. Secondo Mon Repos, le autorità lucernesi non hanno tenuto sufficientemente conto delle circostanze riguardo il vissuto della donna in Svizzera.
La ricorrente, nell'ottobre 2015, aveva sposato un cittadino svizzero. Due anni dopo, il marito ne chiede il divorzio, domanda che però l'uomo ritira appena due settimane più tardi. Da allora, la donna si è rifugiata in un istituto per donne in difficoltà. Nel 2018, le autorità le ritirano il permesso di soggiorno concesso a seguito del matrimonio e ne ordinano quindi il ritorno nel paese d'origine. Ritiro a cui la donna presenta ricorso, negato dalla giustizia lucernesa ma poi accolto dal Tribunale federale.
In una sentenza pubblicata giovedì, la massima istanza svizzera ha osservato che la donna si sarebbe integrata molto rapidamente, che ha imparato il tedesco e che ha trovato un impiego. Tuttavia, poiché i coniugi hanno vissuto insieme per meno di tre anni, solo circostanze personali eccezionali possono giustificare il mantenimento del permesso di soggiorno.
In questo caso, come
detto, i tribunali lucernesi hanno respinto l'esistenza di un caso di rigore. La ricorrente aveva sostenuto di essere stata vittima di violenze sessuali da parte del suo suocero: i coniugi vivevano infatti in un appartamento situato in un edificio di proprietà dei suoceri. La donna si era quindi lamentata con il marito, che avrebbe fatto cessare le violenze del padre. Ma in seguito fu il marito stesso a far subire "situazioni umilianti e insulti" verso la donna.
Le autorità lucernesi, nel motivare il loro rifiuto a concedere il permesso di soggiorno, avevano ritenuto che la ricorrente avrebbe dovuto presentare una denuncia a seguito di queste violenze. Inoltre, non avevano considerato come rilevanti delle lettere del direttore dell'istituto in cui la donna alloggiava e di un suo insegnante di lingue, lettere che raccomandavano di accogliere la domanda della ricorrente.
I giudici di Mon Repos, invece, hanno ritenuto le affermazioni della donna come credibili e hanno concluso, in sostanza, che le autorità lucernesi "avevano insopportabilmente negato l'esistenza di maltrattamenti sistematici a lungo termine". E hanno pertanto ordinato di rilasciare un permesso di soggiorno alla donna per "motivi personali".