Quello svizzero è il popolo più gentile del mondo, plurilingue, abituato ai rapporti con culture e confessioni, campione mondiale del compromesso, camaleonte della buona volontà. Esso produce brillanti albergatori, fiduciari, negoziatori, arbitri e mediatori. Senza difficoltà, questi possono far propri gli interessi degli altri. Il problema comincia quando gli Svizzeri devono difendere i propri interessi nei confronti degli altri.
La storia dei rapporti fra la Svizzera e l’Unione europea è perciò una storia di malintesi. È la storia di un matrimonio che non ha mai avuto luogo, nonostante entrambe le parti vi riponessero grandi speranze. L’UE credeva di potersi fidare delle rassicurazioni dei negoziatori federali, secondo cui la Svizzera si sarebbe avvicinata «bilateralmente» per poi un giorno aderire realmente. La Svizzera credeva di poter temporeggiare in eterno con i suoi assoggettamenti, prese in giro e arrendevolezze.
Una sorta di matrimonio coatto
Il risultato temporaneo di questa strana, disonesta e curiosamente insoddisfatta relazione a due, è l’accordo-quadro istituzionale . L’UE lo vuole assolutamente. È delusa, perché si sente respinta e sfruttata dal Consiglio federale. Dal suo punto di vista, gli svizzeri si sono creati false speranze pensando di trarne dei vantaggi. Con l’accordo
quadro, le tanto attese nozze dovrebbero finalmente avere luogo, come una specie di matrimonio coatto nel quale l’UE comanda dalla A alla Z.
È probabilmente il peggiore trattato che un governo svizzero abbia mai preso in considerazione di sottoscrivere. Con la sua adozione, la Svizzera dovrebbe effettuare dei pagamenti annuali a Bruxelles, riprendere il diritto UE e assoggettarsi a giudici europei. 500 milioni di cittadini UE otterrebbero una residenza facilitata e l’accesso alle istituzioni sociali svizzere. Con il divieto di «aiuti statali» verrebbe abrogata la sovranità fiscale dei cantoni e le banche cantonali perderebbero, con la garanzia dello Stato, anche le loro possibilità di sopravvivenza.
Qualunque altro governo avrebbe respinto tale accordo con indignazione. Il Consiglio federale non l’ha fatto. Perché? Per alcuni, l’accordo istituzionale è un primo passo verso l’agognata adesione. Altri hanno perso la forza di resistere. Ma, soprattutto, il Consiglio federale ha la coscienza sporca. La sua disponibilità ad accettare il miserabile risultato dei negoziati deriva dal fatto che può capire la rabbia dell’UE, perché l’ha causata lui stesso con la sua politica disonesta.
Bisogna capire questa psicologia dell’accordo quadro, per comprendere l’atteggiamento stranamente difensivo