Svizzera, 18 febbraio 2021

Per oltre 15 anni clandestino in Svizzera (ma pagato dall'assistenza)

Per oltre 15 anni è rimasto in Svizzera illegalmente e sotto falsa identità. Durante questo lungo periodo si è mantenuto grazie all’assistenza pubblica e ad alcuni lavoretti in nero. Ma ora dovrà finalmente tornare a casa sua.

Protagonista di questa vicenda – narrata in una sentenza odierna del TAF – è un cittadino ucraino classe 1982 giunto in Svizzera come richiedente l’asilo nel settembre 2002. Allora il giovane, giunto in Svizzera da solo, si presentò con una falsa identità e come minorenne.

Scoperto l’inganno, già un paio di settimane dopo le autorità migratorie respinsero la sua domanda d’asilo e ne ordinarono l’immediato allontanamento della Svizzera. Tuttavia egli si rifiutò di collaborare con le autorità e, nonostante diversi tentativi, il suo rinvio non venne mai eseguito.

Il giovane si diede alla clandestinità, ricomparendo solo nel 2018. Allora egli chiese alle autorità del canton Ginevra, dove risiedeva, di regolarizzare la sua situazione. Esse acconsentirono ma la Segreteria di Stato della migrazione (SEM) fu di diverso avviso e, nel 2019, si rifiutò di approvare il rilascio di un permesso di soggiorno a favore del cittadino ucraino.

A detta della SEM, l’uomo non poteva considerarsi integrato. A suo sfavore giocava il fatto di aver iniziato a lavorare solo nel 2018,
a tempo parziale, dopo oltre quindici anni trascorsi a carico dell’assistenza pubblica. Inoltre la SEM ricordava che egli aveva tentato di ingannare le autorità presentandosi sotto falsa identità e che in seguito era stato più volte condannato penalmente, seppur per reati di lieve entità.

Tramite l’avvocato François Miéville, l’uomo ha ricorso al TAF, sostenendo di aver creato durante la sua permanenza in Svizzera dei “legami sociali importanti”. In questo senso ha prodotto una decina di lettere di persone attestanti la sua buona integrazione. Inoltre ha cercato di giustificare la sua lunga dipendenza dall’assistenza pubblica con l’impossibilità di lavorare in quanto privo di permesso.

Ma anche i giudici del TAF hanno rimarcato che l’uomo avrebbe dovuto tornare in Ucraina già nel 2002. È rimasto tanti anni in Svizzera ma illegalmente, pertanto non può avvalersi del diritto di restare. Inoltre non è sposato e non ha figli, quindi non ci sono motivi familiari che possano ostacolare un suo ritorno in Ucraina, dove per altro si è formato ed ha vissuto fino all’età di 20 anni.

Per questi motivi il ricorso è stato respinto. Al cittadino ucraino non verrà rilasciato alcun permesso di soggiorno. Resta però da vedere se farà effettivamente ritorno in Ucraina.

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