Oltre all'emergenza Covid-19, in Ticino permane l'emergenza occupazionale, già presente prima della pandemia ma che rischierà di essere ancora più "violenta" e mietere più "vittime" nel periodo post pandemico.
L'ufficio federale di statistica dopo aver pubblicato una perdita di 10 mila posti di lavoro in Ticino (su 23 mila a livello federale) ha corretto i dati a “soli” 4 mila posti di lavoro su 17 mila impieghi persi su scala nazionale, ovvero il 23.5% dei posti di lavoro persi complessivamente, nonostante il Ticino abbia più o meno il 4% della popolazione della Svizzera!
Detto altrimenti, ben un posto di lavoro su quattro è stato perso in Ticino.
Non solo. A preoccupare nel nostro Cantone è soprattutto il terziario. Infatti, dei 3500 impieghi persi a livello nazionale nel terziario, il nostro Cantone ne ha persi ben 3100, la stragrande maggioranza!
Questi dati dimostrano che, nel nostro Cantone più che altrove, c'è un terziario che soffre e che abbiamo una vera e propria emergenza.
Come donna sensibile al tema della parità, non posso sottacere che ben 2900 posti di lavoro sono stati persi dalle donne, che oltre ad essere meno pagate, sono quindi anche le prime ad essere licenziate.
Non vi sono dati specifici per Lugano, ma è chiaro che, se la crisi economica mette in ginocchio il terziario, Lugano, che da sempre è la capitale ticinese del terziario, sta pagando il conto più alto di tutto il Cantone. A preoccupare inoltre deve essere anche il dato divulgato la scorsa settimana, che indica che il 5% (uno su 20) della popolazione luganese è in uno stato di povertà.
Ora bisogna con il rilancio occupazionale ed economico della Città. Allo stesso tempo, bisogna assolutamente frenare l'incremento costante di frontalieri. Come leghisti abbiamo sempre sostenuto
L'ufficio federale di statistica dopo aver pubblicato una perdita di 10 mila posti di lavoro in Ticino (su 23 mila a livello federale) ha corretto i dati a “soli” 4 mila posti di lavoro su 17 mila impieghi persi su scala nazionale, ovvero il 23.5% dei posti di lavoro persi complessivamente, nonostante il Ticino abbia più o meno il 4% della popolazione della Svizzera!
Detto altrimenti, ben un posto di lavoro su quattro è stato perso in Ticino.
Non solo. A preoccupare nel nostro Cantone è soprattutto il terziario. Infatti, dei 3500 impieghi persi a livello nazionale nel terziario, il nostro Cantone ne ha persi ben 3100, la stragrande maggioranza!
Questi dati dimostrano che, nel nostro Cantone più che altrove, c'è un terziario che soffre e che abbiamo una vera e propria emergenza.
Come donna sensibile al tema della parità, non posso sottacere che ben 2900 posti di lavoro sono stati persi dalle donne, che oltre ad essere meno pagate, sono quindi anche le prime ad essere licenziate.
Non vi sono dati specifici per Lugano, ma è chiaro che, se la crisi economica mette in ginocchio il terziario, Lugano, che da sempre è la capitale ticinese del terziario, sta pagando il conto più alto di tutto il Cantone. A preoccupare inoltre deve essere anche il dato divulgato la scorsa settimana, che indica che il 5% (uno su 20) della popolazione luganese è in uno stato di povertà.
Ora bisogna con il rilancio occupazionale ed economico della Città. Allo stesso tempo, bisogna assolutamente frenare l'incremento costante di frontalieri. Come leghisti abbiamo sempre sostenuto
"prima i nostri", ed è giunto il momento di attuare questa proposta politica.
Già nel mese di marzo 2020, a nome della Lega, chiedevo a livello cantonale un blocco del rilascio di nuovi permessi G proprio in vista della crisi occupazione che sarebbe stata aggrava dalla pandemia. Già allora si poneva l’accento sull’eccessiva dipendenza dalla manodopera estera e sulla pressione da sud.
In un momento storico come quello attuale, bisogna avere il coraggio di prendere delle misure incisive. Come richiesto a marzo 2020, oggi più che mai è necessario bloccare il rilascio di nuovi permessi G a livello cantonale. Per quanto riguarda invece il settore pubblico e parapubblico, è fondamentale che venga applicata in maniera rigorosa la preferenza indigena sia a livello cantonale che comunale. Qualora non si riuscisse a reperire sul nostro territorio mano d'opera qualificata e fosse necessario reperire personale frontaliero, deve essere introdotto l’obbligo di trasferirsi entro 2 anni dall'assunzione. Questa imposizione andrebbe applicata oltre al settore pubblico cantonale e comunale anche al settore sanitario (finanziato dai cittadini tramite il sistema Lamal), alla SUPSI (dove il numero di frontalieri non è per nulla giustificabile) ma anche alle aziende partecipate e, più in generale, a tutti quei settori finanziati dal pubblico.
In una crisi occupazionale senza precedenti, che tocca in maniera importante il terziario, è necessario avere il coraggio di prendere decisioni forti a tutela della nostra popolazione e dei nostri cittadini. Questa pandemia ha modificato gli assetti a livello mondiale e la libera circolazione è stata ripetutamente sospesa dalle altre nazioni per tutelare la salute. Ora, si tratta di fare la stessa cosa per salvare il nostro mercato del lavoro. Una misura come questa potrebbe rilanciare il mercato del lavoro, i consumi interni e risolvere il gravoso problema dello sfitto, ma sarebbe soprattutto una misura di equità per la popolazione ticinese.
Già nel mese di marzo 2020, a nome della Lega, chiedevo a livello cantonale un blocco del rilascio di nuovi permessi G proprio in vista della crisi occupazione che sarebbe stata aggrava dalla pandemia. Già allora si poneva l’accento sull’eccessiva dipendenza dalla manodopera estera e sulla pressione da sud.
In un momento storico come quello attuale, bisogna avere il coraggio di prendere delle misure incisive. Come richiesto a marzo 2020, oggi più che mai è necessario bloccare il rilascio di nuovi permessi G a livello cantonale. Per quanto riguarda invece il settore pubblico e parapubblico, è fondamentale che venga applicata in maniera rigorosa la preferenza indigena sia a livello cantonale che comunale. Qualora non si riuscisse a reperire sul nostro territorio mano d'opera qualificata e fosse necessario reperire personale frontaliero, deve essere introdotto l’obbligo di trasferirsi entro 2 anni dall'assunzione. Questa imposizione andrebbe applicata oltre al settore pubblico cantonale e comunale anche al settore sanitario (finanziato dai cittadini tramite il sistema Lamal), alla SUPSI (dove il numero di frontalieri non è per nulla giustificabile) ma anche alle aziende partecipate e, più in generale, a tutti quei settori finanziati dal pubblico.
In una crisi occupazionale senza precedenti, che tocca in maniera importante il terziario, è necessario avere il coraggio di prendere decisioni forti a tutela della nostra popolazione e dei nostri cittadini. Questa pandemia ha modificato gli assetti a livello mondiale e la libera circolazione è stata ripetutamente sospesa dalle altre nazioni per tutelare la salute. Ora, si tratta di fare la stessa cosa per salvare il nostro mercato del lavoro. Una misura come questa potrebbe rilanciare il mercato del lavoro, i consumi interni e risolvere il gravoso problema dello sfitto, ma sarebbe soprattutto una misura di equità per la popolazione ticinese.
Sabrina Aldi
Granconsigliera per la Lega dei ticinesi
Candidata al Municipio di Lugano, lista 8 n. 4