LUGANO – Mancava il derby. Mancava giusto il derby. Quello che fino a martedì, negli ultimi anni, era stato “l’amico derby”, di colpo si è trasformato nella mazzata che rischia di far deragliare completamente il Lugano, quella che rischia di far affondare una barca che già andava alla deriva partita dopo partita. Quello che ha lasciato a bocca aperta martedì sotto le volte della Cornér Arena non è stata tanto la sconfitta (per la legge dei grandi numeri un derby il Lugano lo avrebbe dovuto perdere), quanto l’assenza totale di reazione. Con una classifica che piange, con due sconfitte pesantissime sul groppone in questo inizio di 2023, con una sfilza infinita di KO durante tutto l’arco della stagione, Arcobello e compagni dopo il pareggio di Formenton non si sono mai visti.
Sì, i bianconeri hanno anche provato a far qualcosa dalle parti di Juvonen, ma facendo solo il solletico a un Ambrì che, dati alla mano, non è che sia solidissimo quest’anno. Eppure… eppure il Lugano non ha mai dimostrato cuore, carattere, mettendo anzi in evidenza non solo la pochezza della rosa – nonostante alcuni nomi altisonanti – ma il totale appannamento mentale.
La colpa? Facile affibbiare le colpe a questo o a quello, in realtà le colpe sono di tutti. Partendo dalla società: hai voglia a millantare di quarto posto (lo scorso anno), di playoff (quest’anno) e di titolo nell’arco di 3-5 anni. La verità è che, fatta eccezione per gli anni 2016-2018, il Lugano dopo il titolo del 2006 o ha fatto i playout o non ha mai vinto una serie della post season, riuscendo anche a farsi eliminare dal Rapperswil. Troppe le parole gettate al vento, troppi i manifesti appesi nella testa e nei cuori dei tifosi che ora ne hanno abbastanza, anche perché i numeri parlano chiaro: il rischio di giocarsi i playout è altissimo. Possibile che Duca ad Ambrì riesca a piazzare colpi alla Formenton o Kubalik e invece nel Sottoceneri si dorma? Altra colpa della società è stata sempre quella di permettere ai giocatori di decidere vita, morte e miracoli degli allenatori, col risultato che un anno sì e un anno no sulle rive del Ceresio si cambia head coach. Magari dopo una scoppola tremenda, magari a Langnau…
I giocatori, appunto. Possibile che Arcobello a Berna faceva il fenomeno, guidava gli Orsi alla conquista dei titoli e qui, oltre a far cacciare McSorley, quest’anno non riesca a cavare un ragno dal buco neanche sotto la guida di Gianinazzi? Abbiamo nominato Arcobello solo perché è uno dei nomi più altisonanti, ma possiamo continuare: Alatalo. Il difensore che a Zugo faceva ammattire tutti, dov’è finito? Per non parlare di Fazzini o di quasi tutta la rosa a disposizione dell’head coach che sembra davvero essere offuscata da tutto ciò che gli sta succedendo, dimostrando così poco carattere.
L’head coach, appunto. Forse, anzi sicuramente, il meno colpevole. Catapultato dalla sera alla mattina in una realtà più grande di lui, in una piazza da sempre esigente e poco paziente, al cospetto di giocatori più maturi ed esperti e che, evidentemente, faticano non solo a comprendere ciò che Gianinazzi chiede ma anche a seguirlo. Ecco, se si vuole salvare qualcosa in questo momento, a Lugano, ci sarebbe da dire “Salvate il soldato Gianinazzi”.