Il Tour de France, d’altra parte, è sempre stata una corsa caratterizzata da scalate mozzafiato: con il gran caldo del mese di luglio, poi, gli sforzi dei corridori sono estremi. Quante volte abbiamo visto atleti boccheggianti mettere piede a terra o concludere stravolti le loro fatiche sulle strade impervie e inclinate della corsa transalpina? I duelli fra i big sui colli o le montagne più famose sono frammenti di leggenda che hanno suscitato entusiasmo e grandi emozioni nei tifosi che da sempre seguono numerosissimi le gesta degli specialisti della montagna. Nel corso degli anni, alla Grand Boucle si sono esaltati atleti come il mitico e indimenticato Charly Gaul, forse lo scalatore più forte di tutti i tempi, Federico Bahamontes e in tempi meno lontani, Lucien Van Impe, Luis Herrera, oltre a Richard Virenque, Alberto Contador e naturalmente Marco Pantani. Ripercorriamo in successione le loro spettacolari e mirabolanti imprese.
L’angelo della montagna
Il lussemburghese Charly Gaul è stato probabilmente il più forte scalatori di tutti i tempi. Dopo aver vinto il campionato nazionale di ciclocross, passò alla strada dove subito si distingue per le sue doti di cronoman ma soprattutto per le sue sparate in salita che gli valsero il soprannome di Angelo della montagna nel Tour de France del 1958, che vinse con quattro successi di tappa. Gaul, che si esaltava soprattutto con la pioggia e il vento, era“un uomo dall'aspetto fragile con una faccia triste e gambe sproporzionatamente corte”. Cosi lo descrisse uno scrittore, secondo cui aveva“un’espressione triste e timida sul viso, segnata da un'insondabile malinconia come se una divinità malvagia lo avesse costretto a una professione maledetta in mezzo a cavalieri potenti e implacabili”.Epica fu la sua vittoria (sempre nel 1958) nella cronometro in salita sul temibile Mont Ventoux. Salì dal versante Bedoin nel tempo di 1 ora 2 minuti e 9 secondi. Un record che soltanto nel 1989 verrà battuto dallo statunitense Jonathan Vaughters.
La Pulce dei Pirenei
Vicente Trueba Perez era definito la pulce dei Pirenei per il suo fisico minuto. Fu il primo vero scalatore del ciclismo post-prima guerra mondiale e fu anche il primo corridore a vincere la classifica degli scalatori del Tour de France nel 1933. Lo spagnolo era considerato una figura leggendaria. Partecipava alle gare come cicloturisa, si pagava vitto e alloggio e non aveva diritto all' assistenza tecnica e ai rifornimenti. Aveva una caratteristica: si esaltava e dominava in salita ma poi crollava in discesa. Per questo non riuscì mai a vincere una tappa. Le sue imprese in montagna però sono considerate fra i capolavori del ciclismo di quegli anni. La figura di Trueba è stata ricordata nel libro dello scrittore iberico Marcos Pereda “Una pulce di montagna”.
Lo scavalca montagne
Federico Bahamontes, il cui vero nome era Alejandro Martin Bahamontes, era figlio di un cittadino cubano ed era chiamato lo “scavalcamontagne”. Da bambino faceva il fruttivendolo per le case di Santo Domingo-Caudilla e forgiò il suo carattere alla dura scuola della vita. Ben presto diventa l’Aquila di Toledo, vincendo la classifica del miglior scalatore al Tour de France nel 1958, al suo primo anno da professionista. L’anno seguente, ingaggiato da Fausto Coppi nella sua squadra (la Tricofilina–Coppi), è il primo corridore spagnolo a vincere la Grand Boucle, grazie ad una pazzesca e leggendaria fuga sui Pirenei e alla vittoria sul Puy-de-Dôme. Ha conquistato
la maglia a pois del Tour per ben sei volte. Secondo solo a Richard Virenque.
Fiammingo atipico
Lucien Van Impe, belga nativo delle Fiandre, non ha mai avuto molto feeling con le classiche
Fiammingo atipico
Lucien Van Impe, belga nativo delle Fiandre, non ha mai avuto molto feeling con le classiche
del Nord. Malgrado fosse cresciuto ai bordi dei tortuosi e difficili percorsi in ciottolato, si concentrò infatti sui Grandi Giri, diventandone anche protagonista. In particolare al Tour de France, del quale fu primattore in diverse occasioni. Vi partecipò una quindicina di volte e nel 1976 riuscì a salire sul podio più alto a Parigi. Un vero e proprio trionfo. Agilissimo in salita, il fiammingo si esaltava soprattutto sulle grandi salite dei Pirenei. È stato vincitore per ben sei volte della maglia a pois di miglior scalatore della Grande Boucle, un primato che durerà sino agli Anni Novanta (lo batterà il francese Richard Virenque).
El Jardinerito colombiano
Lo chiamavano “el jardinerito”, Luis Herrera, perché i suoi genitori erano due giardinieri colombiani. Diventò scalatore quasi per necessità: l’unico mezzo disponibile per andare a scuola, in quel di Fusagasuga, cittadina del dipartimento di Cundinamarca, nella regione andina, era proprio la bicicletta. Herrera (detto anche Lucho) esaltò le sue doti di grimpeur nelle temibili salite della Vuelta spagnola ma anche del Tour. Memorabile la sua vittoria nel 1984 all’Alpe d’Huez, quando nel finale staccò senza ritegno e pudore un certo Bernard Hinault. Tre anni dopo dominò e vinse il Giro di Spagna con tutta una serie di attacchi inattesi in salita, attacchi quasi senza senso, che però alla fine andarono a lieto fine. Herrera non aveva strategie né tatticismi da esibire: quando sentiva che era il momento di partire, scattava. Folle e istintivo nello sport, molto timido e riservato nella vita. In Colombia lo ricordano come il Condor delle Ande.
Controverso e popolare
Richard Virenque ancora oggi è il corridore ad aver vinto il maggior numero di maglie a pois del Tour (ben sette). Molto popolare in Francia, era uno scalatore fra i più tenaci e costanti: spesso e volentieri scattava da lontano e per gli avversari era difficile fermarlo. Nelle tappe alpine si esaltava per quello spirito garibaldino e guascone che piaceva alla gente. La sua carriera è stata però macchiata dallo scandalo Festina, uno dei più clamorosi casi di doping della storia del ciclismo. Dopo aver sempre negato ogni coinvolgimento, malgrado ci fossero prove sufficienti a suo carico, finalmente qualche dopo l’esplosione dell’affaire (avvenuto nel 1998) ammise le proprie colpe.
Il pistolero iberico
Alberto Contador è stato sicuramente uno dei pià abili e spregiudicati scalatori dell’era moderna. Non a caso ha vinto i Grandi Giri. Ma la sua carriera avrebbe potuto chiudersi presto e tragicamente: nel 2004, ad un anno dal suo debutto fra i professionisti, rischiò di morire per un aneurisma cerebrale durante il Giro delle Asturie. Poi si riprese alla grande ed iniziò a vincere grazie soprattutto ai suoi dirompenti scatti in salita. Fu lui che in pratica chiuse l’era Armstrong: i due corridori correvano insieme all’Astana e lo spagnolo soffiò il ruolo di leader all’americano grazie alle sue prestazioni. È stato l’unico, insieme a Bernard Hinault, a vincere due Giri, due Tour e due Vueltas.
Il pirata romagnolo
Marco Pantani è stato per anni il simbolo del ciclismo italiano e forse lo è ancora, visto che i quotidiani della Vicina Repubblica ne esaltano ancora le doti, malgrado un finale di carriera oscurato da un caso doping oscuro e che fa ancora molto discutere. Lo sfortunato romagnolo, detto il Pirata, morì a soli 34 anni, abbandonato da tutti e in preda alla depressione. Restano comunque le sue imprese in salita e in particolare la doppietta Giro d’Italia-Tour de France del 1998. Scalatore di grande talento era capace di affrontare le dure montagne alzandosi sui pedali e staccando tutti gli avversari. Memorabili e polemici i suoi duelli con Lance Armstrong alla Grande Boucle.
JACK PRAN
El Jardinerito colombiano
Lo chiamavano “el jardinerito”, Luis Herrera, perché i suoi genitori erano due giardinieri colombiani. Diventò scalatore quasi per necessità: l’unico mezzo disponibile per andare a scuola, in quel di Fusagasuga, cittadina del dipartimento di Cundinamarca, nella regione andina, era proprio la bicicletta. Herrera (detto anche Lucho) esaltò le sue doti di grimpeur nelle temibili salite della Vuelta spagnola ma anche del Tour. Memorabile la sua vittoria nel 1984 all’Alpe d’Huez, quando nel finale staccò senza ritegno e pudore un certo Bernard Hinault. Tre anni dopo dominò e vinse il Giro di Spagna con tutta una serie di attacchi inattesi in salita, attacchi quasi senza senso, che però alla fine andarono a lieto fine. Herrera non aveva strategie né tatticismi da esibire: quando sentiva che era il momento di partire, scattava. Folle e istintivo nello sport, molto timido e riservato nella vita. In Colombia lo ricordano come il Condor delle Ande.
Controverso e popolare
Richard Virenque ancora oggi è il corridore ad aver vinto il maggior numero di maglie a pois del Tour (ben sette). Molto popolare in Francia, era uno scalatore fra i più tenaci e costanti: spesso e volentieri scattava da lontano e per gli avversari era difficile fermarlo. Nelle tappe alpine si esaltava per quello spirito garibaldino e guascone che piaceva alla gente. La sua carriera è stata però macchiata dallo scandalo Festina, uno dei più clamorosi casi di doping della storia del ciclismo. Dopo aver sempre negato ogni coinvolgimento, malgrado ci fossero prove sufficienti a suo carico, finalmente qualche dopo l’esplosione dell’affaire (avvenuto nel 1998) ammise le proprie colpe.
Il pistolero iberico
Alberto Contador è stato sicuramente uno dei pià abili e spregiudicati scalatori dell’era moderna. Non a caso ha vinto i Grandi Giri. Ma la sua carriera avrebbe potuto chiudersi presto e tragicamente: nel 2004, ad un anno dal suo debutto fra i professionisti, rischiò di morire per un aneurisma cerebrale durante il Giro delle Asturie. Poi si riprese alla grande ed iniziò a vincere grazie soprattutto ai suoi dirompenti scatti in salita. Fu lui che in pratica chiuse l’era Armstrong: i due corridori correvano insieme all’Astana e lo spagnolo soffiò il ruolo di leader all’americano grazie alle sue prestazioni. È stato l’unico, insieme a Bernard Hinault, a vincere due Giri, due Tour e due Vueltas.
Il pirata romagnolo
Marco Pantani è stato per anni il simbolo del ciclismo italiano e forse lo è ancora, visto che i quotidiani della Vicina Repubblica ne esaltano ancora le doti, malgrado un finale di carriera oscurato da un caso doping oscuro e che fa ancora molto discutere. Lo sfortunato romagnolo, detto il Pirata, morì a soli 34 anni, abbandonato da tutti e in preda alla depressione. Restano comunque le sue imprese in salita e in particolare la doppietta Giro d’Italia-Tour de France del 1998. Scalatore di grande talento era capace di affrontare le dure montagne alzandosi sui pedali e staccando tutti gli avversari. Memorabili e polemici i suoi duelli con Lance Armstrong alla Grande Boucle.
JACK PRAN