Sport, 14 luglio 2024

Il leggendario Beat Breu scalatore per eccellenza

Ieri la Grande Boucle è giunta al Pla d’Adet, già terra di conquista dello svizzero

Beat Breu è stato senza ombra di dubbio uno dei migliori scalatori della storia del ciclismo moderno. Durante gli anni Ottanta diede battaglia a tutti i grimpeur di razza sulle strade dei grandi giri (Giro, Tour e Vuelta), conquistando per due volte il Tour de Suisse, la sua corsa. Lui che è nato e cresciuto a San Gallo ed ha ereditato dal padre Max, ciclista degli Anni Sessanta, la passione per lo sport delle due ruote, che lo vide debuttare fra i professionisti nel 1979 con la Willora Impala. Al suo esordio, tanto per dire, vinse il campionato svizzero della Montagna. Ma fu nel 1981 che si mise in grande evidenza quando partecipò al Giro d’Italia vincendo in solitaria la ventesima tappa con partenza da San Vigilio di Marebbe e arrivo alle Tre Cime di Lavaredo, per l'occasione Cima Coppi. Qualche settimana dopo, partecipò al Tour de Suisse aggiudicandosi due tappe, la classifica generale e pure la classifica di miglior scalatore. Sul finale di stagione conquistò anche la Züri-Metzege, unica classica svizzera del panorama ciclistico internazionale. L’ anno seguente la sua stella brillò di luce vivissima: per la prima volta partecipò al Tour de France vincendo due tappe prestigiose: dapprima sul Pla d’Adet , dove si è conclusa la tappa di ieri della Grande Boucle, e poi sull’Alpe d’Huez, due salite storiche della corsa francese. Furono proprio quei due grandi trionfi a farlo entrare di diritto nell’Olimpo dei piu grandi scalatori di sempre, dei quali oggi il Mattino ricorda alcuni altri protagonisti immortali. 



Nel corso degli anni, alla Grande Boucle si sono esaltati atleti come il mitico e indimenticato Charly Gaul, Federico Bahamontes e in tempi meno lontani José Luis Fuente, Beat Breu e Lucien Van Impe, Luis Herrera, oltre a Richard Virenque, Alberto Contador e naturalmente Marco Pantani. Il lussemburghese Charly Gaul è stato probabilmente il più forte grimpeur di tutti i tempi. Dopo aver vinto il campionato nazionale di ciclocross, passò alla strada dove subito si fa notare per le sue doti di cronoman ma soprattutto per le sue sparate in salita che gli valgono il soprannome di angelo della montagna nel Tour de France del 1958, che vinse con quattro successi di tappa. Charly si esaltava soprattutto con la pioggia e il vento, era “un uomo dall'aspetto fragile con una faccia triste e gambe sproporzionatamente corte”. Cosi lo descrisse uno scrittore, secondo cui aveva “un’espressione triste e timida sul viso, segnata da un'insondabile malinconia come se una divinità malvagia lo avesse costretto a una professione male detta in mezzo a cavalieri potenti e implacabili”. Epica fu la sua vittoria (sempre nel 1958), nella cronometro in salita sul temibile Mont Ventoux. Salì dal versante Bedoin nel tempo di 1 oras 2 minuti e 9 secondi. Un primato che soltanto nel 1989 verrà battuto dallo statunitense Jonathan Vaughters.


Federico Bahamontes, il cui vero nome era Alejandro Martin Bahamontes, era figlio di un cittadino cu bano ed era chiamato lo “scavalcamontagne”. Da bambino faceva il fruttivendolo per le case di Santo Domingo-Caudilla e forgiò il suo carattere alla dura scuola della vita. Ben presto diventa l’Aquila di Toledo, vincendo la classifica del miglior scalatore al Tour de France del 1958, al suo primo anno da professionista. L’anno seguente, ingaggiato da Fausto Coppi nella sua squadra è il primo ciclista spagnolo a vincere la Grand Boucle, grazie ad una pazzesca e leggendaria fuga sui Pirenei e alla vittoria sul Puy-de-Dôme. Ha conquistato la maglia a pois del Tour per ben sei volte.


Sul finire degli Anni Settanta in Europa arrivano i corridori colombiani. Sono bravissimi in salita ma peccano di tatticismo e corrono in modo ingenuo. Luis Herrera, detto El jardinerito (i genitori erano giardinieri) diventa scalatore quasi per necessità: l’unico mezzo disponibile per andare a scuola, in quel di Fusagasuga, cittadina del dipartimento di Cundinamarca, nella regione andina, era proprio la bicicletta. Herrera (detto anche Lucho) esaltò le sue doti di uomo delle temibili salite della Vuelta spagnola ma anche al Tour. Memorabile la sua vittoria nel 1984 all’Alpe d Huez, quando nel finale staccò senza ritegno e pudore un certo Bernard Hinault. Tre anni dopo domina e vince il Giro di Spagna con tutta una serie di attacchi inattesi in salita, attacchi quasi senza senso, che però alla fine vanno a lieto fine. Herrera non aveva strategie né tatticismi da esibire: quando sentiva che era il momento di partire, scattava e andava. Folle e istintivo nello sport, molto timido e riservato nella vita. In Colombia lo ricordano ancora come il Condor delle Ande


Il Pirata romagnolo Marco Pantani è stato per anni il simbolo del ciclismo italiano e forse lo è ancora, visto che i quotidiani della Vicina Repubblica ne esaltano ancora le doti, malgrado un finale di carriera oscurato dal doping. Lo sfortunato corridore morì a soli 34 anni, abbandonato da tutti e in preda alla depressione. Restano comunque le sue imprese in salita e in particolare la doppietta Giro d’Italia-Tour de France del 1998. Scalatore di grande talento era capace di affrontare le dure mon tagne alzandosi sui pedali e staccando tutti gli avversari. Memorabili e polemici i suoi duelli con Lance Armstrong alla Grand Boucle.

ARNO LUPI

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