A dire il vero non è stata propriamente un’azione da fantasista in contropiede. Piuttosto è stata pensata e costruita, passaggio dopo passaggio. Come in campo, per le felici occasioni da rete. Nel calcio spesso il goal decisivo per la vittoria nasce da situazioni partite da lontano. Dopo i primi incontri di avvicinamento, abbiamo cominciato a confrontarci, mettendo sempre di più sul tavolo le rispettive visioni. Fino a quando abbiamo capito che il momento era arrivato. Una costellazione chiave per una triangolazione di successo.
Qualcuno ha detto: ma chi glielo fa fare! In fondo in questo momento l’ACB non è messo benissimo. Ad ogni livello.
Non è così. Trovo grande voglia di riscatto. La città e la squadra da sempre sono legate a doppio mandante. Una relazione autentica. Unica. Fondata su di un fortissimo sentimento di appartenenza. Un’identificazione tra la comunità e la sua compagine. Una dinamica speciale. Non a caso, anche dopo la caduta, pur ripartendo da categorie minori, l’ACB ha sempre mobilitato migliaia di persone. I granata ci hanno abituato all’altalenarsi delle emozioni, dalla Super League alle leghe regionali. Questa squadra non finisce mai di stupire.
Quale è stato sino a ieri il suo rapporto col club? Si definirebbe un tifoso?
La mia fede granata è inossidabile. Un forte rapporto che mi porto dentro dalla nascita. Il Bellinzona ha sempre fatto parte della quotidianità della mia famiglia. Mio papà era un fedelissimo frequentatore dello stadio. Rigorosamente sugli spalti. Non in tribuna. E poi non è un segreto per nessuno che mio fratello Rolando sia un tifoso doc. Senza se e senza ma. Un esempio. Una bandiera, il cui sventolare, ti fa vibrare dentro. Affetti indicibili. Dinamiche emozionali che non si trovano da nessun altra parte.
Il lavoro da fare è parecchio: a partire dalla riorganizzazione societaria. Di cosa si occuperà esattamente?
Miro a ritessere una rete. A coinvolgere il pubblico e la tifoseria, attraverso un rafforzamento dei contatti. L’obiettivo è di invogliare la gente a ritrovare la via dello stadio, perché lì c’è casa. La famiglia granata. Desidero anche far toccare con mano ai giocatori che Bellinzona è una piazza speciale. Incentrata su legami che vanno oltre le mere logiche pecuniarie. Qui un abbraccio è un abbraccio. Una stretta di mano è schietta e passa per il cuore. Certo, le finanze sono importanti, però c’è anche da dare qualche cosa in più.
Sarà un presidente di facciata?
Non ho mai assunto incarichi “di facciata”. La mia è e sarà una presenza attiva e propositiva. Un mandato, in prima linea, sul fronte. Da ponte di comando. Bussola e sestante, alla mano. Con gli occhi bene aperti verso le mete. Mai perdendo di vista la rotta. Facendo sì che tutti, nessuno escluso, remino nella stessa direzione.
Avrà poteri dunque decisionali?
È una domanda sibillina…Quasi, volendo forse insinuare, una matrice economica preminente sulla figura presidenziale. Nel cinema, è il dualismo produttore-regista, entrambi realizzatori d’opera. La verità è che questa mia conduzione si incentra su dedizione, entusiasmo e passione. Un po’ come il direttore d’orchestra, cui spetta la guida del collettivo. Gli è chiesto di creare il sentimento ritmico. Ecco. Sento questo tipo di responsabilità. Verso il conseguimento della migliore armonia. Un ottimismo esecutivo, d’insieme, da spaccamontagne.
Qualcuno ha detto: ma chi glielo fa fare! In fondo in questo momento l’ACB non è messo benissimo. Ad ogni livello.
Non è così. Trovo grande voglia di riscatto. La città e la squadra da sempre sono legate a doppio mandante. Una relazione autentica. Unica. Fondata su di un fortissimo sentimento di appartenenza. Un’identificazione tra la comunità e la sua compagine. Una dinamica speciale. Non a caso, anche dopo la caduta, pur ripartendo da categorie minori, l’ACB ha sempre mobilitato migliaia di persone. I granata ci hanno abituato all’altalenarsi delle emozioni, dalla Super League alle leghe regionali. Questa squadra non finisce mai di stupire.
Quale è stato sino a ieri il suo rapporto col club? Si definirebbe un tifoso?
La mia fede granata è inossidabile. Un forte rapporto che mi porto dentro dalla nascita. Il Bellinzona ha sempre fatto parte della quotidianità della mia famiglia. Mio papà era un fedelissimo frequentatore dello stadio. Rigorosamente sugli spalti. Non in tribuna. E poi non è un segreto per nessuno che mio fratello Rolando sia un tifoso doc. Senza se e senza ma. Un esempio. Una bandiera, il cui sventolare, ti fa vibrare dentro. Affetti indicibili. Dinamiche emozionali che non si trovano da nessun altra parte.
Il lavoro da fare è parecchio: a partire dalla riorganizzazione societaria. Di cosa si occuperà esattamente?
Miro a ritessere una rete. A coinvolgere il pubblico e la tifoseria, attraverso un rafforzamento dei contatti. L’obiettivo è di invogliare la gente a ritrovare la via dello stadio, perché lì c’è casa. La famiglia granata. Desidero anche far toccare con mano ai giocatori che Bellinzona è una piazza speciale. Incentrata su legami che vanno oltre le mere logiche pecuniarie. Qui un abbraccio è un abbraccio. Una stretta di mano è schietta e passa per il cuore. Certo, le finanze sono importanti, però c’è anche da dare qualche cosa in più.
Sarà un presidente di facciata?
Non ho mai assunto incarichi “di facciata”. La mia è e sarà una presenza attiva e propositiva. Un mandato, in prima linea, sul fronte. Da ponte di comando. Bussola e sestante, alla mano. Con gli occhi bene aperti verso le mete. Mai perdendo di vista la rotta. Facendo sì che tutti, nessuno escluso, remino nella stessa direzione.
Avrà poteri dunque decisionali?
È una domanda sibillina…Quasi, volendo forse insinuare, una matrice economica preminente sulla figura presidenziale. Nel cinema, è il dualismo produttore-regista, entrambi realizzatori d’opera. La verità è che questa mia conduzione si incentra su dedizione, entusiasmo e passione. Un po’ come il direttore d’orchestra, cui spetta la guida del collettivo. Gli è chiesto di creare il sentimento ritmico. Ecco. Sento questo tipo di responsabilità. Verso il conseguimento della migliore armonia. Un ottimismo esecutivo, d’insieme, da spaccamontagne.
Il suo giudizio su Pablo Bentancur senior e sul figlio...
Papà e figlio sono un felice connubio. Sanno bene quello che vogliono. Persone determinate e competenti. L’aspetto emotivo di cui parlavo è importante, ma bisogna essere concreti: oggi come oggi, se si vuole mantenere una squadra in Challenge League, è indispensabile un supporto economico. Per sognare in grande occorrono tantissime risorse. Le proiezioni presuppongono piedi ben piantati in terra. Sono certo che la quadratura del cerchio sta nel trovare convergenze tra gli interessi più finanziari, la società e la mia anima come presidente.
C’è una piazza da riconquistare: missione difficile prima, con lei forse un po’ meno...
Non mi tiro certo indietro. A me le sfide piacciono. E questa, devo ammetterlo, è veramente intrigante… Mai mi sono sottratto agli slanci ideali. Sono fortemente motivato. La mia piena convinzione si fonda sul credere in questa piazza calcistica e nelle sue enormi potenzialità. È un lavoro corale, che, permetterà di costruire solide piattaforme e efficaci consolidamenti tra i variegati interlocutori. Le ambizioni, immediate e future, che ci stanno davanti, sono innumerevoli.
Quali sono i punti principali che secondo lei andranno sistemati?
La comunicazione e l’essere presenti. Una vicinanza vera. Non proclami, bensì fatti. La piazza ha bisogno di ascolti. Di sentirsi viva.
Questione stadio: la visione è buona ma la realtà dice che è una impresa difficilissima. Almeno per ora.
Non direi. Ci eravamo andati vicino con Bellarena nel 2009. Adesso le premesse sono ancora più convergenti. Si tratta di riprendere un discorso lasciato incompiuto. Ho perciò riformato il piccolo nucleo operativo alla base di quel progetto. La prospettiva è di attualizzarlo, per verificare, professionalmente, le diverse opzioni, per poi concentrarci sulla più realistica e puntare diritti a quel traguardo. La nuova Arena granata si avvicina!
A cosa può ambire questo Bellinzona?
La squadra ha le carte in regola per arrivare in alto. Idealmente il sogno è ritrovare l’entusiasmo della stagione della finale di Coppa Svizzera 2008 e dell’avventura europea, quando ho avuto il privilegio di seguire il Bellinzona da sindaco.
Il rapporto con i tifosi e il Club dei 100: questioni aperte.
L’assemblea di giovedì scorso 11 luglio 2024 ha chiuso un’era, segnando una rinascita. La ripartenza è stata il rinnovo “in corpore” del Club dei 100. Il neo presidente Roberto Mercoli, con l’intero comitato, fresco di nomina, sarà il fiore all’occhiello di questo storico sodalizio, attivo dal 1987, per il bene dell’ACB. Non ho dubbi che questo gruppo continuerà a essere un imprescindibile tassello per il contatto personale fra i soci, gli organi della prima squadra e l’intero popolo granata.
M.A.