Opinioni, 20 dicembre 2024

Libertà di espressione: tra il dire e il fare...

Lettera aperta al direttore de La Regione sulla libertà di espressione a senso unico

Egregio direttor Ritzer,
 
ho letto con interesse l’editoriale di ieri (mercoledì 18 dicembre) , a firma sua e di Andrea Manna, nel quale, in relazione a una faccenda ticinese che sta molto a cuore a La Regione, si tira in ballo una sentenza del luglio 2023 della Cedu in cui si sottolinea che “ la libertà di espressione costituisce uno dei fondamenti  essenziali di una società democratica” e che questa libertà “ vale non soltanto per le informazioni o le idee accolte con favore o considerate come inoffensive o indifferenti, ma anche per quelle che urtano, scioccano o inquietano”. Parole condivisibili. Peccato però che non sempre vengono rispettate da chi le invoca quando fa comodo.
 
Ormai ho perso il conto delle volte in cui miei comunicati o mie  iniziative politiche “ che urtano, scioccano o inquietano” sono stati bellamente ignorati, per non dire censurati, dal giornale da lei diretto. Una delle più recenti riguardava ad esempio la petizione rivolta al Consiglio federale lo scorso 10 settembre e intitolata “Ucraini maschi in Svizzera: rifugiati o disertori?”, la cui esistenza è stata tenuta nascosta ai lettori de La Regione, come anche la pur interessante risposta del Consiglio federale. Per non parlare poi del mio premio internazionale denominato “Swiss Stop Islamization”, che, pur essendo stato lanciato in Ticino nel 2018 da un movimento politico che è riuscito a vincere a livello cantonale e nazionale la battaglia per vietare il burqa, è stato bellamente ignorato in tutti questi anni dal suo giornale. Posso capire che voi non lo condividete, ma non posso approvare il fatto che un giornale, il cui scopo è quello di informare, nasconda una notizia considerata sgradita ai suoi lettori, che sono adulti e vaccinati e in grado di giudicare con la loro testa.


 
Ultima censura in ordine di tempo è stato il mio comunicato-articolo del 21 novembre scorso nel quale informavo la stampa ticinese sull’arresto in Algeria del grande scrittore  musulmano franco-algerino Boualem Sansal, che, guarda caso, aveva ricevuto proprio quest’anno  il premio “Swiss Stop Islamization” e, come riferivo nell’articolo citando un nostro scambio di corrispondenza, si era detto onorato di ricevere questo premio. L’articolo in questione è stato pubblicato a tutta pagina dal Mattino della domenica, da Il Paese, dal Mattinonline e pure, in versione ridottissima, dal Corriere del Ticino. Ma non dal suo giornale che si fa paladino della libertà di espressione.   Guai a dare una notizia che indirettamente porta  lustro a un premio considerato islamofobo che potrebbe “urtare, scioccare o inquietare” la sensibilità dei lettori. E guai a dar spazio all’ingiusto arresto di uno scrittore che da un quarto di secolo fa uso della libertà di espressione non per i propri interessi politici ma per denunciare con coraggio la corruzione del regime algerino e per mettere in guardia gli europei sui pericoli dell’islamizzazione.
 
Boualem Sansal è stato arrestato dal regime algerino con l’accusa di “lesione all’integrità del territorio nazionale” , per aver sostenuto nel corso di un’intervista rilasciata a un sito di informazione francese di destra  (Frontières) che una parte del Sahara occidentale algerino apparterrebbe in realtà al Marocco. Non si può incarcerare una persona solo per aver espresso una sua opinione, e tutti gli organi di informazione, gli intellettuali ed i politici che hanno a cuore la libertà di espressione dovrebbero insorgere e chiedere a viva voce la liberazione di Sansal, indipendentemente dal loro orientamento politico. Perfino il giornale italiano di centro-sinistra “La Repubblica”, nell’edizione dello scorso 18 dicembre, ha dedicato più di una pagina all’arresto di Boualem Sansal, riferendo che il mondo della letteratura francese , fra cui diversi premi Nobel, si sta mobilitando per la sua liberazione.

Ma forse alla redazione de La Regione Boualem Sansal non è simpatico perché è considerato un musulmano islamofobo di destra, perché ha vinto un premio internazionale ideato dal Guastafeste e perché mi ha scritto di condividere le mie battaglie contro l’islamizzazione. La libertà di espressione in questo caso non merita di essere difesa e l’ingiusto arresto di questo grande e coraggiosissimo intellettuale franco-algerino di 75 anni non merita di essere portato a conoscenza dei lettori de La Regione. Che marcisca in prigione!

Giorgio Ghiringhelli


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