Il Tribunale federale ha accolto il ricorso di un ex combattente dell’ISIS detenuto in Siria che chiede di poter tornare in Svizzera. Il Dipartimento federale degli affari esteri (DFAE) dovrà ora esaminare la richiesta di rimpatrio di questo trentenne cittadino svizzero. Una prima richiesta risale al settembre 2022 quando il detenuto aveva chiesto al DFAE di adottare tutte le misure a disposizione della Confederazione per consentirgli il ritorno in Svizzera. Ha giustificato la sua richiesta con il fatto che la sua vita e la sua integrità fisica erano minacciate a causa delle deplorevoli condizioni di detenzione nella città di Derik, controllata da gruppi curdi. È quanto emerge da una sentenza del Tribunale federale pubblicata venerdì.
Due mesi dopo, il DFAE ha informato il rappresentante legale del trentenne che la Svizzera non aveva sosteneva il rimpatrio di viaggiatori adulti motivati dal terrorismo. Nonostante la richiesta in tal senso, il dipartimento non ha emesso una decisione che il detenuto avrebbe potuto impugnare.
Nel dicembre 2023 l’avvocato ha presentato ricorso al Tribunale amministrativo federale (TAF). Questo non è entrato nella questione in quanto aveva ritenuto che il ricorso non fosse ammissibile poiché si tratta di una decisione relativa alla sicurezza del Paese, materia di cui è competente il Consiglio federale.
Secondo la TAF, inoltre, il ricorrente non ha diritto alla tutela consolare dato che, in linea di principio tale diritto non esiste, tranne nei casi in cui sono in pericolo la vita e l'integrità fisica di una persona. Tuttavia, il ricorrente non ha dimostrato tale pericolo.
Il Tribunale Federale ha annullato questa decisione della TAF. Innanzitutto ha osservato che la questione non è di esclusiva responsabilità del governo e che dovrebbe essere giudicata da un tribunale e aggiunge che il trentenne ha interesse a che venga emessa la decisione richiesta, date le precarie condizioni di detenzione.
Il caso ora ritorna al DFA per un nuovo riesame. Nelle sue considerazioni, il Tribunale federale spiega che il dipartimento deve tenere conto dell'attuale situazione in Siria, “che richiede, se del caso, una nuova valutazione della minaccia alla vita e all'integrità fisica invocata dal ricorrente”. Una minaccia in tal senso può, in via eccezionale, dar luogo al diritto alla tutela consolare.