Sport, 23 gennaio 2025

“Il dominio di Pogacar durerà, ahinoi, a lungo”

Il popolare giornalista Beppe Conti e l'imminente stagione del ciclismo

LUGANO - Beppe Conti, scrittore e giornalista di ciclismo fra i più affermati dei nostri tempi, ha iniziato a masticare la professione alla Gazzetta dello Sport prima di passare nel 1976 a Tuttosport, con il quale collabora tuttora (ma la sua firma la si trova anche sulla rivista mensile Bicisport). Grande esperto delle due ruote, è diventato negli anni memoria storica di questo sport del quale conosce vita e miracoli. Autore di parecchilibri (con speciale attenzione alla storica rivalità degli Anni Ottanta Moser-Saronni) è commentatore RAI per il Giro d'Italia e il Tour de France e da anni funge da opinionista della affermata trasmissione Radiocorsa. Ha vinto il premio Bruno Raschi e il premio Selezione Bancarella sport con il libroDolomiti da leggenda. 


Con lui abbiamo parlato della nuova stagione (ormai imminente) ma anche di alcune figure leggendarie del ciclismo scomparse durante le festività di Fine Anno. 


Beppe Conti: cominciamo da Rik Van Looy, che lei ha conosciuto tanti anni fa.
Un guerriero, il belga. Grande personalità, in pista come su strada. Ha vinto tutte le classiche monumento, record uguagliato solo da De Vlaeminck e Merckx. Dominatore nato, andava forte ovunque e in gruppo la sua voce si faceva sentire.


Gianpaolo Ormezzano…
Fu il mio maestro e la notizia della sua scomparsa mi ha molto addolorato. Mi volle a Tuttosport nel 1976. Io lavoravo alla Gazzetta ma nel ciclismo ero chiuso ad alcune grandi firme come Bruno Raschi o Gianni Brera. Fu amico e consigliere, Gianpaolo, appassionato di tutti gli sport, che raccontava in un modo assolutamente originale. Aveva una visione panoramica della materia come pochi altri.


Gianni Savio…
Il ciclismo dei paesi sudamericani gli deve molto. In particolare la Colombia. Era un vero talent scout e nel paese andino era molto considerato ed amato. Scoprì corridori come Egan Bernal e Nairo Quintana. In particolare il primo gli deve essere riconoscente: se ha vinto un Tour e un Giro è soprattutto grazie al manager italiano. Gianni, come me, era un grande tifoso del Torino. 


Entriamo ora in materia: parliamo della nuova stagione e del campione dei campioni, Tadej Pogacar.
Un fenomeno, su questo non possiamo avere dubbi. Secondo me può vincere i tre grandi Giri (Giro, Tour e Vuelta) in un solo anno, anche se non credo che in questo momento sia una priorità per lui. Del resto il CEO della UAE Emirates Mauro Gianetti lo ha sottolineato più volte in recenti interviste. Nel 2024 Tadej ha vinto tutto, dominando su tutti i terreni. Nel 2025 potrebbe ripetersi, anche se non sarà facile. Evenepoel e Vingegaard saranno i due rivali più pericolosi. Punterà comunque alla Milano-Sanremo, che gli è sfuggita in un paio di occasioni. La Roubaix? Non è nelle sue corde, anche se non si può mai dire… 


Il rischio è che Pogacar, vincendo tutto, diventi antipatico alla gente. 
Vero. Del resto, chi è più in là con gli anni, si ricorderà certamente che Eddy Merckx fu definito il Cannibale e i tifosi spesso lo fischiavano sulle strade…Vincere sempre non è sinonimo di grande popolarità, anzi a volte è controproducente. Detto questo lo sloveno continuerà a trionfare alla sua maniera e fermarlo non sarà facile.


Parliamo dei Mondiali. I prossimi si disputeranno in Ruanda.
Sarà una prima assoluta: il ciclismo sbarca sul continente africano. Del resto, è ormai conosciuto in tutte le parti del globo e l'UCI fa bene ad allargare i suoi confini. Sarà un campionato iridato molto difficile e complicato, viste le difficoltà del percorso che, a quanto pare, è il più duro di tutta la storia dei Mondiali.


Nota dolente: il ciclismo italiano è in crisi. Che ne pensa?
La verità è che il ciclismo è cambiato ed è praticato in tantissime nazioni. Ovvio che possano nascere nuovi campioni in paesi non esattamente tradizionali. Vedi la Slovenia con Tadej Pogacar. In Italia in questo momento non ci sono grandissimi ciclisti: l'unico è Filippo Ganna, che vince in pista e nelle cronometro ed ha margini di miglioramenti anche nelle corse di un giorno. Sono sicuro che prima o poi vincerà anche una grande classica. Per le gare a tappe, invece, non siamo messi benissimo, anche se in futuro terrei d occhio corridori come Tiberi, Pelizzari e il giovanissimo Finn, che ha talento ma che dovrà essere ben guidato. In passato tanti presunti campioni sono stati bruciati. Non ripetiamo lo stesso errore.


Parliamo del Giro 2025, che parte in Albania, che non è propriamente terra di ciclismo.
Il Giro ha ormai da anni una portata internazionale o universale che dir si voglia. L'Albania è un paese che cresce e in questo periodo anche il ciclismo comincia ad essere popolare anche nella nazione balcanica. 


Il ciclismo, malgrado i terremoti-doping, è rimasto nel cuore della gente. 
È uno sport che produce grande passione. Da sempre. Sulle strade, poi, la gente si esalta ancora al passare dei corridori. Prendiamo ad esempio il Giro delle Fiandre, la corsa più cult delle ruote leggere. Il doping, comunque, è calato, oggi i controlli sono molto severi e farla franca diventa sempre più difficile. Ricordo per altro che la pratica del doping in altri sport è ben superiore a quella del ciclismo.


Cosa fa oggi Beppe Conti?
Seguo ormai il ciclismo da 60 anni. Ne ho viste do tutti i colori e sono orgoglioso di aver vissuto in prima persona le gesta di campioni di varie generazioni. Merckx, Gimondi, Hinault, Moser, Saronni, Nibali ed oggi Pogacar ed Evenepoel. La mia passione non è mai scemata ed oggi sono in prima linea, scrivendo per Bici Sport e commentando le gare sui canali RAI, in particolare la trasmissione settimanale Radiocorsa. Sono felice per questo. 


Il giornalista piemontese ha ricordi legati anche alla Svizzera. 
Ho seguito diverse corse: Giro di Svizzera, la classica di Zurigo e il Tour de Romandie. È stata una bella occasione per conoscere anche alcuni giornalisti ticinesi, con i quali ho stretto rapporti di amicizia. Cito Ezio Guidi e Antonio Ferretti, due colleghi che ricordo con grande affetto.

MAURO ANTONINI

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