LUGANO - Per undici anni ha vestito la maglia del Lugano, vincendo quattro titoli ed ottenendo una promozione in serie A, esattamente nel 1982 quando i bianconeri erano guidati da Real Vincent. Bruno Rogger è stato senza ombra di dubbio uno dei giocatori più affidabili che il Lugano abbia mai avuto in difesa. Non usciva mai dalle righe, semplice nei movimenti ma tremendamente concreto, disciplinato. Per anni ha formato una coppia formidabile con Sandro Bertaggia. I bianconeri scoprirono questo swiss-canadien (doppio passaporto) nel 1980 e l’allora presidente Geo Mantegazza gli sottopose un contratto ma lui preferì il Wetzikon. Fu un esordio esaltante con gli zurighesi che lo fecero debuttare proprio contro i ticinesi e luì giocò alla grande, segnando due reti e fornendo un assist. Alla fine la sua squadra vinse per 6-5. Il Wetzikon, grazie al suo apporto ottenne poi altre vittorie importanti che gli permisero di mantenere il proprio posto in Lega Nazionale A. Rogger disputò cinque partite col Wetzikon e poi, quasi inevitabilmente, firmò per il Lugano che lo soffiò alla concorrenza.
Rogger ricevette ben nove offerte da altre società, ma alla fine scelse l’HCL “Soprattutto perché mi convinsero le argomentazioni del presidente Geo Mantegazza. Il Lugano puntava alla massima serie ed era disposto a fare grandi sacrifici per farlo, a quel punto compresi che l’HCL faceva sul serio”.
Con Bruno Rogger, ormai cittadino luganese a tutti gli effetti, abbiamo voluto ripercorrere alcune delle tappe più significative della sua esperienza in bianconero. Siamo andati a trovarlo nel suo bar in centro a Lugano (Time Out).
Bruno, da dove cominciamo?
Dalla scelta di andare a Lugano, anche se all’inizio non me la sentii di accettare l’offerta dei bianconeri, ma semplicemente perché non conoscevo l’hockey svizzero. Volli provare nel Wetzikon e mi accorsi che in Svizzera si giocava del buon hockey. Le reti segnate contro l’HCL furono la classica ciliegina sulla torta. Poi partì la grande avventura…
Sempre fedele alla stessa maglia…
Undici anni, sì! L’inizio fu incredibile: la piazza era entusiasta ed il sostegno dei fans davvero incredibile. Il tifo era contagioso, unico. Furono anni incredibili, partendo dalla stagione in cui ottenemmo la promozione andando a vincere a Berna. In Lega Nazionale B vedere sugli spalti 16'000 spettatori era una cosa unica al mondo. Che festa quel giorno… All’Allmend c’erano 3.500 tifosi del Lugano.
In Svizzera lei ci arrivò da centro…
Fino a 16 anni venivo impiegato in difesa poi alcuni tecnici mi dissero che, per fare carriera, sarebbe stato meglo cambiare ruolo. A Wetzikon iniziai effettivamente in avanti ma poi l’allenatore mi spostò in retrovia visto che la difesa zurighese faceva acqua da tutte le parti. Ero felice di essere un terzino, anche perché la dimensionepiù grande delle piste svizzere mi obbligava a pattinare di più ed io non sempre riuscivo a reggere il ritmo. In difesa mi trovai perfettamente a mio agio ed anche il Lugano, pur facendomi di tanto in tanto giocare in attacco, capì che quello era il mio ruolo naturale.
Parliamo del primo titolo vinto con John Slettvoll alla guida nel 1986...
Altra stagione incredibile, con un finale di partita a Davos pure da cardiopalma visto che recuperammo due volte lo svantaggio, partendo inizialmente da un 2-4. Non ci volevamo credere: Johansson fu determinante. Il ritorno in Ticino entusiasmante. Non avevo ma visto nulla di simile.
Una rimonta stimolata dal tecnico svedese...
Nel terzo tempo, quando eravamo sotto di due reti, Slettvoll ci disse che chi non credeva più nelle possibilità di rimonta poteva attaccare la maglia al chiodo e tornarsene a casa. Ebbene, al rientro sul ghiaccio il Lugano apparve letteralmente trasformato e riuscì a ribaltare una situazione che sembrava effettivamente molto difficile.
Con un Johansson, come si diceva prima, in gran spolvero...
Diciamolo subito, pur con tutto il rispetto per gli altri stranieri che hanno vestito la maglia del Lugano, Kenta è stato senza ombra di dubbio il giocatore più forte che sia mai venuto sulle rive del Ceresio. Con lui era davvero un piacere giocare. Anche io ne trassi dei benefici, quando di tanto in tanto mi spostavo in avanti lui con un incredibile colpo d’occhio sapeva sempre trovarmi e servirmi il disco con grande precisione. Era geniale, aveva un intuito unico, un eccellente senso della posizione