Mondo, 25 aprile 2019

In Arabia Saudita eseguite 37 esecuzioni di condanne a morte, uno crocifisso

Martedì in Arabia Saudita sono state eseguite 37 esecuzioni di condanne a morte, di cui almeno uno per crocifissione. Le persone uccise, sostiene il governo saudita, erano state condannate per atti legati al terrorismo: attacchi con esplosivo a strutture della sicurezza nazionale, uccisione di funzionari pubblici e cooperazione con organizzazioni nemiche del paese.

Diverse organizzazioni per la difesa dei diritti umani hanno criticato l'azione saudita sottolineando che la grande maggioranza delle persone uccise facevano parte della comunità sciita perseguitata dal regime e concentrata nella provincia orientale dell’Arabia Saudita, paese a stragrande maggioranza sunnita. Almeno un’esecuzione è stata realizzata tramite crocifissione, mentre non si hanno dettagli sulle altre, ha scritto il Wall Street Journal, anche se in questi casi è solitamente prevista la decapitazione usando
la spada. Inoltre, si sa che uno dei condannati era un uomo sciita che era stato arrestato quando aveva 16 anni ed era accusato di avere partecipato a proteste antigovernative.

Nonostante i ripetuti appelli dealle Nazioni Unite, la decisione dell'Arabia Saudita ha suscitato una forte condanna mercoledì dall'Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, Michelle Bachelet.

"Condanno fermamente queste scioccanti esecuzioni di massa in sei città in Arabia Saudita ieri,nonostante le gravi preoccupazioni sollevate su questi casi da numerosi relatori speciali delle Nazioni Unite, dal Comitato delle Nazioni Unite per i diritti dell'infanzia e da altri", ha detto Bachelet in una dichiarazione.

Dall’inizio dell’anno, in Arabia Saudita sono state eseguite 104 esecuzioni per condanne a morte. Nel 2018 il goveno saudita ne eseguì 149.

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