È un trattato sfacciato che, senza timore di venire accusato di eccessi verbali, non esito a definire di stampo coloniale.
Per questo motivo l’Accordo quadro, uno dei temi politici più caldi di questa campagna elettorale, così come lo conosciamo oggi, va respinto al mittente.
Tutto ci parla di imposizioni, non di trattative consensuali tra Berna e Bruxelles: dal recepimento “dinamico” del diritto dell’Unione europea alla clausola ghigliottina, passando per la risoluzione di eventuali controversie davanti alla Corte di giustizia europea, la direttiva sulla libera circolazione, il pieno accesso dei cittadini europei alle nostre assicurazioni sociali, la
relativizzazione del diritto elvetico cannibalizzato da quello dell’Unione europea, per finire con l’Accordo di libero scambio del 1972, assoggettato al regime dell’Accordo quadro.
Con l’Ue, dove sono le dimensioni territoriali dei singoli Paesi e la loro politica di potenza a dettare l’agenda di politica estera, va dunque trovato il giusto equilibrio per fare in modo che la Svizzera mantenga de facto, e non solo de iure, la propria sovranità. Un concetto molto preciso, che la vulgata politicamente corretta sta mettendo in discussione da troppo tempo.
Michele Moor, Cureglia
Lista 1 Candidato 4 al Consiglio Nazionale