Aveva una bella vita, Jonathan Bachini. Riverito e vezzeggiato, ben pagato e famoso, ebbe il privilegio di giocare al fianco di grandi campioni quali Del Piero, Roby Baggio, Zidane e Trezeguet. La sua era un carriera promettente ma nel 2001 fu al centro di un clamoroso caso di mercato. Il suo cartellino, che apparteneva alla Juventus, fu ceduto al Parma nella trattativa per arrivare a Gianluigi Buffon, allora portiere prodigio: 70 miliardi di vecchie lire più Bachini, valutato 35 miliardi. Poi l’anno dopo il passaggio al Brescia: in terra parmigiana non aveva lasciato il segno mentre con le rondinelle riuscì a ritagliarsi uno spazio importante. E poi c’era Baggio, all’epoca uno dei migliori giocatori al mondo. Con il Divin Codino tornò ad essere il centrocampista offensivo che tutti conoscevano: versatile, veloce ed efficace. La sua carriera era comunque decollata a Udine nel 1997, quando alla guida dei bianconeri friulani c’era Alberto Zaccheroni con il suo 4-3-3 che incantò l’Italia pedatoria. Bierhoff, Amoroso, Poggi… E un clamoroso 3-0 rifilato alla Juventus in quel di Torino. Nel suo curriculum Bachini poteva esibire anche due presenze nella Nazionale di Dino Zoff, che sarebbe giunta in finale all’Europeo del 2000. Due partite, poca roba, una delle quali contro la Svizzera in amichevole. Di lui, il portiere campione del mondo nel 1982, disse:“Era forte fisicamente e non mollava mai. Si vedeva che aveva qualità. Ma nel suo ruolo aveva la concorrenza di tanta gente brava…”. Come dire: l’esperienza azzurra di Jonathan durò poco.
Udine, Torino (versante Juventus, dove giocò al fianco anche di Antonio Conte, suo capitano), Parma e, come detto Brescia. Il grande Brescia di Gino Corioni, di Baggio, Guardiola, Hubner. E Carletto Mazzone. Un’esperienza indimenticabile. “ La migliore possibile: calcio, rispetto, umanità, il tutto in un contesto famigliare e di provincia” dirà poi Jonathan, prima di passare a fine carriera nel Siena.
Si diceva: aveva una bella vita, Jonathan Bachini. Che improvvisamente diventò un inferno a causa della droga, che allora, come testimonieranno diversi ex giocatori, circolava a dosi industriali nel mondo della pedata italica. Il centrocampista fu beccato positivo una prima volta dopo un Brescia-Lazio (2004) e una seconda dopo un Lazio-Siena
Udine, Torino (versante Juventus, dove giocò al fianco anche di Antonio Conte, suo capitano), Parma e, come detto Brescia. Il grande Brescia di Gino Corioni, di Baggio, Guardiola, Hubner. E Carletto Mazzone. Un’esperienza indimenticabile. “ La migliore possibile: calcio, rispetto, umanità, il tutto in un contesto famigliare e di provincia” dirà poi Jonathan, prima di passare a fine carriera nel Siena.
Si diceva: aveva una bella vita, Jonathan Bachini. Che improvvisamente diventò un inferno a causa della droga, che allora, come testimonieranno diversi ex giocatori, circolava a dosi industriali nel mondo della pedata italica. Il centrocampista fu beccato positivo una prima volta dopo un Brescia-Lazio (2004) e una seconda dopo un Lazio-Siena
(2005). A quel punto, vista la recidiva, la Disciplinare fu implacabile, deferendolo alla Procura anti-doping del Coni che lo squalificò a vita. Radiato, cacciato, allontanato come l’ultimo dei reprobi. Una sentenza che fece scalpore. “ Non ho mai negato di aver fatto ricorso alla cocaina ma certamente non per avere dei benefici a livello sportivo” disse Bachini durante l’inchiesta. Un bruttocolpo.“ Ho commesso una stupidaggine, lo so benissimo. Ma a chi ho fatto del male?”, si chiedeva affranto quando si vide respingere la sua domanda di grazia.
Nel 2006 la sua carriera era finita. E come succede in questi casi, venne bandito dal mondo calcistico. Ignorato, schivato. Come un appestato. Solo pochi colleghi gli rimasero vicini.
Nel 2006 la sua carriera era finita. E come succede in questi casi, venne bandito dal mondo calcistico. Ignorato, schivato. Come un appestato. Solo pochi colleghi gli rimasero vicini.
“Dentro di me crescevano la rabbia e la solitudine. C’era gente che prima mi era amica e che ora mi girava le spalle quando mi incontrava per strada. Non ho mai ucciso nessuno ho soltanto fatto del male a me stesso” disse.
Chiuso il capitolo-calcio, a pezzi anche il suo matrimonio. Ma Bachini non si diede per vinto. E da qualche anno cerca il riscatto in una ditta di Livorno che lavora per il porto. “Livorno è la mia città, la amo profondamente. Sono tornato qui per ricominciare. Ora faccio l’operaio ed ho ritrovato l’amore grazie a Sabina, una signora conosciuta sul posto di lavoro: ho voltato pagina, ho riscoperto i valori importanti della vita. Non ho mai chiesto aiuto a nessuno, anche se quando le cose per me andavano bene io cercavo di dare sempre una mano a chi era in sofferenza” dichiarò alla Gazzetta dello Sport in una bella intervista pubblicata due anni fa.
Nonostante tutto l’ex bresciano ha ancora un sogno nel cassetto. Vorrebbe fare il patentino di allenatore e guidare una squadra di giovani. Ma la federazione italiana non ci sente. Non è un buon esempio, deve starsene alla larga dai ragazzi. Dimenticandosi, la Figc, che oggi giorno circolano in TV e sui campi da gioco ex dirigenti ed ex calciatori colpevoli di reati che hanno leso fortemente l’immagini del calcio. Per corruzione, calcio scommesse e quant’altro. Basta guardare TeleGold7, dove Luciano Moggi pontifica e nessuno batte ciglio. E ci sarebbero altri esempi…
JACK PRAN