Che sberla, ragazzi! Con una sentenza clamorosa emessa all’unanimità (!) dei 5 giudici componenti la corte giudicante, il Tribunale federale (TF) ha accolto integralmente il ricorso con il quale chiedevo di rifare la votazione popolare sull’iniziativa concernente i costi della legittima difesa! Questa verrà ricordata come l’ora più buia nella storia della democrazia diretta in Ticino, perché la decisione dei giudici ha messo a nudo il maldestro tentativo del Governo ticinese di influenzare indebitamente i votanti con informazioni “non oggettive e in parte tendenziose” che potrebbero avere indotto “una parte non trascurabile di cittadini” a respingere l’iniziativa credendola contraria al diritto federale.
La notizia non mi ha sorpreso più di tanto perché, assieme al mio avvocato (Sabrina Aldi), ero forse rimasto l’unico in Ticino a credere nel successo di questo ricorso, grazie al quale quei cittadini che ora si sentono “gabbati” da quelle istituzioni in cui avevano riposto la loro fiducia, avranno la possibilità di rivotare e, questa volta, di sostenere l’iniziativa. Sono soddisfatto perché questa sentenza garantirà che in futuro il Consiglio di Stato (CdS) si guarderà bene dal diffondere informazioni fuorvianti in occasione di una votazione. Ma sono anche arrabbiato, perché il rifacimento della votazione comporterà perdite di tempo e denaro che si sarebbero potute evitare se il Governo avesse accolto a suo tempo il mio tempestivo reclamo, e che forse si potrebbero ancora evitare se il Gran Consiglio (GC) decidesse di fare marcia indietro e approvasse perlomeno il controprogetto all’iniziativa che aveva bocciato nel 2019…
Un opuscolo informativo… con informazioni “non oggettive e in parte tendenziose”
Il 9 febbraio 2020 i ticinesi bocciarono di strettissima misura (con una differenza di 426 voti su 85’232 votanti) l’iniziativa popolare intitolata "Le vittime di aggressioni non devono pagare i costi di una legittima difesa", la quale chiedeva il rimborso integrale dei costi dell’avvocato di fiducia in caso di assoluzione per un reato commesso in stato di legittima difesa. Tenuto conto di queste cifre risicate, presentai un ricorso al TF (pubblicato su www.ilguastafeste.ch il 6.3.2020) per chiedere il rifacimento della votazione, con la motivazione che l’opuscolo informativo distribuito dal Cantone assieme al materiale di voto conteneva delle affermazioni false e fuorvianti che potevano aver falsato il risultato della votazione.
In particolare, nell’opuscolo si sosteneva in modo perentorio e senza alcun fondamento che l’iniziativa violava il diritto federale e creava delle disparità di trattamento, ragion per cui il Governo e il Parlamento ne raccomandavano la bocciatura. Ma allora come mai tre anni prima il GC aveva approvato (senza alcun voto contrario!) la ricevibilità dell’iniziativa, attestando così che essa non violava il diritto federale e non creava delle inammissibili e incostituzionali disparità di trattamento?
I passaggi essenziali della sentenza
I giudici hanno ammesso che le contestate affermazioni non erano state formulate “in maniera interrogativa, dubitativa o quale ipotesi” ma erano “categoriche, assolute e tassative”, e quindi “una parte non trascurabile di cittadini poteva essere indotta a credere che, ragionevolmente, un voto favorevole all’iniziativa non avrebbe avuto un gran senso” perché, anche se fosse stata approvata, la relativa legge di applicazione non avrebbe potuto essere applicata. E dunque, secondo i giudici, i cittadini “sono stati influenzati in maniera inammissibile su punti per nulla marginali ma decisivi della votazione”. “Contrariamente all’assunto governativo che cerca di sminuirne la portata – si legge nella sentenza – l’opuscolo informativo riveste una grande importanza nell’ambito della formazione della volontà dei cittadini (…). Certo, il CdS e il Parlamento potevano raccomandare di rifiutare l’iniziativa, ma non sulla base di un’informazione non oggettiva, e in parte tendenziosa (…) in quanto non compiutamente esaminata da queste due autorità (…).”
Sempre secondo i giudici i cittadini non potevano valutare se le affermazioni perentorie contenute nell’opuscolo fossero esagerate o inveritiere, visto che nel testo “è stato loro sottaciuto che si trattava semplicemente di dubbi e perplessità e non di fatti o elementi obiettivi”. Questa informazione non era quindi “né oggettiva, né completa, né accurata e pertanto lesiva (…) del diritto di voto dei cittadini garantito