Marc Hottiger rimarrà per sempre nei cuori degli sportivi svizzeri. Fu lui, brillante terzino con “impertinenze” offensive, a mettere in ginocchio l’Italia nella celeberrima sfida del 1 maggio del 1993, sfida che - grazie agli imminenti Europei e al confronto diretto in programma il prossimo 16 giugno a Roma - torna prepotentemente a galla, come un vecchio trofeo trovato in soffitta. Gìoie tremende (in campo svizzero), allora; frustrazione e rabbia (in campo azzurro) dopo la rete decisiva del giocatore romando, che aprì le porte dei Mondiali USA alla squadra di Roy Hodgson.
Marc, che ricordi…
Ancora oggi mi vengono i brividi quando penso a quella partita. Affrontavamo lo squadrone di Arrigo Sacchi, ricco di qualità, fantasia e potenza. Noi la piccola Svizzera, loro la grande Italia. Sulla carta eravamo spacciati. Ma in pochi tennero in considerazione la nostra impresa di qualche mese prima a Cagliari, quando nello stesso torneo impattammo 2-2 contro gli Azzurri, costretti ad inseguirci sino nei secondi finali.
Quella Svizzera era in piena fase di ricostruzione.
Con Hodgson si cercava una nuova identità ed un sistema di gioco che potesse esaltare le nostre peculiarità. Il tecnico inglese riusci nel miracolo, trasformando una squadra incompiuta in un complesso solido, coerente ed efficace. Le eliminatorie per la rassegna iridata americana rivelarono al mondo calcistico una nuova Svizzera.
E quel gol agli Azzurri divenne un simbolo.
Certo. Era la conferma che la nostra nazionale non si accontentava più di essere una comprimaria o la squadra delle sconfitte onorevoli. Stava nascendo qualcosa di veramente speciale e importante. Quella rete segnata da un difensore esterno come il sottoscritto
Marc, che ricordi…
Ancora oggi mi vengono i brividi quando penso a quella partita. Affrontavamo lo squadrone di Arrigo Sacchi, ricco di qualità, fantasia e potenza. Noi la piccola Svizzera, loro la grande Italia. Sulla carta eravamo spacciati. Ma in pochi tennero in considerazione la nostra impresa di qualche mese prima a Cagliari, quando nello stesso torneo impattammo 2-2 contro gli Azzurri, costretti ad inseguirci sino nei secondi finali.
Quella Svizzera era in piena fase di ricostruzione.
Con Hodgson si cercava una nuova identità ed un sistema di gioco che potesse esaltare le nostre peculiarità. Il tecnico inglese riusci nel miracolo, trasformando una squadra incompiuta in un complesso solido, coerente ed efficace. Le eliminatorie per la rassegna iridata americana rivelarono al mondo calcistico una nuova Svizzera.
E quel gol agli Azzurri divenne un simbolo.
Certo. Era la conferma che la nostra nazionale non si accontentava più di essere una comprimaria o la squadra delle sconfitte onorevoli. Stava nascendo qualcosa di veramente speciale e importante. Quella rete segnata da un difensore esterno come il sottoscritto
fu una sorta di impresa. Mi ritrovai da solo nell'area avversaria e sul filo del fuorigioco. Tirai in porta e segnai. Loro reclamarono per la mia posizione ma in realtà ero perfettamente in regola. Sacchi si arrabbiò moltissimo e dopo la partita tirò in ballo l’episodio.
Dal passato al presente. Meglio la sua nazionale o quella attuale?
Non si possono fare paragoni. Allora si giocava un altro calcio, meno fisico e più tecnico. Oggi la Svizzera sfrutta al meglio il lavoro svolto in passato da altri tecnici e da altri giocatori, che hanno lasciato tracce indelebili. Oggi non siamo piu i figli della serva, siamo una nazionale rispettata da tutti.
Dove può arrivare la Svizzera a questi Europei?
Non nego il fatto che siamo finiti in un girone assai complicato. Gli Azzurri giocano in casa, la Turchia e il Galles sono nazionali rognose e di difficile interpretazione tattica. Il fatto poi di doverci spostare da Roma a Baku non aiuta di sicuro. Ma dalle dichiarazioni dei CT avversari, escono parole di grande rispetto per la Svizzera. Segno che ci temono. Sono comunque fiducioso e dico che anche contro gli azzurri faremo una bella partita.
Ma lo sa che lei è sempre un idolo in Ticino?
Marco Grassi, mio compagno di squadra in nazionale, una volta mi spiegò che per voi ticinesi l’Italia, dal punto di vista sportivo, è la nazionale da battere. Una rivalità antica, mai sopita. Il fatto poi che io abbia segnato contro gli azzurri quel gol che valse o quasi la qualificazione ai Mondiali USA, mi ha reso famosissimo al Sud delle Alpi. Idolo forse è esagerato ma di sicuro un beniamino. E questo mi fa molto piacere.
Dal passato al presente. Meglio la sua nazionale o quella attuale?
Non si possono fare paragoni. Allora si giocava un altro calcio, meno fisico e più tecnico. Oggi la Svizzera sfrutta al meglio il lavoro svolto in passato da altri tecnici e da altri giocatori, che hanno lasciato tracce indelebili. Oggi non siamo piu i figli della serva, siamo una nazionale rispettata da tutti.
Dove può arrivare la Svizzera a questi Europei?
Non nego il fatto che siamo finiti in un girone assai complicato. Gli Azzurri giocano in casa, la Turchia e il Galles sono nazionali rognose e di difficile interpretazione tattica. Il fatto poi di doverci spostare da Roma a Baku non aiuta di sicuro. Ma dalle dichiarazioni dei CT avversari, escono parole di grande rispetto per la Svizzera. Segno che ci temono. Sono comunque fiducioso e dico che anche contro gli azzurri faremo una bella partita.
Ma lo sa che lei è sempre un idolo in Ticino?
Marco Grassi, mio compagno di squadra in nazionale, una volta mi spiegò che per voi ticinesi l’Italia, dal punto di vista sportivo, è la nazionale da battere. Una rivalità antica, mai sopita. Il fatto poi che io abbia segnato contro gli azzurri quel gol che valse o quasi la qualificazione ai Mondiali USA, mi ha reso famosissimo al Sud delle Alpi. Idolo forse è esagerato ma di sicuro un beniamino. E questo mi fa molto piacere.
M.A.