Il 26 settembre si dovrà nuovamente votare sull’iniziativa cantonale del Guastafeste intitolata “le vittime di aggressione non devono pagare i costi di una legittima difesa” che nel febbraio del 2020 era stata bocciata di strettissima misura, con una differenza di 425 voti su oltre 85'000 votanti. La colpa di questa nuova chiamata alle urne è del Consiglio di Stato (CdS), il quale in occasione della prima votazione aveva invitato a votare contro l’iniziativa con argomenti rivelatisi poi fasulli e tendenziosi. Nell’opuscolo informativo che accompagnava il materiale di voto aveva infatti scritto in modo perentorio che l’iniziativa violava il diritto federale e che creava delle disparità di trattamento (lasciando sottintendere che tali disparità fossero lesive dell’uguaglianza giuridica sancita dalla Costituzione).
Queste contestazioni erano però in netto contrasto con la decisione presa in precedenza dal Gran Consiglio, il quale, avvalendosi anche di un dettagliato parere giuridico, aveva approvato (senza neppure un voto contrario!) la ricevibilità dell’iniziativa, attestando in tal modo che la stessa era conforme al diritto federale . L’esatto contrario, insomma, di quanto il CdS aveva cercato di far credere ai cittadini!
Il doppio errore del Governo
Nella mia veste di primo firmatario dell’iniziativa avevo immediatamente protestato contro quella scandalosa disinformazione, invitando il Governo a informare la popolazione tramite un comunicato che le asserite violazioni del diritto federale erano in realtà solo delle illazioni mai comprovate né dal Gran Consiglio né dallo stesso CdS. La risposta fu negativa e così non mi rimase altro che inoltrare un ricorso al Tribunale federale (TF) , il quale lo accolse annullando la votazione e dando una sonora bacchettata al CdS, reo di aver pubblicato delle affermazioni “non oggettive e in parte tendenziose” che “hanno influenzato in maniera inammissibile i cittadini”.
Nella sentenza i giudici tennero a sottolineare che se il CdS avesse accolto la richiesta di emettere un comunicato chiarificatore, il ricorso sarebbe stato respinto. Quindi il CdS aveva avuto la possibilità di correggere il suo primo errore e di evitare una nuova e costosa votazione, ma non aveva colto tale opportunità, perseverando così nell’errore.
Né scuse né ammissione di colpa!
Dopo una simile figuraccia ci si sarebbe potuti attendere da parte del Governo un’ammissione di colpa e magari delle scuse ai promotori dell’iniziativa e ai cittadini. E invece no. Nel comunicato inviato alla stampa il 29 aprile scorso per dare notizia della sentenza del TF, il Governo ha cercato di minimizzare le sue gravi responsabilità scrivendo che la votazione era stata annullata a causa