Sport, 21 settembre 2021

Monsieur Sébastien Reuille: l’uomo giusto al posto giusto

primo piano del direttore sportivo dei Ticino Rockets

BIASCA - Tredici anni al servizio del Lugano e spesso da protagonista. Una medaglia d`oro al collo nel 2006 al fianco degli indimenticabili Nummelin, Peltonen e Metropolit . Una stagione memorabile, l`ultima prima della cosiddetta grande nebbia che attanaglia il club bianconero. Stiamo parlando di Sébastien Reuille che dal 2017 è direttore Sportivo dei Ticino Rockets. Alla sua prima stagione aveva ancora calzato i pattini “ma solo per dare una mano alla squadra, poi mi sono interamente dedicato alla… scrivania”.


“Seb” è un elemento fondamentale dei biaschesi, una pedina alla quale il presidente Davide Mottis ha affidato la gestione della prima squadra (che, detto per inciso, non ha iniziato nel migliore dei modi questa stagione) e la valorizzazione dei giovani locali e di quelli provenienti da Ambrì, Lugano, Davos e (forse) Ginevra.


Lo abbiamo avvicinato in una delle sue rare pause di lavoro “perché ogni tanto prendo fiato pure io, visto che non sono più un giovanotto come una volta”. Reuille, che abbiamo raggiunto telefonicamente nei giorni scorsi, ci parla della sua esperienza sopracenerina con un entusiasmo incredibile: il progetto gli piace molto, stare al fianco dei numerosi ragazzi presenti in squadra lo stimola tantissimo. "Anche perché i miei compiti sono variegati: dal dialogo con squadra, staff tecnico, dirigenza, devo organizzare tutta la parte strutturale delle mie funzioni. Oltre al settore amministrativo, con la preziosa collaborazione di tutti ed in primis di Erico Pestoni", afferma il romando.


Lei è arrivato a Biasca alla seconda stagione quando la squadra era diretta da Cadieux, che aveva in precedenza ereditato il posto lasciato libero da Luca Cereda.
Dopo aver giocato per 13 anni – anche se non tutti consecutivamente – nel Lugano, ho pensato che era arrivato il momento di smettere. È vero che a Biasca ho giocato ancora delle partite, ma solo per dare una mano ai ragazzi; poi ho definitivamente attaccato i pattini al chiodo per dedicarmi ad altro.


Più difficile giocare o stare dietro ad una scrivania?
Sono due facce della medaglia completamente diverse. Comunque: il fatto di svolgere dei compiti amministrativi e di rapporti esterni quando ero a Lugano, mi hanno permesso di acquisire la giusta esperienza, che ora cerco di mettere al servizio dei Rockets. Complessivamente i miei anni di professionismo non li posso dimenticare, ma ora che sono fuori dalla pista trovo altrettanto entusiasmante organizzare tutta l’impalcatura di questa società diretta dal presidente Mottis.


Aveva in mente di fare il direttore sportivo?
Ho capito che sarei andato in questa direzione già quando, alla mia ultima stagione con il Lugano, ero operativo a Biasca. È stata una introduzione graduale e per questo motivo ho potuto comprendere subito determinate dinamiche . Ho accettato questo compito con grande gioia perché devoconsolidare una organizzazione a 360 gradi, i rapporti con i nostri partners per la creazione della squadra, la parte amministrativa, il piano ghiaccio e infine il dialogo con la Lega hockeistica svizzera, le licenze, come pure la gestione di tutto il personale dei Rockets, ossia addetti alle statistiche, il segretariato e ad altre cose che assieme compongono l’ossatura principale del Biasca.


Un ruolo di grande responsabilità.
Assolutamente, ma con il passare del tempo, come ho detto, ho potuto acquisire la necessaria esperienza per consolidare tutti questi aspetti importanti per la funzionalità della socioetà.


Tutto bello, ma se lei si ricorda, ad un certo punto i dirigenti hockeistici federali avevano deciso di dare un taglio alle “Accademy” e quindi anche i Rockets hanno rischiato di scomparire. Per fortuna è andata diversamente.
Ho temuto che questo potesse capitare, tuttavia noi tutti, abbiamo lavorato duramente per dimostrare ai vertici federali la bontà del nostro lavoro, facendo capire che diversi partner erano molto soddisfatti di lavorare con noi per la crescita dei giovani. Abbiamo a tal proposito preparato un dossier che, alla fine, ha convinto tutti, ma è stata una faticaccia. Nel fascicolo abbiamo dimostrato come negli ultimi cinque anni siamo riusciti a valorizzare almeno una cinquantina di ragazzi, molti dei quali hanno poi trovato posto in varie squadre. È un esame di maturità che abbiamo superato molto bene perché a godere dei nostri sacrifici sono stati dei giocatori che hanno potuto apprendere molto da Cereda, Cadieux ed ora dalla coppia Landry/McNamara.


Era importante che i vostri partner confermassero la loro adesione.
Sì, perché hanno capito che il nostro progetto ha delle finalità molto precise che, fino ad ora, hanno saputo dare eccellenti risultati. Ad Ambrì, Davos. Lugano, potrebbe aggiungersi anche il Ginevra. E se questo non è una dimostrazione di una grande affidabilità del nostro club...


A livello contrattuale c’è tuttavia un aspetto non indifferente.
Assolutamente. La scorsa stagione avevamo 3-4 giocatori sotto contratto, quest’anno ne abbiamo addirittura otto. In più nella precedente stagione avevamo un coach con
un accordo, quest’anno ne abbiamo due se calcoliamo anche McNamara. Ora Eric Landry e Mike McNamara sono nostri a tutti gli effetti.


Nei vostri intenti non c’è la possibilità di prendere un secondo giocatore estero dopo Beauchemin?
Dobbiamo valutare bene questa eventualità, occorre valutare l’aspetto finanziario ma anche vedere se i nostri partners sportivi potranno darci qualche loro straniero che non viene impiegato regolarmente. C’è un posto libero nei Rockets, vedremo quali passi fare successivamente.


A livello di effettivi pochi cambiamenti, questo significa continuità.
I perni centrali del nostro collettivo li abbiamo confermati, con l’aggiunta di altri giocatori che completano una rosa sicuramente interessante. Alex Leone, Nelson Chiquet e il portiere Alessandro Ongaro sono elementi da seguire. Importantissimo sarà anche Adrian Lauper che potrà fungere da “chioccia”, vista la sua già grande esperienza ad alti livelli.


Un bel mix non c’è che dire.
Credo proprio di sì, ora bisogna perfezionare certi meccanismi, ma sono fiducioso per l’immediato futuro.


Come si può inquadrare questa nuova stagione?
Non saprei cosa rispondere, per ora intendiamo andare avanti nel nostro lavoro con i giovani, se poi arriveranno anche i risultati, allora sarà tuttodiguadagnato. Cerchreremo di completare sia l’organico che la struttura tecnica e organizzativa del club. L’aspetto sportivo sarà una conseguenza dei nostri buoni propositi. Evidentemente vogliamo disputare un buon campionato, dimostrare che meritiamo una certa posizione. La scorsa stagione lo abbiamo già dimostrato staccando il biglietto per i pre-playoff.


Non le è mai balenata l’idea di rimettere i pattini e giocare qualche minuto e dare la sua esperienza ai giovani?
No, quei tempi sono finiti, ormai sono un… vecchietto, lasciamo spazio a questi ragazzi che hanno molto talento. Come detto al mio primo anno di direttore sportivo l’ho fatto, poi ho smesso. Non dobbiamo dimenticare che sono anche impegnato nel mondo immobiliare. Un lavoro che mi impegna molto.


Il suo rapporto con il presidente Davide Mottis?
Direi buono. Nei Rockets a fare la differenza è il gruppo, e il lavoro di squadra anche a livello dirigenziale.Lavoro con dirigenti validissimi, che sanno fare il loro mestiere.


Un grande problema ancora irrisolto è quello del pubblico: una media di neanche 200 spettatori a gara non è proprio il massimo.
Da una parte è vero ma abbiamo avuto una buona adesione . A prescindere dalla media spettatori alle partite, abbiamo avuto diverse persone che, per simpatia ed attaccamento al club, hanno voluto sottoscrivere l`abbonamento stagionale. Da parte nostra abbiamo cercato di allettare la gente istituendo un unico abbonamento di 190 franchi per tutto il campionato, vedremo cosa succederà. Nel weekend poi abiamo deciso di giocare alle 16.00 per permettere poi alle persone di poter seguire anche Ambrì e Lugano che iniziano alle 19.45. Inoltre stiamo anche valutando di giocare nella nuova pista di Ambrì e alla Corner Arena.


Iniziativa, quest`ultima, apprezzata in passato.
Vero e posso dirle che stiamo pensando anche di giocare a Davos. Poi abbiamo il Live Streaming, nel quale trasmettiamo le nostre partite in diretta: un punto a favore dei nostri sponsor che appaiono più volte sullo schermo.


Landry e McNamara stanno svolgendo un ottimo lavoro.
Due tecnici validissimi, sanno il fatto loro e si completano. È bello anche per me lavorare con entrambi. Ho voluto io che fossero confermati, per il bene della squadra e della società.


Per concludere, parliamo di Ambrì e Lugano. In casa leventinese ora c’è la nuova e modernissima pista, vera attrazione per il pubblico che per i giocatori.
È una grande opera che non mancherà di incentivare l’interesse per l’hockey ed attirare l’attenzione di futuri giocatori che potrebbero vestire la maglia dell’HCAP. Quest’anno la squadra appare attrezzata, può essere pericolosa per tutti, ma nei pronostici andiamoci piano perché siamo solo alle prime battute di campionato.


Il Lugano di Chris McSorley che cosa potrà fare quest’anno?
Spero che possa disputare un gran campionato, magari in 2-3 anni di agguantare il titolo svizzero. È un bel gruppo ma deve ancora carburare e poi la Champions ha un po’ affaticato i giocatori. Credo comunque che potrà fare molto bene. I favoriti per ora sono Zugo e Zurigo.


Chiudiamo con l’album dei ricordi. Le più belle… foto della sua carriera da professionista?
Direi innanzitutto il titolo con il Lugano vinto nel 2006 con una squadra a dir poco formidabile, ed il mio gol segnato a Bienne nel 2018, quello che ci ha permesso di girare la partita e soprattuto la serie. Poi l`HCL si qualificò alla finale dei playoff.

GIANNI MARCHETTI

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