Sport, 06 dicembre 2021

Il leggendario Nummelin riscalda ancora i cuori

La serata alla Cornèr Arena del più grande giocatore bianconero di sempre

LUGANO - Quando Nummy entra in sala stampa viene accolto da un applauso. Qualche vecchio cronista coglie l'occasione per un selfie; altri lo prendono subito d'assalto per l'intervista di turno. Martedì 30 novembre,alla Cornèr Arena s igioca Lugano-Ginevra ma tutti aspettano il folletto finlandese. Alla fine, le emozioni più belle le regalano proprio lui e l’attaccante nordamericano Daniel Carr, che toglie le castagne dal fuoco ad una squadra bianconera tutt'altro che convincente.


E mentre quest’ultimo stronca la resistenza di Descloux e compagni, in Curva Nord Petteri Nummelin si mette a saltare con i tifosi. Uno spettacolo: il suo ritorno sulla pista che ne ha celebrato le gesta, ha riscaldato i cuori di coloro che lo hanno ammirato nell'ultimo vero grande Lugano della storia (probabilmente il più forte di sempre) ma anche dei giovani che lo hanno conosciuto attraverso i filmati e le parole dei più vecchi, ai quali sarà certamente venuto il magone quando lo hanno rivisto in mezzo al ghiaccio buttare il disco di inizio partita. 


“Se non fosse stato per lui, me ne sarei stato a casa. Questo Lugano proprio non mi piace, non ha gioco, ad immagine di McSorley, sopravvalutato e ormai al capolinea della sua carriera”, dice stizzito un signore che frequenta la Cornèr Arena dai tempi di Elwin Friedrich. Infatti non c'è molto pubblico in pista, una costante di questa stagione: “La mancanza di risultati degli ultimi anni e il gioco proposto da Mc Sorley hanno un po’stancato alcune frange della tifoseria. Stasera sono venuto esclusivamente per vedere Nummelin”, incalza un altro tifoso di lunga data.


Ma torniamo all’ex difensore finnico, attuale vice-allenatore dello Storhamar (Norvegia): invitato dal club bianconero a trascorrere un paio di giorni in città, è andato a stringere la mano ai tifosi della curva e della tribuna principale: “Sono felice di essere qui – ha detto – in questa società e nella squadra ho vissuto i momenti più belli della mia carriera. Sono arrivato in Svizzera due giorni fa ed è stato come se non me ne fossi mai andato via. Qui ho vinto due titoli ma non solo: sono stato bene anche come persona: Non dimenticherò mai i compagni, la vita di spogliatoio e gli scherzi fra di noi. Sono le cose che mancano di più quando si smette di giocare”.


Nummelin ha chiuso la carriera nel 2019, alla venerandà età di 47anni. Adesso fa il tecnico: “Sono assistente nella compagine norvegese dello Storhamar. Un ruolo che mi rende felice. Aggiungo che giocare era decisamente più facile. Dirigere una squadra è molto complicato”.


Petteri: lei ha prolungato la carriera di giocatore il più a lungo possibile. Quando ha deciso di chiudere è stato difficile?
È stato naturale, ero già vecchio. Era il momento giusto,
oltretutto l’ultimo anno giocavo in Giappone, in un campionato di livello inferiore a quelli che aveva disputato in precedenza in Europa e in Nord America. Ho capito che dovevo smettere.


Una stagione insolita.
È stato molto carino (ride, ndr). Una bella esperienza, una nuova nazione e nuovi giocatori. Davvero un anno stimolante.


Adesso è vice allenatore nello Storhamar. E pronto per diventare head coach?
Sì penso di sì, anche se so benissimo che dovrò lavorare tantissimo. Ma per ora non ci penso. Vedremo in seguito. Non faccio programmi a lungo termine.


Lugano è rimasta nel suo cuore...
Certo! Ho sempre e solo pensieri positivi su questa mia esperienza in bianconero. Ho passato tanti anni magnifici ed è davvero bello essere tornato, anche se solo per una breve visita.


Ricorda qualche partita o qualche rete in particolare?
I due titoli vinti nel 2003 e nel 2006 sono stati fantastici.


Se nel 2006 le avessero detto che il Lugano non avrebbe più vinto un titolo per altri 15 anni ci avrebbe creduto?
No, assolutamente. Avrei pensato che ci sarebbero voluti 2-3 anni, invece ce ne stanno volendo un po’ di più. Ma succederà, il titolo ritornerà, ne sono sicuro.


Anche suo figlio gioca a hockey, come sta andando?
Sì, ha 17 anni e sta giocando in Finlandia. E’ contento e gli piace l’hockey, si allena con molta dedizione. Chissà, magari un giorno vestirà la maglia del Lugano.


È bravo come suo padre?
L’hockey è un pochettino cambiato, ma penso che sarà un buon giocatore. Ha iniziato tardi a giocare rispetto ad altri ragazzi. Io vedo tutte le sue partite e non è facile: come papà hai sempre paura che possa commettere degli errori. Ma non sono uno di quei genitori stressanti che spinge: fino a che lui è felice di giocare e si diverte sono felice anch’io.


Nella squadra in cui lavora come assistente, lo Storhamar, c’è anche Patrick Thoresen (ex Lugano e ZSC Lions), un altro che non diventa mai vecchio.
Sì, attualmente gioca nella mia squadra e posso capire se qualche allenatore si è lamentato di lui. Ogni tanto ci litigo. Ma questo rientra nella normalità. I nostri rapporti sono buoni.


Lei ha giocato la sua ultima stagione a Lugano nel 2012/2013: scese in pista solo 11 partite, realizzando 9 punti. L’ostracismo di Huras e gli infortuni gli impedirono di giocare più partite e raggiungere Andy Ton nella classifica dei top scorer HCL.
Non mi sono mai importati i primati personali. L’unica cosa che mi interessava era vincere con la squadra.

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