In vista della votazione del 13 febbraio sul pacchetto di aiuti finanziari a sostegno dei media, anche la stampa mainstream ticinese sembra essersi accorta dell’importanza del pluralismo mediatico e della libertà di opinione, auspicando un voto favorevole. Peccato che poi questa stessa stampa non sempre mette in pratica questi democratici principi…
Le censure della stampa ticinese
Un esempio? Dal 2018 il movimento del Guastafeste organizza annualmente un premio nazionale ( aperto anche ai Paesi limitrofi) , denominato “Swiss Stop Islamization Award”, e il cui scopo è quello di attribuire ogni anno un riconoscimento morale e finanziario (2'000 franchi) a tre persone o associazioni che si sono distinte per la loro coraggiosa attività di critica, di denuncia e di informazione contro la strisciante islamizzazione culturale e sociale del nostro Paese ( e dell’Europa ). Ma i media mainstream ticinesi, senza alcuna giustificazione, hanno sempre boicottato in blocco questa iniziativa: altro che pluralismo! Probabilmente ai loro occhi essa è considerata politicamente scorretta e inutilmente provocatoria, ignorando che da parte dell’OCI (l’Organizzazione della Cooperazione islamica che raggruppa 57 paesi musulmani) e delle varie correnti fondamentaliste islamiche, vi è una precisa strategia mirante a conquistare l’Europa trasformando il flusso di immigrati in “preponderanza demografica” (citazione da una delibera adottata dall’OCI nel 1974 a Lahore) : ciò che in pratica significa “colonizzazione islamica” o, se preferite, “islamizzazione”.
E allora, perché i giornalisti rifiutano di riferire su un premio destinato a far conoscere e ricompensare quei rari coraggiosi che si oppongono a questa islamizzazione che rappresenta un pericolo mortale per l’Europa? Perché continuano ad assecondare acriticamente le menzogne di chi sostiene che l’islam è una “religione di pace e di tolleranza” che non ha nulla a che vedere con il terrorismo? Per ignoranza della materia? Per paura di passare per dei razzisti? Per paura di subire ritorsioni? Oppure semplicemente perché l’80% di loro è di area rosso-verde e quindi favorevole per motivi ideologici a un’immigrazione senza limiti in provenienza prevalentemente da quei Paesi islamici che in passato erano stati colonizzati dagli europei?
Non tutti i media censurano il premio
Gli unici media che negli ultimi quattro anni in Ticino hanno puntualmente informato sull’esistenza di questo premio sono stati il Mattino della domenica, Il Paese e il Mattinonline, cioè proprio quegli organi di informazione che per un motivo o per l’altro sarebbero esclusi dagli aiuti finanziari (1 miliardo sull’arco di sette anni!) in votazione il 13 febbraio. Aiuti che in prevalenza sarebbero destinati a finanziare i media di sinistra: quelli che ci propinano tutti i giorni la propaganda rossoverde su temi come i cambiamenti climatici, le minoranze LGBT, il femminismo, la “cancel culture”, il wokismo, il colonialismo, l’immigrazione e così via.
Si può anche capire che per motivi politici e ideologici il premio “Stop Islamization” non attiri molte simpatie negli ambienti giornalistici. Ma il compito principale dei giornalisti resta pur sempre quello di informare. Perciò, e lo dico da ex-giornalista, trovo scandalosa la censura messa in atto dalla stampa ticinese. Tanto più che la stampa d’oltre Gottardo (fra cui Blick, Tages Anzeiger, Basler Zeitung, Le Matin, Zentralschweiz am Sonntag, LesObservateurs.ch ecc.) ha già dedicato ampi articoli a questa iniziativa. E allora a maggior ragione non si giustifica il silenzio in Ticino verso un premio di portata nazionale nato proprio in Ticino ad opera di quel Guastafeste che in materia di islam si è guadagnato sul campo una certa considerazione, avendo già fatto scuola a livello nazionale nella storica battaglia contro il velo integrale islamico.
Il Rapporto sull’islamofobia in Europa
Di recente il premio ha riscosso una risonanza internazionale grazie a una lunga intervista al suo promotore apparsa il 13 gennaio scorso sul sito online francese Riposte laïque ( cliccare su : Zemmour parmi les nominés du « Swiss Stop Islamization