Sport, 08 aprile 2022

Il marchio dell’infamia per il pupillo di O' Rei Pelé

La vicenda di Robinho (ex Milan), condannato per aver stuprato una ragazza albanese

Robinho ha buttato nel water una vita da star di prima grandezza. Lo aveva lanciato nientemeno che Edson Arantes do Nascimento, detto Pelé. In molti vedevano in lui il nuovo O' Rei do futebol, giornalisti entusiasti e forse ingenui lo descrivevano come una copia del grande numero 10 della Seleçao. Mal gliene incolse. Eppure il funambolico Robson De Souza aveva tutti i requisiti per andare lontano: dribbling secco, velocità di esecuzione e grande movimento. In Brasile era idolatrato quando non era ancora ventenne. Come Kakà, come Adriano, e in seguito anche Neymar. Ma come la maggior parte dei suoi coetanei e dei suoi compagni di merenda calcistica, non aveva testa o nella peggiore delle ipotesi, non conosceva la ragione.


Figlio di povera gente, aveva vissuto all’ombra di Vila Belmiro, lo stadio in cui tanti anni prima era sbocciato il suo idolo Pelé. Amatissimo dalle ragazzine per quella faccia da bambino che ancora oggi lo caratterizza nonostante i 38 anni suonati, il talento santista bramava conquiste femminili e pedatorie. E la vita gliele servì su un piatto d’argento. Purtroppo però le cose presero una brutta piega quando cominciò a guadagnare tanti soldi, tantissimi soldi, troppi per una persona che era cresciuta in una stamberga e non aveva il benché minimo senso del lavoro. Suo padre e sua madre si fecero un mazzo incredibile per farlo diventare un uomo e un calciatore; ma alla fine fu un sacrificio inutile, perché il ragazzo, dotato di grandissimo talento, perse tutto per la sua scarsa propensione ad essere un giocatore professionista e per i suoi eccessi (eufemismo) nella vita privata. 



Fu così che nel 2010, dopo esperienze non propriamente brillanti nel Real Madrid e nel Manchester City, approdò al Milan berlusconiano. Nel club rossonero sembrava potersi riscattare e il tecnico Massimiliano Allegri lo teneva d’occhio, con fare severo ma bonario. Ad inizio del 2013, due anni dopo aver vinto lo scudetto, ecco che però Robinho commette un atto tremendo: con altre cinque persone stupra una ragazza albanese di 23 anni dentro un locale di Milano, nel quale la vittima stava festeggiando il proprio genetliaco. Il predatore di Vila Belmiro, come venne poi definito dai giornalisti brasiliani, aveva colpito duramente nel fisico e nell’animo una ragazza che aveva conosciuto tempo prima in un ristorante.


La sera dello stupro di gruppo, il subdolo Robinho aveva accompagnato a casa la moglie e in seguito era tornato nel locale notturno per compiere la violenza sessuale. Per questo motivo, è stato condannato con i suoi loschi colleghi a nove anni di prigione. L’ex attaccante si è sempre dichiarato innocente ma la giuria non gli ha creduto. Nel 2009, del resto, era già finito nelle maglie della giustizia per un’altra accusa di uno stupro avvenuto a Manchester. Fu rilasciato su cauzione e prosciolto dalle accuse ma con un ammonimento. Dopo la condanna definitiva dello scorso mese di febbraio, il Ministero della giustizia italiano ha inoltrato la richiesta di estradizione e il mandato d’arresto internazionale per l'ex attaccante. Ma per fortuna di Robinho, che nel frattempo vive ancora con la moglie a Sao Paulo, la legge brasiliana non consente l’estradizione dei propri cittadini. E in più Jair Bolsonaro ha già avvisato che non firmerà nessun documento che costringa Robinho a tornare in Italia.


Una posizione che non stupisce, visto il totale disprezzo per la donna del presidente sudamericano. Disprezzo manifestato in più occasioni durante il suo mandato. Robinho ultimamente ha avuto modo di salire nuovamente alla ribalta attaccando e minacciando i giornalisti della TV di Rio de Janeiro O Globo, definendola televisione spazzatura. Solo per aver riportato la notizia della sua condanna in via definitiva.

JACK PRAN

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