Svizzera, 08 maggio 2022
Ladro complottista si fa denunciare dal suo stesso avvocato, finisce condannato al carcere e espulso
Uno scassinatore plurirecidivo attratto soprattutto da computer portatili e gioielli, era attivo in diverse località del canton Vaud tra il 2019 e il 2020. L'anno scorso, questo arabo con un passaporto francese falso e senza permesso di soggiorno in Svizzera era stato condannato dal Tribunale di Losanna a 40 mesi di carcere per furto di gruppo e professionale, danni alla proprietà, coercizione, violazione di domicilio e tentata violazione di domicilio.
Il ladro seriale non ha tuttavia accettato la sentenza, che riteneva troppo severa. Se l'è quindi presa con il suo avvocato, che credeva essere in combutta con il procuratore che stava indagando sul caso. Deciso a trovare un nuovo difensore dalla sua cella di prigione a Orbe (VD) ha allora scritto una lettera piena insulti e di minacce al suo avvocato, annunciandogli che non voleva più essere difeso da lui.
L'avvocato ha quindi finito per mettersi contro il suo stesso cliente presentando una denuncia penale. Condannato in prima istanza, Omar si è appellato al tribunale cantonale. Il tribunale cantonale ha ridotto la condanna per furto per mestiere. La partecipazione di Omar in un caso di furto non poteva essere provata. La sentenza di 40 mesi del tribunale di prima istanza è stata quindi ridotta a 30 mesi. Ma la Corte ha ritenuto che la
lettera inviata all'avvocato fosse "chiaramente una minaccia seria". Secondo la Corte, le minacce dell'uomo hanno avuto un effetto, poiché l'avvocato aveva chiesto di essere sollevato dal suo mandato di difensore pubblico. Questa è una prova di coercizione da parte del detenuto.
L'imputato ha quindi presentato un ultimo ricorso al Tribunale Federale (TF). I giudici federali hanno ricordato che la coercizione esiste quando, "usando violenza contro una persona o minacciandola di un danno grave, o ostacolandola in qualsiasi altro modo nella sua libertà d'azione, la si costringe a fare, a non fare o a lasciar fare un atto".
Dopo che il suo ricorso al Tribunale federale è stato respinto e ha quindi confermato la sua condanna, lo scassinatore dovrà lasciare la Svizzera alla fine della sua detenzione, in quanto i tribunali ne hanno ordinato l'espulsione a vita. Un'espulsione che però non sarà facile da applicare in quanto la vera identità del quarantenne dai molti pseudonimi rimane un mistero, così come la sua nazionalità. Meccanico di formazione ma ladro di mestiere, si dice che sia padre di tre figli in Italia e che viva in Europa da più di un quarto di secolo. Un soggiorno punteggiato da condanne in Belgio, Francia e Svizzera.