Sport, 17 giugno 2022

“Lugano, un gruppo di amici. Una rarità, nel calcio di oggi”

Faccia a faccia con l’ex bianconero Mijat Maric a poche settimane dal suo ritiro

LUGANO - A 38 anni suonati Mijat Maric guarda alla vita senza troppi patemi d’animo. Rimpianti? Qualcuno, ma del resto chi non ne ha? Oggi, dopo una lunga e onorata carriera, guarda con ottimismo al suo futuro professionale; felice, naturalmente, di poter dedicare più tempo alla sua famiglia. La decisione di ritirarsi era quasi inevitabile: gli ultimi infortuni hanno accelerato i tempi, anche se ormai tutti sapevano che il difensore centrale di origini croate avrebbe appeso le scarpe al fatidico chiodo. Dopo 22 anni di dura competizione, sempre al servizio della squadra, sempre umile, esempio di dedizione, ma anche punto di riferimento per i suoi compagni. In particolare quelli del Lugano, che per lui ultimamente hanno speso parole di elogio e grande affetto.


“Un giocatore che tutti vorrebbero in squadra,” disse qualche mese fa Jonathan Sabbatini in una intervista rilasciata al nostro giornale. Come dar torto all’ uruguaiano? Due anni fa, quando il coronavirus iniziò a colpire il mondo intero, Maric affermò che “in un periodo così triste è importante che riaffiorino quei valori che sono andati persi: una su tutti la solidarietà. Anche noi giocatori dobbiamo dare l’esempio ed essere responsabili”. Parole di una mente ed un animo sensibile: Maric del resto ha sempre mostrato grande umanità nonché un’ onesta intellettuale che non è facilmente riscontrabile nel mondo del calcio odierno. Non si è mai sottratto ad una intervista, nemmeno nei momenti più terribili. Come non ricordare a proposito il rigore sbagliato contro il Lucerna nei quarti di Coppa Svizzera del 2021 che costò caro al Lugano? O il penalty sprecato sempre con il Lucerna nella semifinale di quest’anno? Con amarezza e scuro in volto, si è presentato davanti ai microfoni e ai taccuini per spiegare e scusarsi. Senza se e senza ma. E anche quando ha appreso che non avrebbe potuto disputare la finale di Coppa contro il San Gallo, ha detto la sua senza manifestare vittimismo e senza mostrarsi affranto per la sua situazione personale. Lui che ha sempre messo il gruppo davanti al singolo. A poche settimane dal suo definitivo addio, lo abbiamo sentito per raccontare, in pillole, i momenti più belli e più brutti della sua bella carriera. Ma non solo.


AMICI: “Sono tanti i motivi che hanno condotto il Lugano alla vittoria finale di Coppa Svizzera e ad un bel piazzamento in Super League. Sicuramente ha avuto un ruolo fondamentale l’amicizia: in squadra e nel gruppo è un elemento imprescindibile. Senza questo sentimento sarebbe stato difficile ottenere dei buoni risultati. Quando sai di lavorare in un ambiente sereno, sei a metà dell opera”.


BOTTANI: “Sono contento per Mattia. È certamente uno dei migliori giocatori svizzeri del momento. La sua convocazione in Nazionale non mi sorprende. Pensavo arrivasse prima, in verità. Ha tutte le qualità per andare ai Mondiali del Qatar. Gli faccio tanti auguri. Di cuore”.


CONTE: “ Ho giocato sotto Antonio Conte prima e Vladimir Petkovic dopo. Due monumenti della storia del calcio. Con il tecnico pugliese ho imparato i primi rudimenti in quel di Bari, con l’ex CT rossocrociato ho fatto una dura gavetta nel Malcantone/Agno e nel Lugano. A lanciarmi, comunque, è stato Enrico Morinini nel Bellinzona: ero ancora ragazzino. Nel club granata giocai nella Under 15 e successivamente nella Under 17. Mi ricordo che fu proprio lui a segnalarmi al Lugano, quello del fratello Roberto e dei vari Gimenez e Rossi”. 



CROCI TORTI: “Quando è subentrato ad Abel Braga non sapevamo se sarebbe stato per lungo tempo oppure ad interim. Una scommessa, in fondo.
Ma conoscevo bene le sue qualità e perciò mi immaginavo un percorso difficile ma alla fine positivo per lui. Così è stato. Mattia ci ha condotto alla vittoria in Coppa e ad un quarto posto in campionato per certi versi clamoroso. Eravamo partiti per salvarci, nel bel mezzo di un caos societario mica da ridere. Prima Souza, poi di nuovo Renzetti e finalmente gli americani”.


BELGIO: “La mia carriera è per così dire sbocciata lì. Dapprima nell’Eupen e poi nel Lokeren. La presenza dell’Eupen nella massima serie nazionale è ancora oggi considerato un miracolo. È un po’come se il Giubiasco giocasse in Super League. Una piccola cittadina di 20 mila abitanti che si confronta con i grandi club di Bruxelles, Bruges, Anversa e Liegi. Ho giocato in Belgio una decina di stagioni, segnando fra l’altro una trentina di reti. Esperienza bellissima, resa ancor più eclatante dalle due Coppe vinte col Lokeren”.


DANIJEL: “Con Milicevic e poi con Igor Djuric siamo diventati uomini e calciatori in Belgio. In quel paese, un po' meno sotto i riflettori a livello europeo, è tutto più semplice. Un po' come in Svizzera”.


INFORTUNI: “Ne ho avuti diversi ma l’ ultimo è quello che mi ha fatto soffrire di più. Intendo moralmente. Non ho infatti potuto giocare la finale di Coppa Svizzera e ciò mi ha fatto male. Alla fine però quando ho visto capitan Sabbatini sollevare il trofeo mi sono emozionato. Era un po' come se l’avessi vinto anche il sottoscritto. Quando sei in un gruppo coeso e solidale, ti senti partecipi di qualcosa anche se non sei un protagonista”.


LUGANO: “Avevo quasi 33 anni e la mia carriera era ormai ad un bivio. Un giorno mi telefona il mio ex compagno di squadra ed ex direttore sportivo bianconero Marco Padalino e mi dice: verresti a Lugano? Decisi in fretta di tornare a casa e giocare nel club ticinese. Mi sono subito trovato bene anche, debbo dirlo, per merito del presidente Angelo Renzetti, che ha avuto il coraggio di credere in un giocatore non più giovanissimo”.


MALCANTONE/AGNO: “Che stagione, quella con Petkovic e soci. Siamo saliti in Challenge League contro ogni pronostico e con un gruppo di prima qualità. Una piccola realtà cantonale, quella malcantonese, con grandi giocatori. Ne ricordo uno in particolare: Marcelo Citran! Ci regalò la promozione con una punizione incredibile nei supplementari”.


TALENT: “ Sto discutendo proprio in questi giorni con il club bianconero per definire il mio futuro. Se non ci saranno intoppi dell’ultima ora, fungerò da talent manager. Dovrò seguire e gestire i giovani da vicino. Un ruolo che mi permetterà di lavorare al fianco del nuovo responsabile di tutto il settore Roman Hangartner, un grande acquisto per il Lugano. Non ho ancora deciso se farò il tecnico degli attivi, prima voglio maturare altre esperienze”.


TAMI: “Con Pier allenatore e con Malgioglio, Herrera, Regazzoni. Razzetti fra gli altri, a Lugano ripartimmo dalla Lega Nazionale B dopo la relegazione a tavolino per il mancato ottenimento della licenza Disputammo una grande prima fase e poi, dopo alcune giornate del torneo finale, arrivò la brutta notizia del fallimento. Fu uno dei momenti più difficili della mia carriera”.


FUTURO: “Sono fiducioso sul futuro del Lugano. La nuova proprietà sta lavorando bene. Sa il fatto suo e la società è ben strutturata. Sono convinto che le partenze di Lavanchy, Custodio e Lovric non saranno facili da colmare. Ma Da Silva sa il fatto suo e alla fine i bianconeri potranno schierare una squadra equilibrata e competitiva”.

M.A.

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