Carriera: cresciuto nella stessa squadra di Dieguito, l’Argentinos Juniors, ad inizio Anni Novanta si trasferisce in Spagna, al Tenerife. Al suo talento calcistico non si poteva restare insensibili. Poi il grande passaggio al Real Madrid, con il quale vince due campionati spagnoli, due Champions League (1998 e 2000) ed una Coppa Intercontinentale (1998). Viene eletto miglior giocatore, anche, della Champions 2000. In quello stesso anno Berlusconi si invagisce di lui e lo vuole a Milano. Il patron rossonero ama i giocatori di talento e così dopo una difficile trattativa Redondo passa al Milan per 35 miliardi di vecchie lire. Ma un serio infortunio lo tiene distante dal campo e lui chiede ed ottiene dal club milanese di non ricevere lo stipendio sino al giorno del suo rientro. Lascerà la Serie A dopo aver vinto un'altra Champions nel 2003, pur senza giocare molto.
Disputa: la cessione al Milan non è ben digerita dai tifosi madridisti. Redondo è il Real, tuonano le merengues, un coro che rimbomba ancora oggi nelle orecchie dei dirigenti di allora. Marca, il quotidiano sportivo, scrisse che la macchina di Adriano Galliani, presente al Bernabeu per chiudere la trattativa, fu presa a calci. La partenza del giocatore argentino lascia un scia di velenose polemiche: alla ripresa degli allenamenti i supporter madridisti lanciano uova contro i boss del club. La polizia è costretta ad intervenire.
Prima rinuncia: che Redondo non sia un calciatore qualsiasi lo si capisce anche dalle proteste dei suoi tifosi e dalla sua coerenza. Nel 1990 decide di terminare gli studi universitari e per questo motivo declina la chiamata di Carlos Bilardo per i Mondiali italiani, nei quali perde la chance di giocare al fianco di Diego Armando Maradona. Nel 1994 viene convocato da Alfio Basile per la rassegna iridata americana. Poi però, con il cambio di panchina, la sua carriera con la maglia della nazionale argentinaviene bruscamente interrotta, anche se non nel tutto.
Passarella: l’Argentina di Daniel Passarella è certamente una delle squadre favorite al Mondiale 1998. A dirigerla è un tecnico duro, alieno ai compromessi, duramente criticato in patria per i suoi atteggiamenti da caudillo. Già campione del mondo da giocatore nel 1978 (fu lui che da capitano ricevette la Coppa dalle mani del sanguinario dittatore Videla) costruisce una squadra a sua immagine e somiglianza. Nessuno sgarra, tutti debbono obbedire. Anche le stelle.
Clima: all’interno del gruppo non si respira un’aria propriamente salutare. Zanetti, Batistuta, Simeone, Veron e Ortega costituiscono la base della squadra, dalla quale manca il giocatore con maggior talento, Redondo appunto, che viene lasciato a casa dall'intransigente commissario tecnico. E tutto per un taglio di capelli mancato. Roba da non credere, sembra di essere tornati indietro di un secolo. Siamo in pieno oscurantismo calcistico.
Stravaganti: “Tagliati quei capelli e così potrai giocare con l’Argentina”: Daniel Passarella, tecnico dell’Albiceleste, è esplicito: nella sua nazionale non vuole calciatori con chiome stravaganti. Redondo, a cui il calcio e i Mondiali importano ma non sino al punto di dover accettare una limitazione della propria libertà personale, dice no e quindi se ne sta a casa, malgrado la sua eccelsa qualità a centrocampo avrebbe potuto regalare grandi soddisfazionie e benefici alla sua Argentina. Questa rinuncia (la seconda) suscita scalpore, soprattutto in patria dove diventa un eroe per il popolo mentre Passarella, che uscirà ai quarti di finale, finisce al pubblico ludibrio.
JACK PRAN