Magazine, 07 novembre 2022

Netflix fa luce sulla Orlandi: “Silenzio assordante del Papa”

Il fratello di Emanuela racconta i retroscena della docu-serie “Vatican girl”

LUGANO - Pietro Orlandi è il fratello di Emanuela Orlandi, la cittadina vaticana scomparsa il 22 giugno 1983, a soli 15 anni. Un caso ancora avvolto nel mistero, che oggi torna al centro del dibattito pubblico per via dell’uscita – il 20 ottobre scorso – di una docu-serie sulla piattaforma Netflix dal titolo evocativo “Vatican girl”. Lo incontriamo durante un soggiorno a Roma.


Pietro, ci siamo già sentiti molte volte. Mi hai accennato di aver ricevuto molte pressioni prima dell’uscita della docu-serie… 
Quando incontrai per la prima volta la produzione, ormai tre anni fa, nessuno sapeva niente. Era proprio Netflix che lo vietava. Ma ricevetti una chiamata da una persona interna al Vaticano che mi disse: “Pietro, ma per caso stai partecipando a un documentario sulla storia di Emanuela?”. Io negai e chiesi perché. “Perché in Vaticano gira questa voce… sono allarmarti, si vede che hanno paura di qualcosa”.


Con questa ritrovata esposizione mediatica, forse, si riuscirà a far riaprire l’inchiesta giusiziaria. Tu cosa ne pensi di questa affermazione?
Mentre in Italia vogliono mettere tutto a tacere, ora andrà in onda in tutto il mondo il caso di mia sorella. In 160 Paesi in contemporanea. E questa secondo me sarà davvero la svolta. Finché non trovo un magistrato che si vuole mettere di punta e ricominciare da capo per arrivare a capire, saremo comunque ai piedi della scala. Infatti, finora non c’è stato. Qualcuno ci ha provato, come Capaldo (ne avevamo parlato l’anno scorso su questo foglio, ndr). Che però è stato estromesso dal caso… Ci vuole qualcuno libero e indipendente. Sai quante volte mi sono sentito dire: “C'è il Vaticano di mezzo, io non mi impiccio!”? Nel mondo della politica, dei media, della magistratura, addirittura nel mondo della criminalità mi hanno ripetuto questa frase. Perché ricorda: il Vaticano fa comodo a tutti e tutti fanno comodo al Vaticano.


La vera rivelazione del documentario è quella della compagna di scuola di Emanuela, che parla per la prima volta e racconta di un prelato che si era avvicinato a lei pochi giorni prima della sua sparizione.
Questa ragazza l’avevo conosciuta quando era piccola. Anche nelle ricerca delle amicizie non me le ricordavo, poi ho ritrovato una sua cartolina. Una persona molto chiusa e timorosa. L’ho convinta perché è una cosa molto importante. Racconta che mentre stava nei giardini vaticani, nella nostra solita tranquillità, una persona molto vicino al Papa ci “aveva provato”. Con un riferimento alla sfera sessuale.


Gli inquirenti non l’hanno mai ascoltata, perché?
Probabilmente gli inquirenti hanno sempre fatto riferimento alla lista di amicizie del Vaticano o della scuola di musica. Ce ne erano talmente tante! E questa amica dei tempi delle elementari era rimasta fuori… e credo che Emanuela scelse proprio lei per fare questa confessione proprio perché non apparteneva all’ambiente vaticano. Di sicuro, Emanuela non ha mai fatto riferimento a questo episodio con la nostra famiglia. Non avrebbe mai potuto. Mio padre l’avrebbe presa per pazza! Calcola che mio nonno entrò in Vaticano nel 1920, mio padre è nato là dentro. Lì si forgia l’ambiente vaticano, che è in un certo modo. Non avrebbe mai avuto il coraggio di dirglielo.


Dunque la pista della pedofilia acquista con questi dettagli una nuova importanza…
Emanuela doveva sapere per forza chi era. Una persona vicina al Papa non poteva non conoscerla, conoscevamo veramente tutti. L’amica testimone dice di non ricordarsi il nome… forse ha paura a dirlo. Parliamo del 1983, quindi la pedofilia all’interno della Chiesa era veramente un tabù. Era tutto blindato. Anche se le cose già succedevano. Vi racconto un episodio di pochi anni fa, cinque o sei al massimo. Io incontrai un ex funzionario della gendarmeria vaticana che conoscevo molto bene. Mi disse: “Noi come gendarmeria, appena saputo della scomparsa di Emanuela, siamo andati subito con la sua foto in mano dai quei tre, quattro cardinali che sappiamo che con i ragazzini… le ragazzine…” Capisci!? Immagina, parliamo dell’83 e loro, con tutta tranquillità, sapevano benissimo qua-li era i cardinali… pedofili! Quel gendarme me l’ha detto chiaramente. Il tentativo di approccio poteva anche servire forse per portare Emanuela da un’altra parte, o per ricattare qualcuno.


Ma tu hai dei nomi in testa? Ce li puoi dire?
Beh, ci sono quei tre-quattro cardinali che c’erano dell’epoca. Ci sono persone, non ti dico di quella scena in particolare… Per esempio io sono convinto che il cardinale Giovanni Battista Re è a conoscenza di alcuni fatti. E l’essere a conoscenza, rimanendo in silenzio, non è che li allontana dalle responsabilità. Non è ancora chiaro, perché proprio Emanuela, e non un’altra qualsiasi ragazza. Di sicuro perché era una cittadina vaticana, e ce n’erano pochissime. È l’unica cittadina vaticana che sia mai stata rapita. Se te metti Emanuela in una situazione con una persona, edocumenti quella scena, hai un ricatto molto forte, no?


Dopo ben 39 anni dalla scomparsa di tua sorella non hai mai smesso di cercare la verità.
Viva o morta la ritroverò, giuro che la ritroverò. Nonostante i depistaggi, il muro di gomma del Vaticano, i tentativi da più parti di insabbiare la storia. Ho dedicato la mia vita a questa storia. Mi manca tutto di lei. Devo dire che eravamo legatissimi. Mi mancano anche le litigate, le prese in giro tra fratelli. Per me quando se ne è andata, rimane una giornata bruttissima. Faceva caldissimo, lei voleva che la accompagnassi a scuola di musica… E io quel giorno avevo un altro impegno e non la accompagnai. Mai avrei pensato di non rivederla mai più. 


Ora non abiti più in Vaticano…
Solo Emanuela risulta ancora all’anagrafe vaticana come cittadina vaticana e come vivente. Io non ho voluto fare dichiarazioni di morte presunta. Il Vaticano è un mondo diverso e a parte. I giardini vaticani erano come i nostri giardini di casa. Abbiamo avuto un’infanzia felicissima. Che poi, è come un piccolo paese. Ci abitava una decina di famiglie di dipendenti. Abbiamo fatto cose da ingenui come giocare a guardie e ladri con i gendarmi che ci correvano dietro. Varcavo quel cancello e mi sentivo a casa. Ci sembrava il luogo più sicuro al mondo. Per noi il Papa e la Chiesa erano il punto di riferimento. C’era la fiducia più totale, per anni e anni. Se un Pontefice ti dice: “Sto facendo quanto umanamente possibile”. Cosa devi fare? Non gli credi?! Solo dopo abbiamo smesso di fidarci. La mia famiglia è da generazioni credente, ma ora abbiamo perso tutti la fiducia nella Chiesa.


Ma com’è cambiata la tua quotidianità?
Io lavoravo allo Ior, la famosa banca vaticana. Assurdo, sembro il raccomandato dei raccomandati perché Giovanni Paolo II mi ha messo lì. Sei mesi dopo la scomparsa di Emanuela, io stavo veramente male, stavo iniziando a uscire di testa, e papa Wojtyla venne a casa nostra. Mi propose quel lavoro. Disse: “Vuoi diventare il banchiere del Papa?”. Avevo 24 anni. Mio padre tirò un sospiro di sollievo perché era preoccupato per il nostro futuro. L’unico che non voleva era Marcinkus. Poi qualche anno fa mi hanno pre pensionato. Pensavano di togliermi di torno, non capendo che da quel momento invece sarei stato più libero.


Un tentativo di “corruzione” per comprare il tuo silenzio?
Avevo dei dubbi solo sull’insistenza dell’arcivescovo Paul Casimir Marcinkus a non assumermi. Era lui che diceva “Ma il fratello di Emanuela… chissà cosa diranno?”. Questo è uno dei mille dubbi di questa storia… 


Il silenzio assordante del Vaticano, per ben tre pontificati. Dall’83 a oggi si sono succeduti ben tre Papi e la verità ancora non è emersa. Ci sono state differenze negli atteggiamenti di Wojtyla, Ratzinger e Francesco?
Wojtyla è quello che per primo ha fatto calare il silenzio e l’omertà su questa storia. Nonostante sia stato lui a creare il caso mediatico. Perché quando dal balcone ha ricordato Emanuela, ha parlato di “responsabili”. Io fino a quel momento avevo paura di ritrovarmi Emanuela morta dietro un qualsiasi cespuglio. Fu proprio Wojtyla a parlare di Emanuela viva. In uno dei bollettini dell’angelus dove c’è una sorta di scaletta di ciò che farà il Papa, c’era scritto: “Sequestro di persona: il Papa si rivolgerà ai famigliari”. Sono loro stessi a parlare di sequestro di persona! In effetti, l’immagine di Giovanni Paolo II ne esce davvero male da questa serie… ma meglio di come è nella realtà.

MAURO BOTTI

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