Sport, 16 dicembre 2022

“Da Cassarate a Massagno cercando sempre il meglio”

Basket: Robbi Gubitosa, allenatore della SAM che brama il titolo svizzero

MASSAGNO - Robbi Gubitosa non ha dubbi: per dare maggior brillantezza ad una vita ricca di emozioni e soddisfazioni professionali, gli manca soltanto il titolo svizzero o la conquista della Coppa Svizzera. Con la SAM Massagno, squadra che dirige da quasi un decennio, ci è andato vicino: i tentativi sono però andati a vuoto, a volte anche per sfortuna. Ora però è giunto il momento di fare il definitivo salto di qualità. “Dobbiamo sfruttare il grande lavoro svolto in questi anni” ci ha detto nei giorni scorsi durante l’intervista in cui abbiamo parlato della sua esperienza tutta luganese, da Cassarate a Massagno.


Robbi Gubitosa è nato e cresciuto a Lugano. Cestisticamente, poi, ha un’anima “cassaratese”. 
È nel quartiere di Cassarate che ho mosso i primi passi: da bambino e poi da aspirante giocatore di basket. Non ho mai lasciato il bellissimo quartiere di Lugano: ci vivo ancora oggi e non lo cambierei per nulla al mondo. In quella zona un tempo c'erano i campetti in cemento: è lì che tanti luganesi hanno appreso i rudimenti della materia. 



Poi il gran salto: a Lugano.
Si doveva fare soltanto duecento o trecento metri… Sì, mi arruolai nel Basket club Lugano, presidente Dany Stauffacher. Mi ricordo che fra i miei allenatori ci furono anche i compianti e indimenticabili Geni Campana e Angelo Ghirlanda. Gente di basket pura. Fu così che nel club bianconero feci tutta la trafila delle giovanili. Vivevo questo sport con grande trasporto. Al momento però di concretizzare ed entrare in prima squadra mi fermai….


Prego?
Avevo altre priorità e perciò saltavo gli allenamenti (ride, ndr). Non mi importava. Più tardi però mi accorsi di aver sbagliato ma per me il basket da giocatore era finito. Maturai però la vocazione del tecnico. Detto fatto nel 2006 cominciai ad allenare. Vinsi diversi titoli, soprattutto nelle categorie Under 17 e Under 20. Stavolta non mi feci distrarre: quello che avevo perso o smarrito da giocatore lo ripresi da allenatore. 


Una professione, quella di tecnico, che però non basta per avere una solidità economica. Almeno in Svizzera.
Infatti mi occupo anche di altre cose: da circa 5 anni gestisco un ristorante nel centro di Lugano e sono pure assicuratore. Attività che tuttavia non mi distolgono dalla mia vera passione e cioè la famiglia.


Ci dica.
Ho una bambina di tre anni, Greta, e una moglie splendida. Sono la mia ragione di vita. Appena posso sto con loro. Ilaria (sua moglie, ndr) è anche una grande tifosa della SAM e se dipendesse da lei ci seguirebbe anche in trasferta. Per me è un appoggio molto importante: avere al proprio fianco una persona che ti sostiene e ti motiva, anche nei momenti difficili, è fondamentale.


Una vita intensa, insomma.
Trovare i giusti equilibri non è certamente facile, soprattutto quando gli interessi sono molteplici. Un tempo facevo anche qualche scappatella a Varese o a Milano per vedere le partite del basket italiano. Adesso con la TV e i siti si possono raggiungere anche le distanze più lontane in pochi secondi. Tutto viaggia a mille all’ora e bisogna farsi trovare pronti, specialmente nel basket. 


Lei ha molti contatti professionali, soprattutto in Italia. 
Specialmente con Marco Ramondino, il tecnico del Tortona, squadra rivelazione di Serie A. Ci conosciamo da alcuni anni, da quando la SAM si reca in Valtellina nel ritiro pre-campionato e si ritrova a giocare le amichevoli proprio con la squadra piemtonese. Qualche anno fa riuscivo a seguire anche le partite di Varese e Milano, anche se la mia squadra del cuore è la Juve Caserta. Oggi ha perso lo status di un tempo ma ricordo che nel 1987 fu campione d’Italia, guidata da un grandissimo campione quale il brasiliano Oscar Schmidt, che è pure il mio idolo. Un esempio di professionalità e dedizione. Credo che ancora oggi sia lo straniero che in Italia abbia realizzato il maggior numero di punti. 


Torniamo in patria: in Svizzera il basket ha potenziale ma fatica a decollare.
Siamo indietro con le strutture e non sappiamo vendere al meglio il nostro prodotto. Nel nostro paese, poi, calcio e hockey sono meglio seguiti a livello mediatico e dunque inarrivabili. Il nostro movimento, che tecnicamente è cresciuto (basta vedere la Nazionale, ndr) ha bisogno di nuovi impulsi e soprattutto di palazzetti. Guardi la SAM. Club molto ben organizzato, squadra competitiva, progetti visionari ma, purtroppo, siamo condizionati da una struttura bella ma che non possiamo usare appieno, visto che non è di nostra proprietà. 


A proposito della SAM, che lei allena dal 2012, salvo una piccola pausa nel 2016. Possiamo dire che, pur alzando la mira delle vostre ambizioni, siete rimasti ancora con un pugno di mosche in mano?
Come ho già detto in interviste precedenti, adesso dobbbiamo raccogliere il frutto del nostro lavoro. Il momento è propizio: la squadra è buona, l’ impegno non manca, e la società ci sostiene alla grande. Vogliamo e dobbiamo lasciare un segno, vogliamo essere una delle società-guida del basket svizzero. Sono sicuro che alla fine non resteremo a mani vuote. La sconfitta della finale di Coppa Svizzera dello scorso anno e il mancato accesso alla finalissima dei playoff possono bastare: è giunto il momento di salire di grado. 


Anche perché siete la società guida del cantone. 
Il nostro obiettivo non è questo. Abbiamo altre mire. Certo: essere un punto di riferimento fa piacere a tutti, oltretutto dopo tanti anni passati ad inseguire il Lugano, che per un lungo periodo è stato il primo club ticinese. 


A proposito: come si vivono nel basket i derby?
Esattamente con nel disco su ghiaccio o nel calcio. Anche nel nostro caso con grande trasporto e passione. E perderli è decisamente fastidioso.


E aggiunge.
Questo potrebbe essere il mio ultimo anno a Massagno. Una decisione la prenderò a fine stagione. Anche se adesso sono concentratissimo, ovviamente, su questo campionato.

M.A.

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