Sport, 02 febbraio 2023

Bello, ricco e anche famoso. All’occorrenza stupratore

Aggressioni e violenza sessuale nello sport d’elite. Ne parliamo con la psicologa Elena Montorsi

LUGANO - Il recente caso del calciatore Dani Alves ha scosso nuovamente le coscienze: il brasiliano - famoso, ricco, un tempo pieno di talento calcistico - è stato arrestato perché secondo la giustizia spagnola avrebbe violentato una donna in una discoteca. Prima di lui, altri sportivi di grande livello sono finiti in prigione (e poi condannati e processati) per lo stesso tipo di reato. Come non ricordare a questo proposito la vicenda di Robinho, pure lui brasileiro, ex Santos, Real Madrid e Milan, che un tribunale italiano ha giudicato colpevole di stupro e condannato con un amico a 9 anni di carcere? La lista è lunga. Un altro auriverde, lo spocchioso Neymar, è stato accusato di aver forzato un atto sessuale con una giovane ragazza; il portoghese Cristiano Ronaldo è finito sotto inchiesta per un tentativo di stupro ai danni di una donna a Las Vegas.


E poi i francesi Ribery, Govou, Benzema, gli spagnoli Isco, Muniain e De Gea. Eccetera, eccetera. Questo problema non concerne soltanto il calcio ma anche il football americano, il disco su ghiaccio e il basket. E come se non bastasse, anche ai livelli giovanili periodicamente esplodono casi di violenze e abusi. Insomma: lo sport ha seri motivi per vergognarsi! Di tutto ciò abbiamo parlato conElena Giulia Montorsi, psicologa psicoterapeuta, psicologa dello sport sia per atleti giovani che olimpionici. Docente al Master in Psicologia dello Sport Mindroom, esercita la sua professione a Milano e Roma.


Signora Montorsi: più sportivi d'elite (soprattutto calciatori) sono coinvolti in casi di stupro o violenza su donne. Come si può spiegare questo fenomeno?
La verità è che non c’è nulla di nuovo, la violenza di genere è presente e non possiamo negarla esattamente come lo è sempre stata in passato. Ad oggi le campagne di sensibilizzazione hanno portato sempre più partner a denunciare gli abusatori e questo perché la cultura del victim blaming, per quanto estremamente presente nel tessuto sociale, si sta iniziando a incrinare, ma c’è ancora moltissimo lavoro da fare ed è grazie ad associazioni e donne che ne parlano che riusciremo sempre di più a migliorare la società sportiva e non.


Nella maggior parte dei casi si tratta di personaggi ricchi, belli e famosi. Di certo non hanno difficoltà a trovare delle partner. Eppure...
Se pensiamo in ottica maschilista e patriarcale allora abbiamo perso in partenza, non è nell’oggettificazione del corpo o nella stabilità della ricchezza che troveremo risposte. La violenza di genere è legata a difficoltà psicologiche e sociali profonde, se usiamo degli stereotipi non potremo mai comprendere quanto sia patologica e grave per tutta la nostra società. 



Un rifiuto può forse far scattare queste reazioni violente?
Come dicevo prima non è il rifiuto, ma l’incapacità dell’abusatore di vedere la vittima come un essere umano, mentre invece viene vista come un oggetto da possedere senza sentimenti, inizialmente blandita per poi essere unicamente umiliata e controllata.


O forse c'è un problema alla base: magari il delirio di onnipotenza? Se mi rifiuti ti punisco…
Non è solo un problema, è un fatto psicologico grave: questi soggetti vivono nell’incapacità di poter leggere nella vittima valori umani. Deumanizzando la vittima non riscontrano o leggono in lei o lui emozioni.


Quasi sempre, gli accusati accusano a loro volta: sono state queste donne a proporsi, era consenzienti… 
Combatto quotidianamente con il presupposto che se una ragazza si mette la minigonna allora vuol dire che è consenziente a qualunque desiderio maschile, che un bacio dia il consenso a un rapporto sessuale anche se si èdetto esplicitamente di no. Le giovani adolescentisono convinte, nella maggior parte dei casi, che sono state loro a provocare ciò che è loro accaduto. Quest’ottica patriarcale è uno dei motivi per cui bisogna parlare e far evolvere la società.


Le moglie o le fidanzate spesso difendono i loro compagni stupratori.
La violenza psicologica con la manipolazione e il gaslighting portano le vittime a difendere chi abusa di loro.


È successo, per altro, che qualche ragazza abbia approfittato della situazione per andare sui mass media e cercare fama.
Credo che questa sia una domanda complessa e che implichi molte riflessioni. Se davvero questo fosse vero, significa che come società stiamo fallendo in qualcosa ed è nostro diritto lavorare perché non accada.


Secondo lei è anche una questione culturale? Le donne, insomma, sono un oggetto.
È esattamente così, pensiamo al fatto che i figli in generale prendono il cognome dei padri e se ci sono delle famiglie che decidono diversamente in moltissimi si indignano. Questo è un esempio banale per far comprendere che c’è molto lavoro da fare.


Eppure i giocatori non sono degli stupidi o degli ignoranti beceri.
Seguo calciatori e atleti di vario livello e fama e posso dire con certezza che ho trovato ragazzi e uomini con saldi valori morali e decisamente in grado di comprendere come avere una relazione sana con i partner anche se provengono da famiglie non solide. Ragazzi che stanno studiando perché sanno che il calcio o lo sport è tutto, ma loro non saranno giocatori o atleti per sempre. Insomma, posso dire che amo lo sport da tutta la mia vita e credo profondamente nei valori morali che insegna, lo sport ha un grande potere formativo e se ci sono dei soggetti che non seguono questa via è bene che siano aiutati nelle loro profonde difficoltà psicologiche.


I club, dal canto loro, fanno fatica ad escludere i colpevoli di questi brutti atti.
La legge sancisce che l'imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva, nessuno di noi dovrebbe ergersi a giudice prima che sia emessa una sentenza.


La smania di potere di questi sportivi ricchi e famosi sembra aver ridotto al minimo il loro rispetto nei confronti delle donne. E il fatto che non riescano a sopportare un no, li induce (stiamo parlando naturalmente di una minoranza) a delinquere, consapevolmente e con una idea fissa in testa: farla franca, perché io sono bello, ricco, famoso e intoccabile.

M.A.

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