Il Consiglio federale sta considerando di permettere il ritorno di una madre jihadista insieme alla figlia, attualmente detenute in Siria. La Svizzera non si è mai attivata per il rimpatrio di adulti che hanno militato in gruppi islamici attivi nella jihad detenuti all'estero, ma ha più volte rimpatriato figli di jihadisti. Era già avvenuto nel dicembre 2021 con il ritorno di due giovani donne ginevrine che erano state rapite dalla madre e portate in Siria.
Ma la situazione potrebbe cambiare. L'emittente romanda RTS ha rivelato martedì che si sta valutando il rimpatrio di una madre vodese e di sua figlia di cinque anni, entrambe detenute in un campo curdo nel nord della Siria.
La donna, ex studentessa dell'Università di Losanna, ha recentemente dichiarato al quotidiano "Rundschau" di essersi pentita di aver seguito il marito e di essersi unita allo Stato Islamico. Ha detto di essere stata "troppo ingenua" all'epoca e ha spiegato che ora "odia" l'organizzazione terroristica e teme per la sicurezza di sua figlia. Per questo motivo vuole tornare con lei in Svizzera.
Come nel 2021, inizialmente era previsto il rimpatrio della sola bambina. Ma il caso è bloccato da diversi anni perché la madre si rifiuta di lasciarla partire senza di lei. Secondo la RTS il Consiglio federale potrebbe quindi fare un'eccezione.
Alla luce della situazione sempre più difficile nei campi curdi, la posizione della Svizzera sul ritorno dei jihadisti si fa sempre più difficile. Organizzazioni come Save the Children e Médecins Sans Frontières denunciano da anni le condizioni di vita nei campi e chiedono un intervento. Alcuni Paesi europei, come la Francia, hanno poi rivisto la loro posizione e rimpatriato donne e bambini.
L'elezione di Elisabeth Baume-Schneider al Consiglio federale potrebbe portare a un cambiamento, riferisce RTS. Membro della delegazione governativa per la sicurezza, la giurassiana si starebbe occupando della questione. Il Consiglio federale ha preso una decisione di principio sul rimpatrio dei bambini, non dei genitori", ha spiegato la consigliera federale martedì a "La Matinale". Dobbiamo separare le decisioni di principio dalla situazione specifica. Dobbiamo capire se abbiamo la responsabilità di proteggere questa donna e i suoi figli, se il rimpatrio è utile e ha senso da un punto di vista legale e umano.