Sport, 23 maggio 2023

“L’amore dei partenopei per la loro squadra è unico”

L’ex tecnico Alberto Bigon parla del suo Napoli (e di Maradona) e di quello attuale

LUGANO - Alberto Bigon: partiamo dalla (recente) attualità. Napoli campione! Se lo aspettava?
Direi di no – dice l’ex tecnico del secondo scudetto partenopeo (1990) – La scorsa estate, quando se ne andarono Mertens, Koulibaly e Insigne, nessuno avrebbe scommesso un euro sul Napoli. De Laurentiis e Spalletti, invece, hanno puntato ad occhi chiusi su giocatori poco conosciuti quali Kvaratskhelia e Kim e alla fine hanno avuto ragione. Senza scordare il lavoro dietro le quinte del direttore sportivo Giuntoli, davvero un mago.


Possiamo parlare di impresa?
Non credo, perché negli ultimi anni, prima con Sarri e poi con Spalletti, questo Napoli è cresciuto tantissimo. Le esperienze con Ancelotti e Gattuso sono state effimere. Il vero cambio porta la firma di Maurizio e Luciano, due tecnici di grande valore. 



Quale è stata l’arma vincente?
Nessun dubbio: il gioco e lo spirito di sacrificio. Il primo non è mai mancato, il secondo è stata la novità. Il Napoli spesso e volentieri è stato accusato di essere una squadra forte ma composta da elementi indolenti o poco votati alla sofferenza. Le cose sono cambiate e gli azzurri hanno vinto il titolo.


Scudetto del Napoli oppure vinto dal Napoli per i demeriti delle altre? 
È assurdo pensare che la squadra di Spalletti sia stata brava solo a sfruttare i vuoti e le pecche di Inter, Milan, Juventus, Lazio o Roma. No, qui si parla di un progetto nato tanti anni fa, di una società forte e credibile, di un tecnico fra i migliori al mondo e di un gruppo di giocatori eccezionale. Con queste peculiarità si può solo vincere. E se poi le altre steccano, beh, questo non è colpa del Napoli.


I migliori?
Non mi piace fare nomi, anche se stavolta ne faccio uno: Victor Osimhen. Attaccante fortissimo, uno che spacca le difese. Ma anche un leader e soprattutto un uomo solidale con i compagni. In questo momento con Haaland è il miglior centravanti al mondo. 


Analogie fra questo Napoli e il suo?
Nessun paragone, per carità. Il calcio è cambiato troppo, non si può possono azzardare analogie. È rimasta però una cosa che unisce a distanza la mia squadra e quella di Spalletti: l’entusiasmo della gente e l’amore che il pubblico partenopeo nutre il Napoli. In questo il club è unico al mondo. Non credo che sulla terra ci sia un legame così forte come quello esistente fra la società azzurra e il suo pubblico. Commovente.


E Maradona nel Napoli di Spalletti?
Diego avrebbe giocato in qualsiasi epoca. Anche in quella che stiamo vivendo. Sarebbe stato il migliore. È stato bello vedere e sentire i tifosi urlare il suo nome nei festeggiamenti post-Udine. 


Lei ha allenato nel periodo d’oro del calcio italiano. E soprattutto ha diretto Maradona. Com’era? 
Sono stato un privilegiato. Ho allenatore il giocatore più forte del mondo durante un’era fantastica. Non potevo chiedere di meglio. Non nego che ci siano state difficoltà: Diego era ingestibile. Ma alla fine, aveva ragione lui. Che contava era il risultato sul campo. Allenato o meno, l’argentino faceva sempre la differenza. Lo ricordo sempre con grande affetto e mi dispiace che chi avrebbe potuto e dovuto salvarlo dal vizio ha fatto poco o nulla… 


Alberto Bigon: due parole infine sul Sion, che ha portato al titolo e alla Coppa Svizzera nel 1997. 
Debbo dire che non lo seguo molto. Leggo però che Constantin è sempre uguale: una sorta di Zamparini svizzero. Ma lui è fatto così: passione, passione e ancora passione, con inevitabili e prevedibili errori. Di Sion serbo comunque un buon ricordo. Soprattutto del 1997, anno storico! Conquistammo due trofei nonostante il pronostico non fosse dalla nostra parte.


JACK PRAN

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