Arnaldo Caccia da dove partiamo?
Dalle mie due grandi passioni: dalla politica e dal calcio. Senza dimenticare i miei 47 anni trascorsi al servizio dello stato come funzionario dei registri a Lugano. Una esperienza professionale e umana arricchente. Alla cosa pubblica mi dedico invece da 45 anni: dapprima a Cadenazzo, dove sono stato consigliere comunale, municipale e vice-sindaco (ho perso il ballottaggio di sindaco per pochi voti contro Marco Bertoli) ed ora, dallo scorso 3 aprile, come gran consigliere per il PPD o Centro che dir si voglia. Una vita a disposizione dei cittadini, insomma.
E la nuova occupazione le piace?
Diciamo che nelle commissioni si lavora bene. In Parlamento, tuttavia, vedo troppa litigiosità. Si buttano via ore e ore a parlare di problemi che non sono problemi. Ci vuole maggior concretezza. In generale, però, questa attività mi piace molto.
Come mai ha accettato di andare in lista?
È la seconda volta. È stato il presidente Fiorenzo Dadò a chiedermi di entrare nella battaglia per il seggio. E oggi gliene sono grato, visto che ho fatto una gran bella votazione e ora posso dare il mio contributo al nostro paese.
La politica, come il calcio del resto, la aiutano a non pensare troppo ai drammi che lei ha vissuto.
La morte dei miei due figli in circostanze tragiche è qualcosa che uno si porta dentro sino alla tomba. È impossibile che i dolori che mi hanno provocato la scomparsa di Christian e Cristina finiscano. Per me e mia moglie Neva sono state due batoste tremende. Tuttavia siamo ancora in piedi. Per quanto mi concerne posso dire che la politica e il calcio mi aiutano a sopravvivere a queste tragedie. Ogni giorno mi batto per superare o quanto meno attenuare il dolore. Riuscirci è davvero difficile.
Veniamo al calcio, alla sua carriera di calciatore.
Ho iniziato nei Boys C del Bellinzona. Mi allenavaun certo Carlo Pinter, il tecnico magiaro che in seguito avrebbe guidato la prima squadra. Ho avuto come tecnico anche Aldo Boggia. Personaggi incredibili: per loro contava prima la persona e poi il calciatore. Educazione e rispetto alla base di tutto. Oggi non è più cosi.
Ma è stato Luciano Novaresi il suo mentore.
Grazie a lui e Augusto Sartori sono approdato nel Giubiasco ad inizio Anni Settanta. Proprio nel periodo in cui la squadra della cintura bellinzonese flirtava con la promozione in Divisione Nazionale B. Furono anni memorabili. Sette per la precisione. Ad un certo punto diventai anche capitano. Mi ricordo che segnavo almeno una ventina di gol a stagione.
Poi nel 1979 il passaggio al suo Cadenazzo.
E la nuova occupazione le piace?
Diciamo che nelle commissioni si lavora bene. In Parlamento, tuttavia, vedo troppa litigiosità. Si buttano via ore e ore a parlare di problemi che non sono problemi. Ci vuole maggior concretezza. In generale, però, questa attività mi piace molto.
Come mai ha accettato di andare in lista?
È la seconda volta. È stato il presidente Fiorenzo Dadò a chiedermi di entrare nella battaglia per il seggio. E oggi gliene sono grato, visto che ho fatto una gran bella votazione e ora posso dare il mio contributo al nostro paese.
La politica, come il calcio del resto, la aiutano a non pensare troppo ai drammi che lei ha vissuto.
La morte dei miei due figli in circostanze tragiche è qualcosa che uno si porta dentro sino alla tomba. È impossibile che i dolori che mi hanno provocato la scomparsa di Christian e Cristina finiscano. Per me e mia moglie Neva sono state due batoste tremende. Tuttavia siamo ancora in piedi. Per quanto mi concerne posso dire che la politica e il calcio mi aiutano a sopravvivere a queste tragedie. Ogni giorno mi batto per superare o quanto meno attenuare il dolore. Riuscirci è davvero difficile.
Veniamo al calcio, alla sua carriera di calciatore.
Ho iniziato nei Boys C del Bellinzona. Mi allenavaun certo Carlo Pinter, il tecnico magiaro che in seguito avrebbe guidato la prima squadra. Ho avuto come tecnico anche Aldo Boggia. Personaggi incredibili: per loro contava prima la persona e poi il calciatore. Educazione e rispetto alla base di tutto. Oggi non è più cosi.
Ma è stato Luciano Novaresi il suo mentore.
Grazie a lui e Augusto Sartori sono approdato nel Giubiasco ad inizio Anni Settanta. Proprio nel periodo in cui la squadra della cintura bellinzonese flirtava con la promozione in Divisione Nazionale B. Furono anni memorabili. Sette per la precisione. Ad un certo punto diventai anche capitano. Mi ricordo che segnavo almeno una ventina di gol a stagione.
Poi nel 1979 il passaggio al suo Cadenazzo.
Era il Cadenazzo del presidentissimo Ivo Sciarini, che dirigeva anche il ristorante Svizzero davanti alla stazione. Con lui siamo diventati amici e ancora oggi ci frequentiamo. Al club ha dato moltissimo. La mia carriera è poi continuata a Contone e infine mi sono cimentato nei tornei veterani, sino a quando a 52 anni ho smesso. Avevo problemi al ginocchio e non era più il caso di rischiare.
Dal 2016 Caccia è presidente del club rossonero.
Sì, anche se in realtà lavoro dietro le quinte da tantissimi anni. Ho speso molto tempo per il Cadenazzo e ammetto di averci investito qualche soldo. La passione e la voglia di vedere il nome del mio comune in alto mi ha forse preso la mano, ma non rinnego nulla. Sono contento di quello che ho fatto sinora.
Tante soddisfazioni, qualche amarezza.
Siamo ripartiti dal basso ed abbiamo ottenuto due promozioni, grazie al tecnico Mario Guggia, promozioni che ci hanno permesso di arrivare sino alla Seconda regionale. Questo è il nostro posto: nel calcio minore bisogna puntare sui giovani e non buttare più via soldi. Anch'io in un certo modo mi ritengo responsabile di una situazione che negli ultimi anni anni è debordata. Il messaggio deve essere chiaro.
M.A.
Dal 2016 Caccia è presidente del club rossonero.
Sì, anche se in realtà lavoro dietro le quinte da tantissimi anni. Ho speso molto tempo per il Cadenazzo e ammetto di averci investito qualche soldo. La passione e la voglia di vedere il nome del mio comune in alto mi ha forse preso la mano, ma non rinnego nulla. Sono contento di quello che ho fatto sinora.
Tante soddisfazioni, qualche amarezza.
Siamo ripartiti dal basso ed abbiamo ottenuto due promozioni, grazie al tecnico Mario Guggia, promozioni che ci hanno permesso di arrivare sino alla Seconda regionale. Questo è il nostro posto: nel calcio minore bisogna puntare sui giovani e non buttare più via soldi. Anch'io in un certo modo mi ritengo responsabile di una situazione che negli ultimi anni anni è debordata. Il messaggio deve essere chiaro.
M.A.