BRESCIA (Italia) – Era finito a processo con l’accusa di aver cercato di soffocare nel sonno la moglie, ma è stato assolto perché ha dimostrato di aver agito da sonnambulo. È l’esito del processo che si è tenuto a Brescia e che vedeva come imputato un uomo 58enne.
“Aveva il cervello spento”, le parole in aula del perito del Giudice delle Indagini preliminari. “L’uomo non poteva rendersi conto di quanto stava facendo”. Una tesi accolta anche dal pubblico ministero che ha chiesto l’assoluzione. In aula si è dimostrato che l’uomo soffriva di parasonnia e che, quando aveva tentato di soffocare la moglie con un indumento in pile, aveva agito da sonnambulo ed era in una condizione di incoscienza. I due vivevano separati in casa, ma nonostante il matrimonio fosse concluso, erano rimasti in rapporti amichevoli.
“Mi sono messa a urlare chiamando mio figlio – aveva raccontato la donna – Mio marito si è girato e non sembrava nemmeno lui. L’ho visto mettersi le mani nei capelli e poi lasciare la stanza per raggiungere la finestra e lanciarsi nel vuoto”. Svegliato da un morso della donna, e dopo essersi reso di cosa stava facendo, il 58enne quella notte si lanciò dal terzo piano fratturandosi le gambe. Rimase piantonato in ospedale per 4 mesi. La donna non ha mai pensato che volesse ucciderla e per questo non si è costituita parte civile.